Attenuation of Solar Panels in 2025: una guida tecnica

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I pannelli solari subiscono nel tempo diversi tipi di degrado che influenzano la resa e la durata dell’impianto. Questa guida riassume cause, effetti e soluzioni pratiche.

Per i dettagli, consulta l’articolo completo: Guida all’attenuazione dei pannelli solari nel 2025.

LID: degrado iniziale e come prevenirlo

Il degrado indotto dalla luce (LID) è una perdita di potenza che colpisce soprattutto i moduli P-type nei primi giorni di esposizione. La forma più comune, BO-LID, può causare un calo del 2-5%, ma può essere evitata con silicio drogato al gallio e trattamenti di pre-ricottura.

Altri due meccanismi, l’UVID (raggi UV) e il LeTID (luce + alta temperatura), peggiorano le prestazioni nel tempo, soprattutto in ambienti caldi. Per contrastarli, servono materiali resistenti ai raggi UV e test di stabilità termica in fase di produzione.

Le tecnologie N-type come TOPCon, IBC e HJT sono naturalmente immuni al BO-LID e mostrano una degradazione annua inferiore (0,35-0,4%), garantendo maggiore affidabilità a lungo termine.

Consigli pratici

(1) Scegliere celle N-type
Le tecnologie TOPCon, HJT e IBC sono immuni alla LID e offrono maggiore stabilità a lungo termine. Un esempio: i moduli HJT mostrano un degrado totale <12% in 30 anni, ideali per impianti fotovoltaici aziendali con obiettivi di redditività stabile.

(2) Verificare l’incapsulamento
UV, umidità e ingiallimento accelerano la degradazione. Preferire moduli con materiali resistenti, buona tenuta e testati secondo la norma IEC 61215.

(3) Attenzione alla tolleranza di potenza
La tolleranza positiva (+3-5%) vale solo in STC. Per una valutazione reale, contano i dati di degrado misurati sul campo.

PID: degrado elettrico da non sottovalutare

Il PID si manifesta dopo alcuni anni a causa di differenze di potenziale tra celle e telaio, soprattutto in presenza di umidità e alte temperature. Può causare perdite fino al 50% se non rilevato in tempo. La diagnosi richiede strumenti come imaging EL o curve IV, ma anche cali di tensione anomali possono essere segnali iniziali.

Per ridurre il rischio PID:

  • Scegliere moduli certificati anti-PID (IEC 62804)

  • Evitare troppe stringhe in serie con tensioni elevate

  • Considerare inverter con funzione di depolarizzazione

  • Verificare i dati reali certificati da terze parti

Invecchiamento naturale: la sfida invisibile nei moduli fotovoltaici

Anche senza guasti evidenti, i pannelli fotovoltaici subiscono un lento invecchiamento dovuto a calore, umidità, raggi UV e stress meccanici. Questo processo, se trascurato, può compromettere l’efficienza a lungo termine degli impianti fotovoltaici per aziende.

Materiali d’incapsulamento: EVA, POE o EPE?
L’incapsulamento ingiallito o fessurato riduce la trasparenza e accelera la degradazione. Oggi, molti produttori preferiscono il POE o l’EPE, più resistenti a umidità e UV, ideali per ambienti industriali difficili.

Backsheet o vetro doppio?
I backsheet in PET offrono basso costo ma scarsa resistenza all’umidità. I moduli con vetro doppio (trasmittanza vapore ≈ 0 g/m²·d) garantiscono maggiore durabilità e sono oggi lo standard per celle N-type come HJT e TOPCon, specialmente nei progetti di media e grande scala.

Celle solari: il cuore del rendimento
In ambienti estremi, le celle possono degradarsi con aumento della ricombinazione dei portatori e calo della potenza. Microcricche e delaminazione spesso sfuggono al controllo visivo iniziale ma incidono sulla curva di attenuazione nel tempo.

Vetro frontale: non solo protezione
Il vetro temperato da 3,2 mm offre resistenza meccanica, mentre quello semi-temperato migliora la resa bifacciale. Il trattamento antiriflesso e la resistenza agli agenti atmosferici determinano la durabilità complessiva del modulo.

Perdita reale: anche lo 0,2% conta
Una differenza del solo 0,2% annuo nel tasso di degradazione può generare un gap produttivo del 10% in 25 anni, con impatto diretto sul ritorno dell’investimento. Valutare i dati reali di attenuazione è quindi cruciale nella fase di selezione.

Microcricche e hotspot: i nemici silenziosi dell’efficienza fotovoltaica

Durante l’uso, i moduli fotovoltaici possono sviluppare microcricche e hotspot interni, spesso invisibili ma in grado di compromettere seriamente le prestazioni e la sicurezza degli impianti fotovoltaici per aziende. Cause comuni: urti durante trasporto/installazione, carichi meccanici e ombreggiamenti localizzati.

Microcricche: impatto e prevenzione
Le microfratture interrompono i percorsi di corrente e favoriscono surriscaldamenti. Soluzioni come celle half-cut, multi-busbar o shingled migliorano la tolleranza. I moduli IBC, con elettrodi sul retro e struttura senza griglie anteriori, offrono una conduzione più stabile e maggiore resistenza alle cricche.

Hotspot: rischio termico crescente
Gli hotspot derivano da interruzioni locali della corrente, spesso causate da ombre, foglie, guano o mismatch elettrici. Il surriscaldamento può fondere l’EVA o danneggiare il vetro. L’uso di moduli con bypass rapido (MOS) e struttura IBC aiuta a ridurre i tempi di reazione.

Azioni consigliate

  • Analisi preventiva delle ombre nel layout

  • Selezione di moduli con struttura anti-hotspot (es. IBC o MOS integrati)

  • Installazione con spazi di ventilazione adeguati

  • Manutenzione regolare con termografia e pulizia

Queste contromisure strutturali e operative permettono di rallentare il degrado, contenere le perdite di efficienza e aumentare la sicurezza dell’impianto sul lungo periodo.

L’aumento di temperatura causato dagli hotspot può comportare rischi come fusione dei materiali o incendi. Per ridurre questo rischio, alcune soluzioni tecniche includono l’uso di interruttori di bypass MOS al posto dei diodi tradizionali, che reagiscono più rapidamente ai cambiamenti di luce. Inoltre, le celle IBC con elettrodi posteriori offrono una conduzione più stabile anche in presenza di ombreggiamento, riducendo il rischio di surriscaldamenti localizzati e garantendo prestazioni costanti nel tempo.