Macse, Jinko Power: non è solo un’asta italiana, è un test globale, un cambiamento epocale

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I risultati della prima asta del Macse suggeriscono strategie di lungo periodo di operatori che credono nel mondo BESS italiano, che hanno un forte interesse a un posizionamento strategico in questo mercato e che si aspettano, nei prossimi mesi, una diminuzione dei prezzi delle batterie a livello italiano, ma non solo. Lo ha detto Felice Lucia, country manager Italy di Jinko Power, a pv magazine Italia.

“È vero che hanno dominato le utility, ma il tema non è solo finanziario: è di supply chain, che ha offerto una riduzione incredibile al 2027 considerando che gli impianti devono entrare in esercizio il 2028”, ha detto Lucia.

Secondo Lucia, le analisi pubblicate di recente sottovalutano la selettività.

“Non hanno vinto tutti quelli con grandi spalle; hanno vinto pochissimi, lasciando fuori decine di operatori, tra cui fondi e aziende molto solide”, ha detto Lucia.

Il country manager Italy di Jinko Power offre poi un po’ di numeri.

“Con i risultati del Macse (12–15 k€/MWh-anno), un sistema da 4 ore genera circa 50–60 k€/MW-anno di ricavi fissi per 15 anni. Se si attualizzano questi flussi in maniera banale, il Capex massimo sostenibile per restare in equilibrio economico-finanziario si colloca nell’ordine di 60–80 €/kWh installato, considerando Opex e costi di connessione bassi”, ha detto Lucia.

Lucia riporta che oggi in Europa i costi reali si muovono ancora tra 120 e 180 €/kWh.

“Quindi il risultato dell’asta non si spiega con i numeri attuali, ma con due scommesse molto precise dei vincitori. Da una parte la deflazione della supply chain: in Cina già oggi su tender >1 GWh si vedono prezzi “turnkey” a $66/kWh, e i costi delle celle LFP sono scesi anche sotto i 60 $/kWh. La traiettoria 2026–27 punta a 80–100 $/kWh sistema completo in scenari di scala. Dall’altra vi è anche un’accettazione di IRR compressi: molti operatori hanno scelto di sacrificare la redditività immediata pur di entrare nel mercato, contando sul fatto che il Macse garantisce un floor di lungo periodo”, ha aggiunto Lucia.

Secondo Lucia, il target 60–80 €/kWh è raggiungibile al 2026–27, ma realisticamente solo appunto se gli operatori disposti ad accettare margini ridottissimi in cambio di posizionamento strategico e per progetti di scala GWh con fornitura diretta cinese.

“Per la maggior parte dei progetti europei, una traiettoria più realistica è sotto i 60€/kWh nel 2026–27”, ha detto Lucia.

In sintesi, dice Lucia, i vincitori Macse non hanno “chiuso i conti con i costi odierni”, ma hanno applicato una lettura industriale e strategica del mercato batterie, anticipando la curva dei prezzi globali. Questo tenendo conto che il sistema deve entrare in esercizio entro il 2028 , e può catturare anche marginalmente altre revenue.

Lucia sottolinea poi che molte previsione di partenza fossero sbagliate. “Quasi tutti gli analisti parlavano di clearing 25–28 k€, Bloomberg si spingeva a 21 k€. Il risultato reale (12–15k) mostra che i modelli classici (LCOS, IRR, CoNE) non hanno retto”.

Secondo Lucia, il prezzo lo ha fatto Enel, puntando su progetti brownfield, con bassi costi di gestione.

“Sono progetti sviluppati all’interno e con abbattimento di costi su scala globale. La lettura alternativa (che pochi hanno colto) questo non è un’asta solo italiana, è un test globale. I prezzi riflettono la traiettoria dei tender cinesi (66 $/kWh turnkey) e l’integrazione delle gigafactory asiatiche, non i costi europei di oggi. Sarà un cambiamento epocale che riscriverà il mercato europeo dell’energia. Per la prima volta la partita diventa industriale su lato costruzione, tenendo conto che lo sviluppo ha poco valore nello sviluppo dei sistemi Bess, lo stesso dovrebbe essere fatto sul fotovoltaico , ma i continui cambi normativi ottengono il contrario”, ha concluso Lucia.

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