FuturaSun si aspetta non price criteria anche nel Fer X definitivo

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pv magazine Italia ha avuto il piacere di sentire Nicola Baggio, technical & special projects director di Futurasun. Baggio spiega la seconda asta del Fer X transitorio, sottolineando gli errori commessi nella comunicazione e preannunciando che gli stessi non price criteria potrebbero essere inclusi nel Fer X “Definitivo” dal 2026.

I giornali generalisti hanno fatto parecchia confusione con la seconda asta del Fer X transitorio. Può dare una veloce panoramica e spiegare perché?

L’asta Fer X con criteri Net-Zero Industry Act (NZIA) non preclude di partecipare all’asta originariamente prevista anche utilizzando componentistica cinese. Si tratta semmai di una ulteriore e diversa opzione che i proprietari dei progetti possono valutare come strada per valorizzare ad un prezzo più alto l’energia offerta, contando su una minore competizione.

Un passo indietro. La genesi della seconda asta del Fer X transitorio è legata a Bruxelles. Il provvedimento è legato al Net Zero Industry Act, corretto? 

Esatto. NZIA è un Regolamento europeo entrato in vigore nel giugno del 2024. Nel maggio di quest’anno sono state approvate le prime regole della cosiddetta “legislazione secondaria”, quella in Italia chiameremo “decreti attuativi”. In queste norme attuative sono stati previsti dei criteri generali per rispettare i principi di NZIA: nello specifico sull’origine dei componenti fondamentali degli impianti. Va ricordato che la norma non coinvolge solo il fotovoltaico ma tutte le tecnologie delle rinnovabili.

Perché, però, il Mase parla di componenti cinesi e non, invece, di componenti non UE, come prescritto e definito dallo NZIA?

Attenzione, NZIA non prescrive e non parla mai di componenti “made in EU”. Lo scopo principale di NZIA è quello di aumentare la resilienza europea nelle filiere delle rinnovabili. La norma prevede che qualora l’Europa dipenda per più del 50% da un singolo paese di fornitura, debbano scattare le politiche di incentivazione NZIA. Nel caso del fotovoltaico, poiché oltre il 95% dei moduli ha provenienza cinese, l’attuazione concreta del provvedimento si traduce in un divieto di utilizzare componenti cinesi per impianti NZIA. D’altro canto si potranno utilizzare moduli fotovoltaici realizzati al di fuori della Cina con celle fotovoltaiche non cinesi.

Pensa che sia possibile pensare che nei prossimi mesi questo approccio possa essere corretto o quantomeno sviluppato? In quale sede?

NZIA è una norma quadro, che contiene un principio rilevante di non dipendenza da paesi extra-europei. Da un punto di vista strategico questo deve valere per tutte le filiere: per anni abbiamo gridato alla dipendenza dal gas russo e poi alla fine nel 2022 ne abbiamo pagato le salate conseguenze economiche e geopolitiche.

Pertanto più che correttivi io vedo dei passi successivi, che sarebbero stati impossibili se prima NZIA non fosse stato approvato. Il logico passo successivo, già esplicitamente citato nel Clean Industrial Deal (CID) di febbraio 2025, è l’introduzione di una legislazione specifica per il “Made in Europe”. Inevitabilmente, poiché le politiche doganali sono competenza comunitaria, dovremo attendere i tempi di attuazione del CID così come lo è stato per NZIA. Ciò non toglie che i singoli Stati Membri possano decidere di incentivare o promuovere tramite provvedimenti specifici, degli impianti che utilizzino prodotti “Made in Europe” fin da subito. Tale quota di impianti rientrerebbe a pieno titolo, nel caso fotovoltaico, nel calcolo della quota nazionale del 30% del mercato che dovrà essere riservata a impianti NZIA.

Le indicazioni del Fer X transitorio, secondo lei, verranno replicate in tutto o in parte in altri schemi d’incentivazione? In quali? Quando?

NZIA è destinato a rimanere in vigore per molti anni, fino al raggiungimento di una quota di mercato pari almeno al 30% del totale con componenti non cinesi. I singoli Stati Membri possono decidere di attuare a loro piacimento delle politiche per raggiungere questo obiettivo che tuttavia è vincolante. Mi aspetto quindi che tale previsione rimanga anche nel Fer X “Definitivo” dal 2026 in poi e che meccanismi specifici come il “made in EU” di Transizione 5.0 possano essere replicati in qualcuno dei molti altri strumenti di incentivazione presenti.

Quali sono le prime reazioni del mondo del fotovoltaico ai non price criteria del Fer X transitorio?

Sicuramente hanno portato ad un aumento di interesse per le produzioni europee e non cinesi in generali. Se non altro si obbligano gli investitori a fare l’esercizio del calcolo del business plan con parametri diversi sia dal punto di vista dei costi ma anche dei ricavi. Purtroppo le comunicazioni poco precise di alcuni organi di comunicazione generalisti non hanno aiutato a portare chiarezza ma sono certo che nell’arco di pochi giorni i professionisti del fotovoltaico che sono abituati da due decadi di novità normative pressochè a cadenza mensile sapranno comprendere chiaramente NZIA e il suo impatto.

C’è, in sintesi, maggiore attenzione alla produzione di componenti in Italia secondo lei, come conseguenza dello NZIA e delle sue emanazioni nazionali?

Sì. NZIA, diversamente da Transizione 5.0 che ha un orizzonte di pochi mesi ancora, fornisce una prima indicazione di politica industriale di lungo termine, senza scadenza, per promuovere produzioni di componenti alternative alle catene attuali. Non è ancora sufficiente per sostenere completamente la rinascita di un’industria europea. Servirebbe meno timore a Bruxelles, non solo da parte della classe politica ma anche da parte delle associazioni di settore, perché prima di essere degli operatori del fotovoltaico siamo dei cittadini europei e probabilmente dei genitori di figli che non lavoreranno nel fotovoltaico così come lo conosciamo oggi ma a cui dovremmo lasciare un paese in grado di competere.

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