pv magazine: Nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea Serie L del 18 giugno sono pubblicati tre provvedimenti attuativi del Net Zero Industry Act. Tra questi il regolamento di esecuzione 2025/1176 della Commissione del 23 maggio 2025 che definisce i criteri di preselezione e aggiudicazione delle aste per la diffusione dell’energia da fonti rinnovabili (criteri diversi dal prezzo). Cosa ne pensate? Avrà conseguenze sui produttori di soluzioni BESS europei?
Davide Tinazzi, AD di Energy: Si tratta di una novità che accogliamo piuttosto favorevolmente. L’introduzione di criteri non esclusivamente legati al prezzo – come sostenibilità ambientale, tracciabilità della filiera, sicurezza informatica e contributo all’industria europea – rappresenta un cambio di passo per l’intero settore. Per chi, come noi, sviluppa e produce sistemi di accumulo in Europa con particolare attenzione alla qualità e all’affidabilità, si apre una fase in cui il valore complessivo dell’offerta viene finalmente riconosciuto e premiato. Questo approccio incentiva la competitività industriale, e non la corsa al ribasso. Tuttavia, va sottolineato che questa misura entrerà in vigore solo a partire dal 1° gennaio 2026. Fino ad allora, i produttori europei di sistemi di accumulo si trovano a fronteggiare un contesto molto complesso, segnato da un secondo anno consecutivo di fortissima pressione sui prezzi causata dall’overcapacity cinese. Il 2024, in particolare, è stato un anno estremamente difficile: la filiera europea ha subito colpi durissimi, basti pensare alla crisi della svedese Northvolt – simbolo delle ambizioni europee nella mobilità elettrica – e alle difficoltà della tedesca Manz. Due casi emblematici di quanto urgente sia una politica industriale coerente e concreta da parte dell’Unione Europea.
Nella Gazzetta Ufficiale dell’UE rientra anche il regolamento di esecuzione 2025/1178 sull’elenco dei prodotti finali delle tecnologie a zero emissioni nette e dei loro principali componenti specifici ai fini della valutazione del contributo alla resilienza. Quale il ruolo delle batterie?
Le batterie sono senza dubbio il componente centrale dei sistemi di accumulo: lo sono per contenuto tecnologico e per incidenza sul costo finale. Ma non sono l’unico elemento critico. Affinché un BESS sia davvero performante e sicuro, servono anche un’elettronica di controllo affidabile e, soprattutto, un software di gestione che garantisca un elevato livello di cybersicurezza. Noi di Energy disponiamo di tutti i componenti Made in Italy, tuttavia, anche in questo caso va sottolineato che la pressione competitiva esercitata dai produttori cinesi su ogni singolo componente rende difficile sostenere una produzione europea senza strumenti concreti di tutela. È fondamentale che anche le misure nazionali, come il piano Transizione 5.0 o bandi come quello per l’Agrisolare, integrino criteri di protezione per la filiera dei sistemi di accumulo europei, e non solo per i moduli fotovoltaici.
Il terzo punto riguarda la decisione di esecuzione 2025/1100 della Commissione che adotta orientamenti per l’attuazione di determinati criteri di selezione di progetti strategici per tecnologie a zero emissioni nette di cui all’articolo 13 del regolamento (UE) 2024/1735. Cosa ne pensate?
Energy sta completando in questi mesi un progetto industriale avviato due anni fa: la realizzazione di una gigafactory dedicata alla produzione di batterie e sistemi di accumulo. Si tratta di un’iniziativa rilevante per la filiera europea dell’energia, realizzata interamente con risorse private e senza, ad oggi, alcun sostegno pubblico. Per questo guardiamo con interesse alla decisione 2025/1100, che introduce criteri più chiari per individuare i progetti strategici a livello europeo. Ma ci chiediamo se queste linee guida verranno davvero applicate anche alla nostra filiera. Al momento, infatti, l’attenzione istituzionale sembra concentrata soprattutto sul settore dei moduli fotovoltaici, mentre lo sviluppo delle tecnologie di accumulo – altrettanto strategiche per l’autonomia energetica – fatica a ricevere riconoscimento e sostegno proporzionati. Il rischio è che strumenti pensati per rafforzare la resilienza industriale finiscano per riproporre le stesse disomogeneità già viste in passato, dove l’accesso ai fondi e il supporto istituzionale variano fortemente da Paese a Paese.
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