Mentre le regioni italiane si affannano nella definizione delle aree idonee, ed il TAR della Regione Lazio ha pubblicato la sentenza n. 9155 con la quale annulla i commi 2 e 3 dell’articolo 7 del DM Aree idonee che garantiva alle regioni autonomia nella pianificazione di queste, a guardare bene tra le righe dei piani energetici ed i piani paesaggistici vigenti, ed adottando una scala che non è del grande fondo di investimento, le aziende agricole hanno sempre potuto e potranno sempre installare un sistema agrivoltaico.
Praticamente in tutte le regioni, salvo alcune maggiori limitazioni specifiche, una azienda agricola può installare un sistema agrivoltaico fino ad una potenza di 1 MW, a seconda della disponibilità di ettari coltivati dall’azienda, ed al fine di garantire il presidio territoriale e scongiurare l’abbandono dei campi, anche in area vincolata. Un tempo, circa quindici anni fa, nelle norme regionali non si parlava di agrivoltaico ma di fotovoltaico integrato alle attività agricole, ma il principio è esattamente lo stesso, a maggior ragione i sistemi agrivoltaici sono ancora più integrati che disporre dei moduli sui tetti delle stalle. Certo, i primi richiedono un investimento ed un impegno nella gestione molto più elevato degli ultimi, ma se alcuni imprenditori agricoli potessero e volessero farlo, quante aziende oggi offrono loro un servizio di sviluppo del progetto e installazione?
È questo ad esempio il caso della Regione Toscana, dove, nel testo di legge in fase di approvazione, e ora nuovamente messo in discussione dal ricorso al TAR della Regione Lazio, il 60% del territorio regionale risulta non idoneo all’agrivoltaico principalmente per presenza di vincoli di beni paesaggistici di insieme, coni visivi e perimetrazione di aree DOP e DOCG. Io non intendo dire che ciò sia sbagliato, i paesaggi hanno bisogno di una buona pianificazione, ma in chiave evolutiva e non conservativa.
In questa ripartizione percentuale prende origine un quesito, al centro del dibattito pubblico, se in Toscana sia meglio sostenere la transizione energetica attraverso grandi impianti agrivoltaici, tutti concentrati in quel 40% di territorio, oppure puntare ad un decentramento nelle aree non idonee, affidato dunque agli imprenditori agricoli, secondo quella logica della multifunzionalità delle aziende agricole che forniscono una ampia gamma di servizi ecosistemici, inclusa la generazione di energia rinnovabile.
I sistemi agrivoltaici oggi rappresentano la grande opportunità per una transizione energetica decentralizzata e affidata agli agricoltori che mantengono attivamente i nostri paesaggi, prendendosi cura dei sistemi agro-ambientali. Essi nascono nel 1981 da una intuizione dei professori Adolf Goetzbeger e Armin Zastrow del Fraunhofer Institute in Germania: sottrarre la radiazione solare foto-sinteticamente non attiva, dunque potenzialmente dannosa per la coltivazione, per generare energia solare, che l’Agenzia Europea dell’Ambiente riconosce come uno dei tanti servizi ecosistemici forniti dal paesaggio.
È propriamente da questa definizione iniziale che dobbiamo ripartire per fare la transizione nelle aree non idonee. Recentemente Angelo Gentili, responsabile Agricoltura in Legambiente, proprio in occasione del Forum Energia di Legambiente Toscana, tenuto a Palazzo Medici a Firenze lo scorso 28 marzo, aveva fatto l’esempio del pecorino toscano, sempre meno destinato a scomparire, e di come forse un pascolo agrivoltaico, tra i tanti pascoli di quel 60% di territorio considerato non idoneo, potrebbe aiutare il pecorino a rimanere in vita e, mia considerazione, forse tornare ad un prezzo più accessibile a tutti, visto il sempre più limitato potere di acquisto degli italiani per le produzioni locali di pregio.
Il lettore si chiederà come farà una piccola azienda agricola di pochi ettari ad avere accesso al credito per finanziarsi fino ad 1 MW di potenza installata in un sistema agrivoltaico. Sicuramente approcciare piccoli impianti distribuiti con una cooperativa o consorzio, dunque con una progettazione unica ed articolata, ed una unica richiesta di connessione, la prima grande spesa da sostenere, può portare ad una maggiore sostenibilità economica.
Da qualche anno ETA-Florence, azienda con sede a Firenze, accompagna aziende agricole nella volontà di contribuire a livello locale alla transizione energetica, attraverso dei sistemi agrivoltaici. Tra queste, da circa due anni, assiste una proprietà e azienda agricola locale a Scarperia nel Mugello (Firenze) nel desiderio di poter realizzare un sistema agrivoltaico per fornire energia elettrica alla comunità limitrofa. L’azienda ha seminativo, vigneti ed uliveti tra Scarperia ed il lago di Bilancino. A Scarperia quattro ettari sono in affitto ad una proprietà storica locale, un casino fatto costruire da Lorenzo de’ Medici.
L’idea della proprietà è di generare energia elettrica nel terreno a est e sud del giardino, che su di esso si affaccia, ripiantando un uliveto, di cui c’era ancora memoria nella famiglia dell’imprenditore agricolo e nelle foto storiche, in un sistema agrivoltaico, visto come occasione per generare nuovo reddito per il mantenimento delle attività agricole e fornire energia alla costituenda Comunità Energetica dell’Unione dei Comuni del Mugello. Il sistema agrivoltaico consta di un uliveto di 183 unità di nuovo impianto e disposto su 8 file, e di altrettante 8 file di moduli montati verticalmente per un totale di 509 moduli bifacciali. Le file di ulivi e di moduli sono alternate e poste ad un interasse di 10 m. La disposizione ricalca quella dei vecchi sistemi di piantata mista rilevati nell’area secondo una direttrice nord-sud, facendo il sistema agrivoltaico riemergere un antico strato del paesaggio ormai scomparso le file sono inerbite e traseminate per incrementare la biodiversità del prato. La potenza installata è di 450 kW. Il progetto è in area vincolata, si trova in cono visivo, ed anche in area DOP, DOCG, ma siccome nasce come volontà dell’azienda agricola e dallo studio del paesaggio storico e delle sue componenti, ha ricevuto fin da subito parere positivo e plauso della Sovrintendenza, come esempio di integrazione, e della Regione Toscana, come di esempio di una transizione energetica sostenibile a cui aspirare, una transizione energetica in area non idonea.
Per i sistemi agrivoltaici, sebbene partano da un principio di piena integrazione con i sistemi agro-ambientali del paesaggio, dobbiamo sviluppare un immaginario collettivo ancora poco diffuso. Nel 2019, nel suo libro “Oltre il Giardino”, pubblicato da Einaudi, il filosofo Massimo Venturi Ferriolo ci esortava a guardare le sfide del XXI secolo attraverso la lente del giardino. Anche i sistemi agrivoltaici possono essere visti come giardini produttivi, come il paesaggio agrario italiano è un grande giardino produttivo, il bel paesaggio di cui ci parla Emilio Sereni nel suo libro “Storia del Paesaggio Agrario Italiano”, è bello in quanto produce, sostiene economie e filiere locali di persone dedite all’agricoltura e alla gestione dei nostri paesaggi. È in queste realtà che la transizione nelle aree non idonee si si può integrare, proprio grazie ai sistemi agrivoltaici.
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