“Individuiamo come zone di accelerazione quelle che la legge regionale avrebbe individuato come zone a idoneità assoluta, dove potenzialmente il conflitto è molto più basso, le industriali, i porti, i tetti”. Così l’assessora regionale della Toscana alla Transizione ecologica, Monia Monni, ha illustrato ieri in Consiglio regionale il “Piano di individuazione delle zone di accelerazione terrestri per gli impianti a fonti rinnovabili e gli impianti di stoccaggio dell’energia elettrica da fonti rinnovabili”.
L’obiettivo del piano è definire le zone di accelerazione per gli impianti fotovoltaici e gli impianti di stoccaggio da fonti rinnovabili co-ubicati, le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all’esercizio degli stessi.
Sono individuate come zone di accelerazione: le aree a destinazione industriale, le coperture degli edifici, i siti ove sono già installati impianti della stessa fonte, le aree all’interno dei porti e degli interporti; i siti e gli impianti nelle disponibilità delle società del gruppo Ferrovie dello Stato, i siti delle società di gestione aeroportuale, i parcheggi nei quali si intende installare moduli fotovoltaici posizionati su pensiline o tettoie; le discariche chiuse anche se ripristinate.
Sono escluse dalle zone di accelerazione le aree a qualsiasi titolo protette per scopi di tutela ambientale.
Il Piano stabilisce inoltre un cronoprogramma e specifica che verrà riesaminato periodicamente, ed eventualmente modificato, per tenere conto del monitoraggio sugli obiettivi di conversione energetica.
L’informativa riporta inoltre alcuni dati energetici sulla Toscana: la quota dei consumi finali lordi di energia coperta da fonte rinnovabile è attestata, nel 2022, al 17,9%.
La Toscana assorbe circa il 6,3% della domanda di energia consumata a livello italiano e complessivamente il consumo di energia è assorbito dal sistema toscana così articolato: 1,5% dall’agricoltura; 25,6% dalle industrie; 16,7% dal terziario; 29% dai trasporti e mobilità; 27% dalle famiglie.
Il fabbisogno energetico è ancora soddisfatto in larghissima parte grazie all’utilizzo di fonti fossili (solidi, petrolio e gas naturale) e circa l’80% della domanda finale di energia che a vario titolo viene posta in essere dalla collettività richiede queste tipologie di input primario: il 4% della domanda finale di energia richiede l’uso di combustibili solidi; il 34% implica l’uso del petrolio o di suoi derivati; il 47% necessita di gas naturale.
Il gas naturale contribuisce ancora (direttamente o attraverso la generazione di energia elettrica) a soddisfare quasi metà del fabbisogno complessivo regionale, mentre la quota di energia ricavata da fonti rinnovabili (solare, idrico, eolico, geotermia) si attesta attorno al 18%.
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