DL Aree idonee, Re Rebaudengo (Finco): “Paradossale introdurre una norma analoga alla legge sarda”

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pv magazine Italia ha intervistato Agostino Re Rebaudengo che, nominato nuovo vicepresidente della Federazione industrie prodotti impianti servizi ed opere specialistiche per le costruzioni (Finco), ha espresso tramite un comunicato forte preoccupazione per l’approvazione da parte del Governo delle nuove norme in materia di aree idonee. Il riferimento è al decreto legge (DL) 175/2025 approdato in Senato settimana scorsa.

Per Finco e Re Rebaudengo, tramite il DL “vengono introdotte, all’articolo 2, disposizioni gravemente restrittive circa le aree idonee destinate agli impianti rinnovabili, delineando un quadro addirittura peggiorativo rispetto a quello introdotto dal DM Aree idonee del 21 giugno 2024, già insufficiente e annullato dai Giudici amministrativi”.

Rispondendo alle domande di pv magazine Italia, il vicepresidente ha evidenziato il paradosso governativo di impugnare la legge sulle aree idonee della Sardegna da un lato e, dall’altro, introdurre “attraverso una norma di rango primario disposizioni che determinano impedimenti analoghi, se non più gravi, su scala nazionale”.

Le due principali criticità del DL 175/2025, secondo Re Rebaudengo, riguardano “⁠l’estensione indiscriminata a qualunque bene oggetto di tutela culturale e paesaggistica della fascia di rispetto di 500 metri per il fotovoltaico e di 3 km per l’eolico” e “il ridimensionamento delle solar belt a 350 metri (prima erano 500 metri) e l’applicabilità solo se riferite a impianti e stabilimenti in possesso di un’autorizzazione ambientale integrata (AIA)”.

1.⁠ ⁠Quali sono nello specifico le “disposizioni gravemente restrittive circa le aree idonee destinate agli impianti rinnovabili” introdotte dall’articolo 2 del DL 175/2025?

Rispetto al DM Aree Idonee del 21 giugno 2024, che era stato prima sospeso dal Consiglio di Stato e poi annullato dal TAR perché troppo restrittivo, le nuove norme introducono un quadro ancora più restrittivo, riducendo notevolmente il novero delle aree idonee.

L’effetto combinato delle nuove disposizioni rende di fatto non idonea la quasi totalità del territorio nazionale, bloccando non solo i progetti futuri ma anche quelli in iter autorizzativo: infatti, non essendo espressamente previsto dal Decreto-Legge un regime transitorio, le nuove norme hanno un’applicazione retroattiva.

Più nello specifico, il nuovo Decreto-legge introduce due gravi criticità:

  1. ⁠l’estensione indiscriminata a qualunque bene oggetto di tutela culturale e paesaggistica della fascia di rispetto di 500 metri per il fotovoltaico e di 3 km per l’eolico, fascia di rispetto che invece prima era applicata solo ai beni oggetto di tutela culturale;
  2. il ridimensionamento delle solar belt a 350 metri (prima erano 500 metri) e l’applicabilità solo se riferite a impianti e stabilimenti in possesso di una AIA, disposizioni che di fatto rendono inutilizzabili le solar belt.

2.⁠ ⁠Avete delle percentuali sulla superficie del territorio nazionale che diviene non idonea alle rinnovabili con le nuove disposizioni?

Pur non disponendo ancora di stime ufficiali a livello nazionale, è lecito credere che l’effetto espansivo delle fasce di rispetto renderà la quasi totalità del territorio nazionale non idonea alle rinnovabili.

Ad esempio, le norme regionali sulle aree idonee della Sardegna, emanate a settembre 2024, avevano avuto l’effetto di rendere solo l’1% della Regione idoneo alle rinnovabili, come spiegarono a suo tempo anche Emanuele Cani, assessore dell’Industria della Regione Sardegna, e la presidente Alessandra Todde.

Adesso siamo al paradosso: il Governo, da un lato, ha impugnato dinanzi alla Corte Costituzionale le norme sulle aree idonee della Regione Sardegna e, dall’altro, introduce, con una norma di rango primario, disposizioni che determinano impedimenti analoghi, se non più gravi, su scala nazionale.

Un altro esempio di quanto il nuovo quadro restringa le aree idonee arriva dall’Umbria: come ha spiegato l’assessore all’Ambiente e all’energia, Thomas De Luca, con le nuove norme l’intero territorio della Regione sarebbe di fatto qualificato come area non idonea, rendendo praticamente impossibile individuare nuove aree per impianti rinnovabili, compresi parcheggi e coperture, in un contesto territoriale fortemente vincolato come quello umbro.

3.⁠ ⁠Ritenete che il nuovo decreto denoti una posizione ostile da parte del Governo alle rinnovabili?

Più che ostilità, si nota incoerenza nell’agito governativo, perché vengono introdotte norme che allontanano il Paese dal raggiungimento degli obiettivi prioritari indicati dallo stesso Governo.

È condivisa l’urgente necessità di ridurre i costi dell’energia, garantendo stabilità a lungo termine, in un Paese come il nostro che ha uno dei più alti tassi di dipendenza energetica dall’estero in Europa, un fattore che ci penalizza da un punto di vista economico e della sicurezza energetica, esponendoci alla variabilità dei prezzi di gas e petrolio.

La soluzione strutturale è accrescere la produzione nazionale di energia elettrica da fonti rinnovabili, che sono quelle a più basso costo, come finalmente riconoscono tutti, e le uniche risorse energetiche di cui disponiamo in abbondanza.

Da una parte misure come l’Energy Release dimostrano come il Governo riconosca questi vantaggi delle rinnovabili, dall’altra però si disegna un quadro normativo che invece di porre rimedio alle criticità esistenti, ostacola ulteriormente lo sviluppo delle rinnovabili e aumenta, peraltro, i costi di realizzazione degli impianti. Infatti, restringendo le aree idonee, aumenteranno i costi dei pochi terreni disponibili, con un effetto a cascata che farà aumentare il prezzo dell’energia prodotta.

Si legge incoerenza nei provvedimenti governativi rispetto agli obiettivi anche in materia di aree idonee, laddove il nuovo DL da una parte prevede obiettivi di aumento della capacità rinnovabile installata che le Regioni sono tenute a raggiungere entro il 2030, dall’altra rende impossibile installare nuovi impianti pressocché ovunque.

Altri esempi di incoerenza si evincono guardando ai contratti d’acquisto di lungo termine (PPA) e alle aste competitive, due strumenti di mercato che realizzano il disaccoppiamento tanto invocato dalla politica come soluzione per ridurre i costi, e che invece restano in attesa di misure efficaci.

Il DL Emergenze ha previsto il ruolo del GSE come garante di ultima istanza nei contratti d’acquisto di lungo termine, una previsione da tempo auspicata dal settore per dare più stabilità ai contratti e ridurre il rischio di controparte. Con il Decreto PPA e la delibera Arera si è definito il quadro, ma mancano le regole operative.

Oltre che con i PPA, anche attraverso le aste competitive l’energia elettrica rinnovabile viene venduta ad un prezzo disaccoppiato da quello del gas. Sul fronte delle aste, il percorso è stato segnato da ritardi e soluzioni parziali. Dopo tre anni di attesa per il Decreto FER X, lo scorso febbraio è entrato in vigore un FER X transitorio che pianifica le aste solo fino alla fine del 2025, anziché fino al 2028 come previsto originariamente. Una scelta che non risponde alle necessità di stabilità e pianificazione degli operatori.

Appare incoerente anche il ritardo nell’emanazione delle norme che consentirebbero di disporre di ulteriore energia elettrica rinnovabile a un prezzo disaccoppiato da quella generata con il gas. Mi riferisco all’avvio di un sistema di aste per gli impianti rinnovabili esistenti, che oggi vendono energia sul mercato spot, non beneficiano di alcun meccanismo di supporto e non possono accedere al FER X Transitorio, perché è riservato ai nuovi impianti.

Alcune disposizioni contenute nel DL Bollette prevedono che il Mase emani entro 90 giorni (a decorrere dal 29-04-2025, data di pubblicazione in GU del DL Bollette) un decreto attuativo che definisca modalità, criteri e tempi per la partecipazione degli impianti esistenti nelle procedure competitive. Siamo a dicembre, i 90 giorni sono ampiamente trascorsi, il decreto non è stato pubblicato e nessuna gara è stata avviata.

4.⁠ ⁠Quali proposte di modifica al decreto avanzate per renderlo più coerente con le esigenze nazionali di transizione energetica?

Per poter realizzare i progetti necessari a ridurre i costi dell’energia per le famiglie e le imprese, è necessario almeno che, in sede di conversione del decreto-legge, sia resa esplicita una norma di salvaguardia dei progetti già in sviluppo, come avvenuto nel 2024 con il DL Agricoltura (Decreto-legge n.63 del 15 maggio 2024).

Nel merito dei contenuti, auspico si intervenga per ampliare le aree idonee, e non per restringerle. In tal senso, sarebbe sufficiente mantenere la disciplina attuale contenuta nel Decreto Legislativo 199/2021 di attuazione della RED II, assicurando così certezza e affidamento agli operatori che in questi anni hanno lavorato sulla base di questa disciplina.

In caso contrario, si perderà l’occasione per riparare ai danni provocati dal travagliato e lungo percorso normativo che in questi anni ha segnato i precedenti tentativi del Governo di dare una definizione delle aree idonee.

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