Con la sentenza n. 9155, pubblicata il 13/05/2025, il TAR Lazio ha annullato l’art. 7, commi 2 e 3 del DM 21 giugno 2024 (c.d. DM Aree Idonee) nella parte in cui ha concesso alle Regioni la facoltà di stabilire “una fascia di rispetto dal perimetro dei beni sottoposti a tutela di ampiezza differenziata a seconda della tipologia di impianto, proporzionata al bene oggetto di tutela, fino a un massimo di 7 km”.
Secondo il TAR, l’illegittimità dell’art. 7 del predetto DM discende dal fatto che tale disposizione “abilita le Regioni a prevedere fasce di rispetto più ampie, in relazione alla installazione di impianti eolici e fotovoltaici, rispetto a quelle previste dal legislatore ai sensi dell’articolo 20, comma 8, lett. c-quater), del d.lgs. n. 199/2021”.
Ebbene, la sentenza in commento sottolinea, in primis, l’illegittimità dell’art. 7 del DM Aree Idonee nella parte in cui ha previsto, in modo generale, limiti ulteriori rispetto a quelli puntuali e rispondenti a specifiche ragioni, contenuti nell’art. 20 del d.lgs. 199/2021.
Tale scelta, secondo il Giudice Amministrativo “disvela l’irragionevolezza di fondo della contestata scelta amministrativa, poiché le fasce di rispetto individuate dal legislatore risultano già espressive di specifiche esigenze di tutela dei beni culturali e paesaggistici, sicché risulta difficile ipotizzare che vi siano ulteriori e più specifiche ragioni che possano legittimare le Regioni a discostarsi dalle scelte operate a monte dal legislatore statale cui, come detto, spetta la competenza legislativa esclusiva in materia di tutela dei predetti beni”
Ed infatti, nelle materie in cui lo Stato esercita la potestà legislativa esclusiva, ai sensi dell’art. 117 della Costituzione – tra le quali rientra l’individuazione delle fasce di rispetto dei beni sottoposti a tutela ai sensi del d.lgs. 42/2004 – non è consentito alle regioni di fissare limiti generali ulteriori rispetto a quanto previsto dalla normativa statale. Ciò in quanto in tali materie, la valutazione delle tutele deve essere fatta, ex ante, in maniera ragionevole e proporzionata da parte del legislatore statale, fissando i limiti entro i quali le regioni possono introdurre vincoli quantitativi.
Il Giudice Amministrativo rileva in secondo luogo che l’illegittimità dell’art. 7, comma 3 “discende anche dal fatto che la stessa si sostanzia, di fatto, in una integrale devoluzione alle Regioni del compito di individuare specifiche misure di rafforzamento della protezione dei beni culturali e paesaggistici per ciascuna tipologia di impianto FER individuato dal d.lgs. n. 190/2024”.
Si è trattato in questo caso di una devoluzione illegittima giacché non supportata da parametri normativi di riferimento, oggetto della potestà legislativa dello Stato, cui spetterebbe la competenza in ragione del fatto che tale materia rientra tra quelle in cui lo Stato ha competenza esclusiva. Il legislatore statale è ritenuto poi, a regione, il soggetto meglio dotato delle conoscenze adeguate a determinare l’ampiezza delle fasce di rispetto.
Un ultimo profilo di illegittimità del DM è stato individuato nell’assenza di un regime normativo transitorio a salvaguardia delle procedure autorizzative avviate prima dell’adozione del DM.
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