Italia Solare in audizione alla Camera: incertezza dall’art 13 del DL Infrastrutture

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Italia Solare ha criticato il lavoro sulle aree di accelerazione per gli impianti a fonti rinnovabili e di stoccaggio fatto dal governo italiano, sostenendo che gli interventi in materia energia sono stati disorganici, privi di una chiara strategia e senza consultazioni con le associazioni. Questo vale anche per l’art. 13 del DL Infrastrutture.

“Il risultato è un quadro legislativo confuso, affollato di norme difficili da interpretare e spesso pure contradditorie tra loro, tanto da essere criticate da tutti: operatori, tribunali, Commissione Europea, addirittura diversi funzionari degli stessi ministeri. Si riteneva che l’obiettivo, imposto dal PNRR, di individuazione delle aree di accelerazione fosse stato raggiunto e ora siamo qui a parlare di un secondo provvedimento, purtroppo evidentemente ancora una volta sbagliato”, ha detto Luciano Barra, Affari istituzionali di Italia Solare.

L’associazione ha chiesto, durante l’audizione presso le commissioni riunite Trasporti e Ambiente, una revisione dell’articolo 13 e maggiore dialogo e confronto tra legislatore e associazioni di settore.

Italia Solare riporta che sarebbe opportuno introdurre per legge criteri chiari cui le regioni devono attenersi, stabilire che le aree attualmente classificate idonee per legge “nelle more” diventino aree idonee minime valide in tutte le regioni.

“In alternativa, minimo sindacale, è indispensabile quantomeno precisare che le aree idonee per legge “nelle more” non sono più idonee solo “nelle more” ma lo sono e basta, per legge. Ciò vale anche per le aree industriali, che l’articolo 13 del decreto legge vuole siano considerate zone di accelerazione. È indispensabile, per questa finalità, che sia emendato il comma 8 dell’articolo 20 del decreto legislativo 199/2021, in modo da ricomprendere tra le aree idonee per legge anche le aree industriali”, ha scritto Italia Solare.

L’art. 13 del DL Infrastrutture è richiesto dalla direttiva europea sulle rinnovabili (2023/2413), la cosiddetta Red3, e riguarda anche la Riforma 1 della Missione 7 del PNRR. Già a fine 2024, con il TU FER, il legislatore ha disciplinato le aree di accelerazione. Quello del DL Infrastrutture è il secondo intervento.

Alleanza per il Fotovoltaico

L’Alleanza per il Fotovoltaico ha invece accolto con favore l’articolo 13 del provvedimento. “Esso rappresenta infatti una prima, seppur temporanea e parziale, risposta per garantire continuità agli investimenti nel settore FER”.

In particolare, l’Alleanza ha espresso un giudizio positivo riguardo il superamento dell’impostazione che subordinava l’individuazione delle zone di accelerazione alla futura definizione delle aree idonee, a favore di una previsione che ne consente l’individuazione da parte dei piani regionali nell’ambito delle aree idonee “transitorie” già definite ex lege dall’articolo 20, comma 8, del D.lgs. 199/2021. “A ciò si aggiunge il riconoscimento, quali zone di accelerazione, anche delle aree industriali incluse nella mappatura predisposta dal GSE”.

Secondo l’Alleanza, la misura consente di riattivare processi autorizzativi sospesi e offre agli operatori del settore un riferimento concreto per la pianificazione dei progetti.

“Apprezzamento viene inoltre espresso per la scelta di rendere le zone di accelerazione un contenuto minimo inderogabile da parte delle Regioni, garantendo così una base uniforme di applicazione sul territorio nazionale, e per la previsione di tempi ridotti nella Valutazione Ambientale Strategica dei piani regionali. Positiva anche l’introduzione di un potere sostitutivo in capo al Governo in caso di inerzia da parte delle amministrazioni regionali”.

L’Alleanza sottolinea, tuttavia, che le attuali perimetrazioni devono essere considerate un punto di partenza e non di arrivo. Chiede  di limitare i poteri di veto nella Procedura Abilitativa Semplificata (PAS) alle sole amministrazioni il cui parere sia obbligatorio e vincolante per legge, e di “riformulare la nozione di “interesse pubblico prevalente”, affinché l’esclusione di tale qualifica avvenga solo sulla base di una valutazione concreta di incompatibilità ambientale, e non su mere ipotesi astratte”.

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