Un impianto agrivoltaico da 11 MW composto da circa 175.000 pannelli solari dovrebbe sorgere tra i territori di Montecastrilli poichè autorizzato nel maggio 2025. Di recente, però, la Provincia di Terni, nella persona del presidente Stefano Bandecchi, ha inviato una richiesta formale di sospensione dell’autorizzazione, un’opposizione avvenuta di concerto con il Comune di Montecastrilli, facendo riferimento all’impatto paesaggistico negativo della distesa di pannelli.
A pv magazine Italia l’assessore dell’Energia e Ambiente della Regione Umbria, Thomas De Luca, conferma la piena legittimità del procedimento e apre a un confronto istituzionale per una pianificazione più trasparente e condivisa, sottolineando le criticità normative ereditate e la necessità di una nuova legge regionale.
Un iter autorizzativo regolare e trasparente
L’impianto di Montecastrilli ha concluso il proprio iter autorizzativo nel maggio 2025, in base alla normativa vigente al momento della presentazione del progetto. Come spiega l’assessore De Luca, “le autorizzazioni sono state rilasciate nel rispetto delle procedure previste dalla normativa vigente, delle competenze istituzionali e dei vincoli normativi. Il procedimento è stato legittimo e non esistono, ad oggi, i presupposti per revocare un’autorizzazione legittimamente rilasciata”.
L’autorizzazione, formalizzata con Determinazione Dirigenziale n. 5045 del 19 maggio 2025, è arrivata dopo quattro sedute della Conferenza dei Servizi e il coinvolgimento di tutti gli enti competenti. La Provincia di Terni, pur non partecipando alle sedute, ha inviato prescrizioni tecniche che non costituivano un diniego formale.
Sulla possibilità di uno stop ai lavori, De Luca è chiaro: “La sospensione dei lavori è stata formalmente richiesta dalla Provincia di Terni con una nota del 3 giugno 2025 che definiva l’autorizzazione ‘impropriamente e avventatamente rilasciata’ e chiedeva una rivalutazione in sede politica. La Regione, però, considera la revoca giuridicamente infondata in quanto eventuali stop non possono basarsi su motivazioni politiche postume, ma solo su vizi procedurali sostanziali, al momento non evidenziati nei documenti. Pertanto, allo stato attuale lo stop non appare verosimile. Detto questo, la Regione ribadisce la sua totale apertura a un confronto istituzionale per migliorare la pianificazione futura”.
Aree idonee: le criticità ereditate e la nuova strategia regionale
L’assessore De Luca sottolinea come la Giunta abbia ereditato “un contesto normativo caratterizzato da un quadro regolamentare incentrato sulla restrizione della disponibilità delle aree, persino una folle restrizione delle aree industriali, motivata dalla necessità di preservare spazio per insediamenti produttivi”. E aggiunge: “Abbiamo trovato un cassetto vuoto e l’assenza totale di un quadro normativo. Ma, rimboccandoci le maniche, abbiamo avviato un percorso partecipato con tutti i Comuni umbri, le associazioni di categoria e gli attori del territorio per individuare le aree idonee e quelle da proteggere. Un lavoro che avrebbe dovuto essere fatto anni fa. Tanti di quelli che oggi gridano allo scandalo hanno tenuto fermo per anni il piano paesaggistico regionale. Tanti che oggi si ergono a difensori del paesaggio dovrebbero spiegare perché, negli anni passati, non hanno mai richiesto l’apposizione di vincoli su quelle aree. Il piano paesaggistico regionale, concluso nel 2019, è rimasto bloccato per cinque anni. Lo abbiamo riattivato noi, nel comitato paritetico con i Ministeri dell’Ambiente e della Cultura”.
La Regione ha già pre-adottato una proposta di legge sulle aree idonee, come spiega De Luca: “La proposta è stata frutto di un continuo confronto con gli enti locali, le associazioni di categoria, gli stakeholder e le categorie produttive. Si tratta, nei fatti, di una proposta normativa condivisa”.
De Luca dichiara che l’annullamento dei commi 2 e 3 dell’articolo 7 del decreto ministeriale 21 giugno 2024 “non può essere la causa di una paralisi generalizzata. Le sentenze si rispettano e la politica deve assumersi le proprie responsabilità. Per questo come Regione, a valle del percorso partecipativo, stiamo adattando il nostro testo al giudizio del tribunale amministrativo e consegneremo all’assemblea legislativa il disegno di legge nei prossimi giorni”.
L’assessore avverte però che “l’obbligo di rieditare entro 60 giorni i criteri per l’individuazione delle aree idonee e non idonee rischia di trasformare la situazione in delle sabbie mobili in cui a rimanere impantanate sono in primo luogo le Comunità energetiche e gli impianti destinati all’autoconsumo. L’effetto nell’immediato è quello di una moratoria verso i piccoli e medi impianti su cui l’incertezza del quadro normativo pesa molto più che sui grandi interventi. Realtà, quelle del nostro tessuto economico e sociale, che senza regole certe non si sbilanciano verso investimenti a rischio. Uno scenario che ci impone di intervenire per evitare tentennamenti che metterebbero a rischio il raggiungimento degli obiettivi fissati al 2030 e la sopravvivenza stessa delle nostre imprese”.
Sul tema delle nuove restrizioni nazionali al fotovoltaico a terra, De Luca precisa: “Noi riteniamo che le aree compromesse, sotto il punto di vista paesaggistico e ambientale, debbano essere preferite rispetto a quelle vergini per cui deve essere mantenuta l’integrità. Un’area industriale è un’area industriale, che sia vicina ad un bene tutelato cosa cambia? L’installazione di un impianto FER può essere al contrario un’occasione di riqualificazione. Una compressione irrazionale che registriamo anche sul repowering con il divieto di ampliamento su area agricola e su cui prenderemo una strada diversa rispetto a quella che è una vera e propria fobia da rinnovabili che ha il sapore di petrolio”.
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