Agrivoltaico elevato: da 1,4 a 7,7 GW entro il 2030

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Questa mattina a Roma, presso l’Auditorium GSE, si è tenuto un convegno organizzato da Aias, l’Associazione Italiana Agrivoltaico Sostenibile, durante il quale sono stati presentati i dati chiave dello studio “L’agrivoltaico crea valore condiviso con il territorio” realizzato da Althesys Strategic Consultants.

Il presidente del GSE, Paolo Arrigoni, ha sottolineato come il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) abbia favorito un rapido sviluppo dell’agrivoltaico, con 747 progetti approvati per un investimento complessivo di oltre 1 miliardo di euro e una potenza installata superiore a 2.000 MW. Complessivamente, strumenti come l’agrivoltaico innovativo, il programma Agrisolare e le procedure FER-X e NZIA stanno muovendo decine di gigawatt, ponendo l’Italia tra i protagonisti europei del settore.

Nel suo discorso di apertura, la presidente di Aias, Alessandra Scognamiglio, ha sottolineato che il punto di partenza è la scelta del Governo di incentivare un’agricoltura innovativa: “non soltanto sostenendo la realizzazione degli impianti utility scale necessari, ma soprattutto imprimendo una svolta sul fronte dell’innovazione tecnologica e dei processi legati all’agrivoltaico”.

La presidente ha aggiunto che l’Italia punta a 131 GW di potenza rinnovabile al 2030, “un traguardo che rende indispensabile il ruolo dell’agricoltura, simbolo del Made in Italy e patrimonio apprezzato ovunque. L’innovazione agrivoltaica permette non solo di integrare energia e agricoltura, ma anche di recuperare terreni produttivi, risparmiare acqua e migliorare la redditività delle aziende agricole. Gli agricoltori stanno dimostrando grande attenzione verso questo strumento, che può realmente aumentare crescita e competitività del settore”.

Tornando ai dati, nei primi nove mesi del 2025 sono stati sviluppati 11,5 GW di progetti agrivoltaici, di cui 1,4 GW riferiti ai sistemi definiti “elevati” per la loro particolare configurazione tecnologica. Questi impianti sono in grado di generare benefici economici stimati fino a 11,8 miliardi di euro entro il 2059, distribuiti su diversi comparti economici e territoriali.

Alessandro Marangoni, CEO di Althesys, ha spiegato che lo studio mostra come l’agrivoltaico – in particolare nella configurazione “elevata” – rappresenti un vero modello win-win: da un lato sostiene la redditività delle aziende agricole, dall’altro contribuisce in modo significativo alla produzione di energia rinnovabile, diventando un motore di sviluppo per i territori rurali e le comunità che vivono intorno agli impianti.

Lo studio si concentra su uno scenario al 2030 per l’agrivoltaico elevato in Italia e stima l’installazione di circa 7,7–7,75 GW, con benefici complessivi per il “Sistema Paese” dell’ordine di 11,8-12 miliardi di euro. Questi benefici si distribuiscono tra vari ambiti: ricadute per la filiera tecnologica nazionale (componenti, installazione, servizi), per il settore agricolo (affitti dei terreni, autoconsumo, riduzione dei costi), per il sistema elettrico (valore della generazione) e per l’ambiente (riduzione delle emissioni, tutela del suolo, risparmio idrico), producendo un ulteriore effetto leva sull’intera economia. A ciò si aggiunge un impatto occupazionale significativo, con circa 19.000 posti di lavoro stabili lungo la filiera nello scenario di pieno dispiegamento.

Un passaggio chiave riguarda il costo dell’energia: il kWh prodotto da impianti agrivoltaici elevati oggi costa in media più di quello dei grandi impianti fotovoltaici utility-scale tradizionali. Tuttavia, se si includono le esternalità positive – agricole, ambientali, di sicurezza e coesione territoriale – il quadro cambia e l’agrivoltaico risulta competitivo in una prospettiva “integrata”. La recente riduzione dei costi di investimento del fotovoltaico, stimata tra il 15% e il 20%, rafforza ulteriormente questa convenienza, mantenendo il modello sostenibile anche alla luce delle più recenti revisioni economiche.

Lo studio evidenzia come, a fronte di un costo di generazione leggermente superiore, i vantaggi complessivi – economici, ambientali, sociali e territoriali – rendano l’agrivoltaico elevato competitivo, con un LCOE integrato compreso tra 40,4 e 53 €/MWh. Non si tratta dunque di un costo fine a se stesso, ma di un investimento sostenibile che valorizza il territorio, incrementa la redditività agricola e apre nuove opportunità imprenditoriali. Nel solo comparto agricolo nazionale le ricadute dirette e indirette potrebbero superare 1,7 miliardi di euro, grazie anche all’introduzione di innovazioni digitali e alla valorizzazione di colture e superfici oggi poco utilizzate.

Da qui la richiesta di un’evoluzione delle politiche pubbliche. Lo studio sottolinea l’urgenza di riconoscere formalmente l’agrivoltaico elevato come tecnologia distinta, di semplificare le procedure autorizzative, di introdurre strumenti di sostegno e aste specifiche che ne valorizzino le peculiarità, e di creare meccanismi capaci di “internalizzare” le esternalità positive, traducendole in un costo dell’energia più competitivo per imprese agricole e comunità locali.

Anche ENEA, tramite la direttrice Giulia Monteleone, ha ribadito la necessità di un quadro normativo chiaro e stabile, in grado di trasformare il potenziale dell’agrivoltaico in benefici concreti per l’economia rurale e per l’occupazione qualificata.

“Sono convinto che, per una transizione pragmatica verso un sistema che veda le rinnovabili in una posizione di rilevanza, serva un forte contributo del nuovo fotovoltaico che è l’agrivoltaico”, ha dichiarato il Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto Fratin, andando nella stesa direzione degli altri speaker.

In questo quadro si inseriscono anche le iniziative di certificazione, come la “Certificazione agrivoltaico sostenibile” sviluppata con RINA, pensate per attestare la qualità ambientale, sociale ed economica dei progetti e offrire alle amministrazioni un criterio oggettivo di valutazione in fase autorizzativa.

 

 

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