Aree idonee, Martorana (Legance) e Conte (CLP Lex) commentano la rinuncia dei ministeri alla sospensiva

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di Cristina Martorana e Giovanni Conte

Con ricorso in appello notificato a luglio 2025, il Mase, il MIC e il ministero dell’Agricoltura hanno impugnato la sentenza del TAR Lazio n. 9155/25, con la quale è stato parzialmente annullato il DM 21 giugno 2024, approvato dagli stessi ministeri, recante “Disciplina per l’individuazione di superfici e aree idonee per l’installazione di impianti a fonti rinnovabili” (c.d. “DM Aree Idonee”). L’appello, al quale ha fatto seguito la notifica dell’appello incidentale da parte dei ricorrenti in primo grado, conteneva la richiesta di sospensiva dell’efficacia della sentenza di primo grado. Richiesta avanzata anche per la necessità di escludere in radice il rischio di un giudizio di ottemperanza, dato che i termini concessi dal TAR Lazio per “riscrivere” le parti annullate del decreto erano ormai scaduti.

Nel giudizio è intervenuta ad opponendum Anie (Associazione nazionale imprese elettriche) con l’assistenza degli avvocati Martorana e Conte al fine di rappresentare gli interessi di una parte rilevante del mercato FER.  

Secondo gli avvocati difensori di Anie, inaspettatamente i ministeri appellanti, in vista dell’udienza di discussione della sospensiva fissata per il 26 agosto, hanno depositato istanza di rinuncia alla discussione della sospensiva motivandola sul fatto che sarebbero “attualmente in corso interlocuzioni istituzionali in merito all’attività regolatoria di cui è causa” e pertanto sarebbe “venuto meno, al momento, l’interesse alla decisione sull’istanza cautelare”.

Inaspettatamente perché la fase cautelare del giudizio si presentava difficile per gli operatori delle rinnovabili che dovevano contrastare l’istanza dell’avvocatura dello Stato che faceva leva sulla necessità di aver più tempo per trovare il concerto tra i ministeri coinvolti e, soprattutto, l’intesa regionale. Il tutto in un contesto in cui, è anche vero che, sebbene presentato l’appello, la parte politica aveva la necessità di dimostrarsi coerente con le dichiarazioni fatte dal ministro Picchetto a valle della pubblicazione della sentenza del tar Lazio. Ricordiamo tutti, infatti, che il ministro si era dichiarato immediatamente pronto a metter mano al decreto per adeguarsi al disposto della magistratura.  

A questo punto molto probabilmente la questione si risolverà amministrativamente per tre ragioni: per primo il Mase ha già manifestato il proprio indirizzo; in secondo luogo affrontare il giudizio comporta l’alta probabilità di perdere in quanto la sentenza di primo grado è molto ben motivata attraverso una molteplicità di ragioni; infine anche una sentenza di accoglimento lascerebbe aperta la strada di una critica da parte dell’Unione europea proprio sulle questioni dedotte in giudizio e accolte dalla sentenza di primo grado 

Ciò detto, al di là delle diverse, e per certi aspetti dietrologhe, ipotesi che potrebbero farsi per dare una veste logica, e per certi versi strategica, al versante regolatorio / politico della questione, riteniamo che l’aspetto più rilevante oggi sia quello di dare uno sguardo al futuro e cercare di capire cosa accadrà. Invero la risposta alla quale noi giuristi, esperti di settore, siamo adesso chiamati a dare è solo forse una: cosa si devono aspettare oggi gli stakeholders?

Innanzi tutto la risposta non può che far perno su un punto fermo: il DM Aree idonee è stato – e rimane – annullato in parte qua. Quelle disposizioni ad oggi, anche se i Ministeri dovessero rimanere inerti, non sono più valide né efficaci. Ne consegue che rimane in vigore, ad oggi, la normativa nazionale prevalente e ne deriva pertanto la conseguente illegittimità delle norme eventualmente emanate dalle Regioni in contrasto con esse.

In secondo luogo, si è confermato lo spazio per “solleticare” (termine volutamente usato in maniera impropria ma densa di significato) i competenti ministeri ad accelerare “le interlocuzioni in corso” e questo per colmare quanto prima il vuoto regolatorio. Il tutto in un contesto in cui, lo si ricorda a noi stessi, le norme regionali in contrasto sono costituzionalmente illegittime.

E per far questo è fondamentale, ad avviso di chi scrive, che il regolatore questa volta si ricordi che il comma 1 dell’art. 20 d.lgs. n. 199/2021 impone ai decreti ministeriali attuativi di individuare i principi e criteri omogenei per l’individuazione delle superfici e delle aree idonee e non idonee all’installazione di impianti a fonti rinnovabili «tenuto conto delle aree idonee ai sensi del comma 8».

Non si tratta di una mera facoltà, bensì di un onere imposto dal legislatore statale delegante al legislatore regionale delegato. 

Invero la summenzionata precisazione di cui al c.1 dell’art. 20 è stata fortemente voluta dal legislatore nazionale proprio al fine di dare certezza e stabilità agli investimenti sulle aree idonee di cui al c. 8, dal momento che queste sono state valorizzate, e per questo ha previsto espressamente “nelle more dell’individuazione delle aree idonee sulla base dei criteri e delle modalità stabiliti dai decreti di cui al comma 1”.

Ed è per questo che, con l’art. 47, c. 1, lettera a) della Legge n. 41/2023 di conversione con modifiche del D.L. n.1/2023 è stato modificato l’art. 20, comma 1, del D.Lgs. n. 199/2021 prevedendo che l’individuazione definitiva delle aree idonee con leggi regionali, da operarsi sulla base dei criteri indicati dai decreti attuativi, “debba” e non “possa” tener conto delle aree già classificate come idonee dall’art. 20, c. 8.

Ne consegue che l’art. 20, c. 8 reca una classificazione non già transitoria bensì anticipatoria e vincolante per le leggi regionali che, nel disegno del Legislatore delegante, avrebbero dovuto necessariamente tenere conto delle aree idonee ex lege.

Si ricorda che proprio sul punto, la Corte Costituzionale con sentenza n. 28/2025 ha precisato che “la richiamata normativa statale …, all’art. 20 del d.lgs. n. 199 del 2021, reca principi fondamentali che, in quanto tali, si impongono anche alle competenze statutarie in materia di produzione dell’energia”.

Assegnare una mera “possibilità di fare salve” le aree idonee individuate dal citato comma 8 si pone in contrasto con il dato normativo ed equivale a consentire alle Regioni di non tener conto, in sede di normazione regionale, delle aree idonee individuate dal legislatore nazionale, e anzi rimettendo alle Regioni la potestà di prevedere delle aree che, a livello statale, sono state indiscussamente ritenute idonee, ai sensi del comma 8, siano, a livello regionale, “aree ordinarie” o addirittura “aree non idonee”, con fortissimo impatto nel processo di semplificazione ed accelerazione nonché in termini di affidamento degli investimenti e certezza del quadro giuridico di riferimento.

E non solo. Si auspica anche che il regolatore, nel rimettere mano al DM Aree Idonee si ricordi delle direttive europee (quali la RED II e la RED IIII), che impongono agli Stati membri di accelerare e semplificare le procedure di autorizzazione per gli impianti FER attraverso regole proporzionate e non discriminatorie, richiedendo la presenza di una normativa transitoria che regoli i progetti presentati sotto la vigenza del regime di cui all’art. 20, co. 8, d.lgs. n. 199/2021.

Diversamente, oltre a provocare uno stato di incertezza in capo a tutti gli operatori del settore – contrario ai più generali principi di legittimo affidamento e certezza dei rapporti giuridici – la relativa mancanza costituisce indubbiamente un freno alla diffusione degli impianti FER, in quanto ostacola la realizzazione di diversi progetti senz’altro attuabili prima dell’entrata in vigore del DM.

Se il regolatore, nel ridefinire il testo del DM Aree idonee tenesse conto di quanto stabilito dal TAR Lazio, di quanto richiedono le associazioni di categorie ed i principali stakeholders potremmo forse dire che il contenzioso ed il tempo trascorso questa volta non sono stati vani.

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