L’articolo “Scientific frontiers of agrivoltaic cropping systems” (Frontiere scientifiche dei sistemi colturali agrivoltaici), pubblicato su Nature Reviews Clean Technology, fotografa un settore che cresce, capace di ridurre il conflitto d’uso del suolo e di offrire stabilità economica alle aziende, ma ancora alle prese con compromessi tecnici, costi e regole eterogenee.
La ricerca evidenzia che rispetto ai parchi a terra convenzionali, gli impianti agrivoltaici (AV) richiedono strutture più complesse e risultano in media più costosi all’installazione (+20 – 90%), mentre la conversione energetica per unità di suolo è inferiore perché va “condivisa” con la luce destinata alle colture. In compenso, nei contesti caldi o siccitosi la mitigazione di temperatura e stress idrico può stabilizzare rese e redditi, aggiungendo il flusso di cassa dell’energia.
Secondo lo studio i sistemi AV hanno il potenziale per una diffusione su larga scala. Se installati nelle aree agricole più idonee, possono arrivare a fornire ~66-385 PWh (petawattora) di elettricità all’anno, che si riduce a ~10-59 PWh tenendo conto dei vincoli della rete elettrica (disponibilità e capacità di trasmissione) sostenendo al tempo stesso la produzione agricola. Tuttavia, nel campo AV occorre affrontare diverse sfide.
Le principali sfide nella definizione di politiche adeguate includono la predisposizione di definizioni, standard e requisiti chiari per l’installazione e l’esercizio dei sistemi AV e la garanzia della produttività dei terreni agricoli. Considerata la natura multidisciplinare e multisettoriale di questa tecnologia, un approccio politico pratico ma completo deve dare priorità alla collaborazione intersettoriale e al coinvolgimento di molteplici portatori di interesse.
Una sfida importante per garantire la conformità dei sistemi AV alle normative attuali e future è prevedere con precisione, prima dell’installazione, l’impatto dell’ombreggiamento sulle prestazioni colturali. L’uso di metodologie di modellazione ibride che combinano approcci avanzati e computazionalmente intensivi con l’intelligenza artificiale, insieme allo sviluppo di una banca dati completa, dovrebbe migliorare sostanzialmente l’accuratezza della modellazione e ridurre i tempi di calcolo.
Sul piano energetico, il raffrescamento dei moduli per minori temperature ambientali e traspirazione colturale può incrementare l’efficienza; l’inseguimento monoasse e bi-asse può aumentare la produzione in range che vanno, rispettivamente, tra il 12-25% e il 30-45%. Le strategie “sun-sharing” ri-orientano i moduli nelle fasi colturali sensibili per aumentare l’irradianza al suolo, accettando riduzioni elettriche dell’ordine del 10-30% e richiedendo controllo sensoriale e modelli di ottimizzazione.
Le configurazioni analizzate includono sistemi verticali bifacciali Est-Ovest, con limitato ingombro trasversale e buona compatibilità con la meccanizzazione ma carichi eolici più gravosi e resa annua inferiore, e sistemi sopraelevati (2-6 m) idonei a orticole di valore dove possono sostituire reti ombreggianti/antigrandine e integrare l’irrigazione. Disposizioni “gapped” o a scacchiera modulano l’illuminamento: l’impiego di moduli semitrasparenti e selettivi in lunghezza d’onda è indicato come promettente per l’accoppiamento agrofotovoltaico, ma con sfide di efficienza, costo e durabilità ancora irrisolte.
Dal lato agronomico, l’ombra modifica irradianza, temperatura, vento e umidità del suolo, con effetti specie-dipendenti. Meta-analisi citate indicano che, per contenere la perdita di resa entro il 20%, il “ground coverage ratio” dovrebbe essere pari o al di sotto del 25%, con forte dipendenza da coltura e clima.
Le analisi LCA mostrano incrementi medi di impatto (+20%) rispetto a impianti convenzionali, attribuiti principalmente alle strutture. Gli autori raccomandano inventari separati per le funzioni cibo/energia e scelte materiali con minori fondazioni, maggiore riciclabilità e moduli leggeri; le tecnologie semitrasparenti o a perovskite/organico sono considerate solo se dimostrano adeguata stabilità outdoor.
Sul piano economico, l’extracosto è localizzato nel BOS strutturale, elettrico e nelle complessità di EPC e cantiere. Poiché i ricavi elettrici prevalgono su quelli agricoli, in assenza di policy dedicate tende a emergere una progettazione “energy-centrica”.
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