Sei punti di vista sul Testo Unico FER: l’impianto ibrido

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pv magazine Italia ha sentito cinque esperti, tra cui quattro avvocati, per capire le principali novità derivanti dal Testo Unico FER. L’articolo verrà pubblicato in puntate. In questa seconda puntata parliamo delle novità principali del decreto legislativo n. 178/2025 per gli impianti ibridi. Nel primo abbiamo discusso le principali novità.

Secondo Felice Lucia, country manager di Jinko Power Technology, la definizione ora è più chiara. Giovanni Battista De Luca, partner di Advant Ntcm, ha detto che la novità potrebbe portare a un allungamento dei termini procedimentali. Feliciano Palladino, fondatore e managing director di NexAmm, ha detto che, comunque, il rischio legale cala e la bancabilità sale. Cristina Martorana, partner di Legance, ha detto che la bancabilità di impianti ibridi con riferimento agli elettrolizzatori è ancora da costruire. “Oggi si affermano due principi cardine: si applica sempre il regime più oneroso tra le tecnologie coinvolte e, qualora queste ricadano in sezioni diverse degli allegati, la competenza è attribuita al Mase”, ha detto Pina Lombardi, partner presso Chiomenti. “La combinazione di un impianto di produzione ad un sistema di accumulo consente di mitigare la variabilità della produzione per le fonti non programmabili nonché di ridurre il curtailment con l’evidente conseguenza di garantire ricavi più certi”, ha poi concluso Marcello Astolfi, managing partner presso Studio Legale Project-Lex.

È stata chiarita la definizione di impianto ibrido”? Questo intervento avrà quindi un impatto sulla bancabilità dei progetti di questo genere, giusto? Immaginando di sì, quanto tempo sarà necessario per sostenere lo sviluppo di impianti ibridi in Italia?

Lucia: La definizione di impianto ibrido è ora più puntuale: l’impianto viene visto come un unicum che comprende FER, sistemi di accumulo e, se presenti, altri vettori energetici (es. idrogeno), con regole autorizzative più chiare. Questo riduce l’area grigia che frenava i finanziatori e migliora la bancabilità degli ibridi.

De Luca: Per effetto della modifica normativa, si definisce “ibrido” non solo un impianto che combina diverse fonti di energia rinnovabile, ma anche un impianto di produzione di energia da una o più fonti rinnovabili combinato con un impianto di accumulo ovvero con un elettrolizzatore. Come, peraltro, chiarito dalla Relazione Illustrativa, da tale integrazione consegue che, quando un progetto combini la realizzazione di un nuovo impianto da fonti rinnovabili con un nuovo sistema di accumulo, il progetto medesimo è assoggettato al regime più rigoroso. Tale previsione, evidentemente, determinerà un allungamento dei termini procedimentali.

Palladino: Il tema degli impianti ibridi è emblematico. Prima del correttivo, il Testo Unico definiva gli impianti ibridi come combinazioni di diverse fonti di energia rinnovabile, escludendo dalla definizione gli impianti che combinano fonti di energia rinnovabile con batterie o elettrolizzatori. Tale definizione creava ambiguità: per alcune amministrazioni non era chiaro se il progetto FER con annesso accumulo dovesse essere considerato “impianto ibrido” o se le batterie e gli elettrolizzatori dovessero essere classificati come opere accessorie. Il correttivo mette un punto fermo: è “ibrido” sia il progetto con più fonti rinnovabili sia quello che integra sistemi di accumulo o elettrolizzatori. Per il mercato è un piccolo comma, ma con un grande impatto: se il perimetro autorizzativo è chiaro, il rischio legale cala e la bancabilità sale. Significa anche meno tempo perso in fase early-stage a discutere l’inquadramento amministrativo con gli enti.

Martorana: Se invece ci riferiamo ad impianti di produzione di energia e impianti FER combinati ad impianti di accumulo, l’impatto in termini di bancabilità della nuova definizione è certamente minore in quanto il mercato rilevante già conosceva questa tipologia di “combinazione ibrida” solo che la definiva diversamente, parlando (i) di impianti di accumulo combinati o a servizio di impianti di produzione di energia o FER; oppure equiparando (ii) gli accumuli alle “opere/infrastrutture di connessione” dell’impianto di produzione/FER alla rete. La bancabilità di impianti ibridi con riferimento agli elettrolizzatori è ancora da costruire.

Lombardi: La modifica è più rilevante di quanto sembri. Prima del correttivo, la disciplina degli impianti ibridi dava luogo a interpretazioni divergenti: vi erano dubbi sull’esatto regime amministrativo applicabile, le banche faticavano a valutare i rischi procedurali e i progetti BESS+FER venivano talvolta suddivisi in due distinti iter autorizzativi.
Oggi si affermano due principi cardine: si applica sempre il regime più oneroso tra le tecnologie coinvolte e, qualora queste ricadano in sezioni diverse degli allegati, la competenza è attribuita al MASE. Ne deriva una maggiore certezza giuridica, con effetti positivi anche sulla bancabilità.
Resta però un nodo irrisolto: manca una disciplina unitaria per gli ibridi, tuttora trattati come la somma di impianti separati. Per le tecnologie integrate (soprattutto nei grandi progetti con BESS) sarebbe auspicabile un approccio dedicato.

Astolfi: Il d.lgs. 178/2025 definisce ibrido “l’impianto che combina diverse fonti di energia rinnovabile oppure un impianto di produzione di energia da una o più fonti rinnovabili combinato con un impianto di accumulo ovvero con un elettrolizzatore”. Prima dell’intervento correttivo, i progetti che combinavano impianti FER e sistemi di accumulo erano soggetti ad un rilevante margine di incertezza: non era chiaro se il sistema di accumulo dovesse essere autorizzato come componente integrata dell’impianto di produzione rinnovabile oppure come infrastruttura autonoma, soggetta a regimi autorizzativi differenti. Il D.Lgs. n. 178/2025 supera definitivamente questa ambiguità, qualificando espressamente tali configurazioni come “impianti ibridi” e ricomprendendoli nell’ambito applicativo del Testo Unico FER. Questa precisazione normativa ha un evidente impatto sulla riduzione del rischio regolatorio con conseguente maggiore prevedibilità dell’iter autorizzativo e una maggiore affidabilità dei progetti soggetti al finanziamento bancario. Peraltro, la combinazione di un impianto di produzione ad un sistema di accumulo consente di mitigare la variabilità della produzione per le fonti non programmabili nonché di ridurre il curtailment con l’evidente conseguenza di garantire ricavi più “certi”.

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