Il mondo delle rinnovabili e della partecipazione civica è in allarme. Dopo la notizia del taglio del 64% ai fondi PNRR per le Comunità Energetiche Rinnovabili (CER) – comunicata via social con un refuso (“mailstone” invece di “milestone”) diventato simbolo di leggerezza – è arrivata la nota ufficiale del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE). Una risposta che, invece di rassicurare, conferma i timori e ne accende di nuovi.
La difesa del Ministero: “Riallineamento responsabile”
Il MASE ha definito il taglio da 2,2 miliardi a meno di 800 milioni un’operazione di “buon governo”, sostenendo che le risorse iniziali erano calcolate su prestiti e non su contributi a fondo perduto. Secondo il Ministero, i fondi attuali sarebbero sufficienti a coprire il fabbisogno reale delle domande presentate, promettendo di cercare “ulteriori risorse” in futuro se necessario e citando una “fisiologica riduzione del 10-15%” tra progetti presentati e ammessi.
La replica di Ci sarà un bel clima: “I conti non tornano”
A questa narrazione si oppone con fermezza Giovanni Montagnani, presidente di Vergante Rinnovabile e vicepresidente di Ci sarà un bel clima, che smonta punto per punto la retorica ministeriale:
“La toppa è peggiore del buco perché non si può spacciare per ‘buon governo’ quello che sta succedendo. I numeri del Ministro non tornano: siamo già a un miliardo di fondi richiesti e nei prossimi giorni verranno presentate altre istanze per centinaia di milioni di euro. È assurdo pensare che le risorse rimaste del PNRR basteranno.”
Il paradosso è evidente: il Ministero dichiara che i soldi bastano, ma le richieste (oltre 2 GW di potenza) superano già la disponibilità economica residua. Affidarsi alla promessa che il Ministro Pichetto Fratin “saprà tirare fuori dal cappello mezzo miliardo di euro senza il PNRR” appare, agli occhi degli operatori, quantomeno improbabile.
Il rischio rigetto: una doccia fredda per chi attende da mesi
L’aspetto più allarmante del comunicato del MASE riguarda quel riferimento alla riduzione “fisiologica” dei progetti.
“Il comunicato aggrava la situazione,” prosegue Montagnani, “perché fa presupporre che il 15% delle domande – ferme da mesi senza valutazioni e senza comunicazioni ufficiali – saranno respinte proprio ora che il bando si chiude. Se ‘buon governo’ è creare paura in un intero settore, chissà cos’è il cattivo governo.”
Non è speculazione, è partecipazione tradita
Vale la pena ribadirlo: le CER non sono strumenti speculativi. Chi vi partecipa lo fa per abbassare le bollette, per l’autonomia energetica e per stabilizzare la rete. Cittadini e imprese si sono fatti carico di una burocrazia impenetrabile credendo in un patto con lo Stato.
Bloccare o definanziare ora significa colpire chi ha creduto nella transizione nonostante gli ostacoli. La “mailstone” raggiunta e sbandierata dal Governo sembra sempre più un pretesto tecnico per mascherare l’incapacità di gestire l’enorme domanda di partecipazione dal basso.
L’invito a non fermarsi
Nonostante lo sconcerto per una gestione che rischia di trasformare l’entusiasmo in debiti per le imprese, ribadiamo la necessità di non arretrare:
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Presentare progetti è vitale: È l’unico modo per dimostrare la discrepanza tra la narrazione del Ministero e la realtà del Paese.
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La tariffa incentivante c’è: Al di là del PNRR, l’incentivo sulla tariffa resta attivo fino al 2027 o al raggiungimento dei 5 GW.
Chiediamo al Governo onestà intellettuale e risorse certe, non promesse vaghe. Il GSE torni a fare il suo lavoro: abilitare la transizione, non ostacolarla.
La transizione appartiene a chi la fa, non a chi la ostacola.




