Cella solare a perovskite basata su MXene raggiunge un’efficienza record del 25,75%

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I ricercatori dell’Università dei Paesi Baschi (UPV/EHU) hanno fabbricato una cella solare a perovskite basata su un assorbitore di luce che incorpora carburo di titanio bidimensionale (Ti₃C₂Tx), noto anche come MWene.

I composti MXene prendono il nome dalla loro morfologia simile al grafene e si ottengono tramite incisione selettiva di determinati strati atomici da un cristallo massivo chiamato MAX. Di recente, questi materiali hanno mostrato grande potenziale per l’uso nel fotovoltaico grazie alle loro peculiari proprietà optoelettroniche, come l’elevata mobilità dei portatori di carica, l’eccellente conducibilità metallica, l’alta trasmittanza ottica e la funzione di lavoro regolabile.

“Abbiamo posizionato il MXene all’interfaccia tra lo strato di trasporto degli elettroni (ETL) a base di ossido di stagno (SnO₂) e l’assorbitore di perovskite per ridurre le vacanze di ossigeno e i difetti”, ha spiegato a pv magazine Shahzada Ahmad, autore corrispondente dello studio. “Gli MXene terminati con cloro che abbiamo utilizzato hanno ridotto significativamente le vacanze di ossigeno presenti all’interfaccia nascosta.”

Secondo i ricercatori, terminare il MXene con cloro ha contribuito a ridurre efficacemente i microfori e l’aggregazione delle particelle, spesso associati alla dispersione del MXene nell’assorbitore. Le immagini ottenute con microscopia elettronica a scansione (SEM) hanno confermato che lo strato intermedio di MXene, posto sotto lo strato di perovskite, modifica i pattern e la superficie di cristallizzazione del materiale perovskitico; la spettroscopia Raman ha inoltre evidenziato una migliore qualità cristallina.

Ulteriori analisi hanno confermato che il legame tra lo strato di MXene e lo SnO₂ elimina le vacanze di ossigeno sulla superficie di SnO₂ e riduce le interazioni con i difetti superficiali esistenti.

La cella è stata realizzata con un substrato di ossido di indio-stagno (ITO), seguito dallo strato ETL di SnO₂, dallo strato di MXene, dall’assorbitore di perovskite, da uno strato di trasporto delle lacune (HTL) a base di estere metilico dell’acido fenil-C61-butirrico (PCBM), da uno strato tampone di batocuproina (BCP) e da un contatto metallico in argento (Ag).

Testata in condizioni standard di illuminazione, la cella ha raggiunto un’efficienza di conversione di potenza del 25,75%, una tensione a circuito aperto di 1.184 mV, una densità di corrente di corto circuito di 25,93 mA/cm² e un fattore di riempimento dell’84%. Per confronto, una cella di riferimento priva dello strato intermedio di MXene ha ottenuto un’efficienza del 23,03%, una tensione di 1.131 mV, una densità di corrente di 25,37 mA/cm² e un fattore di riempimento dell’80%.

La cella è riuscita inoltre a mantenere il 95,5% dell’efficienza iniziale dopo 1.200 ore, mentre il dispositivo di controllo ha conservato solo il 76,9%.

“Questa è la massima prestazione e stabilità finora riportata per celle che utilizzano MXene o qualsiasi altro materiale 2D”, ha dichiarato Ahmad. “Il risultato si deve ai miglioramenti simultanei sia nella tensione a circuito aperto sia nel fattore di riempimento, dovuti alla soppressione della ricombinazione non radiativa e alla migliore estrazione di carica all’interfaccia SnO₂-perovskite.”

“Abbiamo poi utilizzato questa architettura di dispositivo modificata con MXene per realizzare un modulo e abbiamo ottenuto una prestazione del 21,76% e una stabilità aumentata”, ha aggiunto Ahmad, sottolineando che le ricerche future si concentreranno sul passaggio dalla cella al modulo.

Lo studio è descritto nell’articolo “Environmental Benign Cl-Terminated MXene For Buried Interface Engineering in Perovskite Solar Modules pubblicato su Advanced Functional Materials.

Precedenti tentativi di utilizzare Mxene nelle celle solari a perovskite hanno prodotto dispositivi con un’efficienza del 23% , del 17% e del 25,13% . Separatamente, un altro gruppo di ricerca internazionale ha recentemente condotto una revisione per scoprire come gli MXene potrebbero essere utilizzati come materiali per le celle solari.

 

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