La recente sentenza del Consiglio di Stato (CdS) sull’inderogabilità dei termini per le valutazioni ambientali assume rilevanza per tre ragioni principali: consolida un orizzonte temporale definito, rimarca l’utilità di un potenziamento degli organi ministeriali competenti e ribadisce che le disposizioni del Testo unico ambientale (TUA) possono essere derogate solo da una previsione normativa espressa.
Claudio Vivani, name partner di Vivani & Associati, ha spiegato a pv magazine Italia in che termini la sentenza n. 3465/2025 del CdS, di cui si è occupato in prima persona, interessa i procedimenti di valutazione impatto ambientale (VIA) non solo delle rinnovabili, ma di tutti i progetti soggetti a parere.
“La sentenza è rilevante perché contribuisce a dirimere la contrapposizione tra due orientamenti emersi nella giurisprudenza di primo grado e riferiti all’interpretazione del criterio della maggiore potenza, introdotto dall’art. 8, comma 1, del decreto legislativo 152/2006 (Testo Unico Ambientale o TUA)” ha detto Vivani.
Di seguito riportiamo, in forma integrale, l’analisi del legale.
Due orientamenti, un’interpretazione
“Un primo orientamento riteneva che l’introduzione del criterio di priorità riferito alla maggior potenza degli impianti non comportasse la deroga implicita al dovere di provvedere nel rispetto dei termini procedimentali per la conclusione del giudizio di VIA di competenza statale. Tale orientamento valorizzava il principio secondo cui le norme del Testo Unico Ambientale possono essere derogate, modificate o abrogate solo per dichiarazione espressa da successive leggi (art. 3-bis, comma 3, TUA)
L’orientamento opposto riteneva invece che l’art. 8, comma 1, del TUA avesse sostituito il criterio cronologico della trattazione dei progetti in questione con quella della loro maggiore potenza, e affermava che tale ultimo criterio non sarebbe stato compatibile con la perentorietà dei termini della VIA prevista dall’art. 27, co. 8, del TUA. Ad avviso di questo secondo orientamento, il criterio della prevalenza degli impianti di maggiore potenza avrebbe anche risposto all’esigenza di evitare la saturazione dei luoghi da parte degli impianti meno potenti.
La sentenza ha confermato il primo orientamento e ha ribadito che il criterio di priorità ex art. 8 TUA assume mera rilevanza interna ai fini di una ordinata ed efficace gestione degli iter di valutazione ambientale da parte degli organi a ciò deputati, ma non è tale da assumere una portata derogatoria della disciplina legale del termine di conclusione del procedimento”.
Conseguenze consolidate e previste
“La decisione del Consiglio di Stato, in generale e nel caso specifico, assume grande rilevanza in quanto il giudizio di compatibilità ambientale costituisce una precondizione necessaria per la conclusione positiva degli iter autorizzatori degli impianti FER e dunque la decisione in oggetto consente di individuare un orizzonte temporale predefinito entro il quale i ministeri competenti sono tenuti a esprimersi sull’istanza di VIA, di conseguenza sbloccando i suddetti iter autorizzatori.
Va infatti considerato che, oggi, i tempi per le VIA – nonostante la intensa attività della Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale – VIA e VAS e della Commissione Tecnica Pnrr-Pniec – costituiscono uno dei fattori più rilevanti di incertezza per gli operatori del settore.
La sentenza può dunque indurre il Legislatore a valutare la possibilità di potenziare gli organi deputati alla VIA, e in particolare le suddette Commissioni, ampliandone gli organici e le dotazioni, piuttosto che introdurre gerarchie di priorità fra i progetti.
In termini più generali, la sentenza appare rilevante in quanto ha ribadito il principio secondo cui le disposizioni del TUA possono essere derogate solo da una previsione normativa espressa. Si tratta di una coordinata interpretativa importante perché suscettibile di applicazione generale e non limitata al solo ambito della VIA per gli impianti FER”.
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