Il governo italiano si è espresso negativamente sull’erogazione dei fondi nel quadro della Politica Agricola Comune (PAC) nel caso di coltivazioni tra impianti agrivoltaici interfilari, quindi degli impianti del Tipo 2. Le associazioni di settore si oppongono.
Italia Solare sostiene che l’interpretazione del Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste (Masaf) è parziale proprio perché esclude automaticamente dai contributi PAC i terreni che ospitano impianti fotovoltaici con moduli bassi, anche quando le coltivazioni agricole proseguono in modalità interfilare.
“È una visione riduttiva: la realtà dimostra che la coltivazione è pienamente compatibile con impianti agrivoltaici standard, che garantiscono continuità agricola e non sottraggono suolo produttivo. Una simile posizione ignora sia l’evidenza tecnica sia le esperienze concrete già avviate in Italia e in altri paesi”, ha detto Paolo Rocco Viscontini, presidente di Italia Solare, a pv magazine Italia.
L’Associazione Italiana Agrivoltaico Sostenibile (Aias) è d’accordo. Sottolinea comunque che, leggendo tra le righe, il messaggio è che la tipologia 1 di agrivoltaico (agrivoltaico elevato) è conforme alle condizioni richieste dalla PAC, almeno nell’interpretazione del Masaf.
“Accogliamo certamente in maniera positiva la piena conformità della PAC alla tipologia 1, mentre crediamo che l’applicazione della PAC sulla tipologia 2 sia possibile e richieda un approfondimento tecnico, in particolare nell’elaborare la gestione delle aree non coltivate”, ha detto Alessandra Scognamiglio, presidente Aias, a pv magazine Italia.
Aias, per mezzo dei consiglieri Sandro Esposito e Benito Scazziota, in rappresentanza dell’anima agricola e di quella energetica dei progetti agriPV, spiegano che la posizione ministeriale debba ricevere integrazioni, per essere meglio calata nel contesto tecnico specifico.
“La posizione assunta dal Masaf ci sembra rigida: già l’accesso al PAC dovrebbe costituire garanzia di integrazione”, ha detto Esposito, ricordando che per accedere ai fondi PAC l’agricoltore deve essere attivo su superfici agricole dichiarate, in rispetto della “condizionalità, ossia le norme che garantiscono la sostenibilità dell’attività agricola”.
La nota del Ministero però potrebbe prefigurare la necessità di una riqualificazione dei criteri nei calcoli dei titoli PAC sui terreni elegibili, argomenta Aias.
“Non possiamo escludere induca a una riduzione della quota in funzione di quella che è la superficie occupata dall’impianto agrivoltaico. Questo potrebbe tradursi in una inflessione delle risorse economiche del progetto: ricordo che un’azienda agricola può anticipare (finanziariamente con la copertura della garanzia Ismea) i premi comunitari erogati per effetto dell’accesso alla PAC fino a tre annualità. Pertanto, lo scenario economico in cui si muove l’azienda agricola che ha intenzione di installare un agrivoltaico di tipo 2 subisce delle evidenti modificazioni. A questo punto il Ministero e l’Agea dovranno approntare dei protocolli, supportati da adeguati strumenti infogeotopografici, per la riqualificazione dei titoli PAC per ogni azienda. Questo scenario avrà bisogno di almeno 5 anni di tempo, mentre ricordo che già la prossima PAC 2028 è in dirittura d’arrivo a Bruxelles”, ha detto Scazziota, consigliere Aias.
Quali i possibili rischi?
Secondo Italia Solare, la nota del Masaf potrebbe portare a un rallentamento dell’agrivoltaico intefilare, ma non solo.
“Migliaia di aziende agricole che intendono integrare reddito agricolo e produzione di energia verrebbero penalizzate senza ragioni oggettive, come conseguenza ovvia si rischierebbe di rallentare lo sviluppo dell’agrivoltaico”, ha detto Viscontini.
Per Aias, il rischio è quello di compromettere il rapporto e l’equilibrio tra agricoltura e produzione di elettricità.
“La mancanza di una strategia coesa potrebbe condurre a inefficienze e a un aumento della conflittualità tra gli attori della filiera agrivoltaica. Le ripercussioni potrebbero essere molteplici, sui termini contrattuali in essere tra le parti, ad esempio, oppure sulle forme giuridiche eleggibili e legittimate a presentare le iniziative”, ha detto Scazziota di Aias.
Cosa faranno ora le associazioni?
Entrambe le associazioni di settore hanno detto che vogliono ora incontrare i responsabili del Ministero.
“Vogliamo incontrare i responsabili del Ministero e chiarire la necessità di un approccio equilibrato. Difenderemo il principio che non si devono penalizzare le aziende agricole che coltivano i terreni, indipendentemente dalla tipologia impiantistica fotovoltaica adottata. È fondamentale portare dati, esperienze e proposte tecniche che mostrino come l’agrivoltaico interfilare sia una soluzione agronomicamente valida e coerente con gli obiettivi nazionali ed europei di transizione energetica e sicurezza alimentare”, ha detto Viscontini.
Così anche Aias, che si sta muovendo a livello ministeriale, ma non solo.
“Come già accaduto in altre situazioni, ci faremo parte attiva per un tavolo tecnico con il Ministero così da capire anzitutto la genesi della nota e i margini per un dialogo e, se possibile, un’integrazione della nota. Inoltre, come Associazione stiamo intensamente lavorando a una certificazione che tiene conto di diversi fattori sensibili estremamente importanti per ritenere una iniziativa agrivoltaica integrata e sostenibile e che speriamo possa essere un utile filtro di valutazione”, ha detto Valeria Viti, consigliera e membro dell’osservatorio normativo Aias.
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