pv magazine Italia ha avuto il piacere di sentire Fulvio Ferrari, founding partner di Higeco More, per capire le conseguenze della delibera Arera 385/2025/R/EEL.
La delibera ARERA 385/2025/R/EEL (5 agosto 2025) introduce l’obbligo di dotarsi di un Controllo Centrale di Impianto (CCI) per tutti gli impianti fotovoltaici ed eolici sopra i 100 kW, già costruiti e in costruzione. Questo può portare, dicono gli operatori, un aumento dei costi anche del 15-20%. Corretto?
Il costo di adeguamento varia molto. Per gli impianti che sono già dotati di CCI, ossia quelli di taglia superiore ad 1 MW che rientravano già nel campo d’applicazione della Delibera 540/21, il costo di adeguamento può variare tra 2.000 e 5.000€, e dipende in sostanza dall’infrastruttura di collegamento tra CCI e Generatori/Inverter, e da eventuali aggiornamenti necessari nel CCI.
Per gli impianti di taglia inferiore ad 1 MW, il costo può variare tra 12.000 e 20.000 euro, tra fornitura e installazione del CCI, e posa dell’infrastruttura di collegamento con gli inverter. Senza dare maggiore contesto le indicazioni di prezzo possono comunque essere fuorvianti: il CCI rimane un progetto, non un prodotto, ed i costi variano molto dallo scenario presente in impianto.
Quali sono le tempistiche per lo start e stop? È cambiato qualcosa rispetto a prima?
No, le caratteristiche ed i requisiti delle funzioni di controllo sono rimasti invariati rispetto alla prima versione degli Allegati O e T della CEI 0-16 pubblicata nel 2021.
In particolare, la funzione PF2 “Limitazione della Potenza Attiva su comando esterno del DSO” prevede un tempo di risposta di 1 minuto, che è un’enormità per regolazioni di questo tipo; quindi, permette di poter “lavorare” anche con generatori ed impianti datati.
Per questa specifica funzione, non c’è di fatto un tempo previsto per lo “start”, perché trattandosi di una limitazione, che impone di portare la potenza ad un valore inferiore al target richiesto, anche rimanendo al valore precedente raggiunto con lo “stop” l’impianto rispetta già il comando. Chiaramente è interesse del produttore ripartire il più velocemente possibile per perdere meno produzione.
Quali sono i vantaggi principali della delibera?
Il vantaggio principale è di sistema, e cioè vale per tutti. Rendere la generazione distribuita controllabile, specificatamente limitabile nei casi di eccesso di generazione o riduzione del carico, è una necessità della rete. Senza, non si può continuare ad aggiungere nuovi impianti distribuiti e non programmabili, e si rischia anche di non poter mantenere connessi quelli esistenti.
Sono anni che la direzione è chiaramente questa, il blackout nella penisola iberica non ha fatto altro che catalizzare il processo decisionale. A fronte dei rischi di distacchi diffusi paventati da Terna per la prossima primavera, e dagli enormi danni economici che ne conseguirebbero, Arera non ha potuto fare altro che accogliere le proposte “emergenziali” del gestore di rete.
Quali sono le opportunità che si aprono per gli impianti? Anche per quelli C&I?
Detto che il vantaggio di rendere la rete più gestibile è anche, di fatto, un’opportunità per gli impianti di produzione, perché permette loro di rimanere connessi in rete e scambiare energia, esistono altre opportunità specifiche per i produttori. Mi riferisco al fatto che il CCI è uno strumento di monitoraggio e regolazione che può essere utilizzato anche da altri operatori, per l’ottimizzazione del funzionamento e della rendita economica dell’impianto.
Per esempio, si può usare il CCI per limitare la potenza attiva negli impianti in cui la potenza nominale installata è superiore alla massima potenza di immissione concessa dalla connessione, caso sempre più comune di recente.
Si può usare il CCI come EMS, Energy Management System, per gli impianti ibridi fotovoltaici dotati di accumulo accoppiato in AC: il BESS per funzionare ha bisogno di un sistema esterno che lo regoli e che applichi la politica di controllo desiderata.
Si può usare il CCI come UPM, Unità Periferica di Monitoraggio, necessaria per partecipare all’MBR, il Mercato di Bilanciamento e Ridispacciamento, ossia il mercato dei servizi di flessibilità di cui si parla da tanto, e a cui ora possono partecipare anche gli impianti non rilevanti in forma aggregata (UVA).
Infine, si può usare il CCI per fare monitoraggio, dove non è già presente un sistema dedicato.
Il CCI può fare anche monitoraggio. Cosa vuol dire a livello pratico?
Che al CCI si possono collegare tutti gli operatori remoti autorizzati e interessati, non solo il DSO. Quindi, specialmente negli impianti medio piccoli dove non è già presente un sistema dedicato al monitoraggio, si può configurare il CCI per raccogliere segnali aggiuntivi rispetto a quelli richiesti dalla norma tecnica, lo si può collegare ad un sensore di irraggiamento, e lo si può usare per fare monitoraggio dell’impianto. Il CCI ha la sua interfaccia utente grafica, e lo si può collegare ad un portale di monitoraggio come fanno i tradizionali Datalogger.
Quali le semplificazioni principali della delibera? Non si tratta di semplificazioni di prodotto, ma semplificazioni per quanto riguarda le installazioni, corretto? Cosa vuol dire?
Esatto, il comitato CEI che sta lavorando alle semplificazioni suggerite da Arera nella Delibera, sta ormai convergendo verso una linea che prevede di confermare il prodotto CCI così com’è e di proporre semplificazioni tese a rendere l’adeguamento di impianti esistenti più economico e meno invasivo. Da un lato non ci sono semplificazioni di prodotto che ne possano ridurre il costo in modo significativo, ormai che i prodotti sono stati già certificati. Si è convenuto che alcuni requisiti di misura o regolazione potevano portare a costi molto significativi per i proprietari di impianti esistenti, e si è deciso di lavorare su questi aspetti.
La semplificazione più importante rispetto al testo della Delibera 385/25, riguarda l’aver trovato una corretta interpretazione della norma CEI 0-16, così com’è, che offre un’alternativa alla sostituzione degli inverter datati e non pilotabili: in questi casi sarà possibile parzializzare la produzione, spegnendo e poi riaccendendo uno o più inverter, per rispondere ad un comando di limitazione, sempre mantenendo l’impianto connesso alla rete. Questa interpretazione è in linea con i bisogni di Terna di gestione della rete e non richiede modifiche della norma.
Inoltre, lato misura, si è deciso di limitare ai soli impianti di taglia maggiore di 1 MW la raccolta dei dati, stato e potenza attiva, dei singoli generatori e di permettere esplicitamente l’utilizzo dei TV di Protezione esistenti per qualsiasi taglia.
Per i soli impianti di potenza nominale inferiore a 500 kW sarà alzato l’errore massimo di misura dal 2.2% al 5%, aprendo così all’uso di sistemi di misura più economici, e si permetterà, limitatamente agli impianti in cessione totale e a singola fonte di generazione (esempio il fotovoltaico), di assimilare la misura della potenza generata aggregata a quella immessa, e quindi di prelevare solo quest’ultima.
Che ruolo ha la decisione di alzare l’errore massimo di misura dal 2,2% al 5%? È sostenibile?
Sì. Apre all’utilizzo di sistemi di misura più economici, come sonde Rogowski o TA/TV con classe di precisione 1, e permette, per gli impianti più piccoli, più flessibilità e risparmio nella realizzazione dei circuiti di misura a cui collegare il CCI per prelevare i dati del Punto di Connessione con la rete e della Potenza Generata aggregata per fonte.
Qual è il ruolo del TV omopolare? Può spiegare?
Una delle difficoltà maggiori, che portava a costi di installazione elevati, era prelevare la misura di tensione al punto di connessione in Media Tensione (MT).
Quando non erano disponibili all’utilizzo TV in MT esistenti, caso piuttosto frequente, era necessario aggiungerne di nuovi, all’interno del quadro esistente, o all’esterno tramite cassoni dedicati. Entrambe sono soluzioni molto costose, tra 3.000 € e 5.000€, invasive e complesse. Il comitato ha quindi pensato di utilizzare i TV dedicati alla misura della tensione minima omopolare, che devono essere sempre presenti in MT da norma CEI, anche sugli impianti più vecchi per via del vecchio adeguamento all’Allegato A70.
Il problema per cui non venivano usati dal CCI era che la norma concede che abbiano un unico secondario, e questo secondario è già collegato a triangolo aperto alla Protezione di Interfaccia per la misura dell’omopolare. Il comitato ha proposto una soluzione, prima studiata teoricamente e poi verificata tramite simulazioni, che dimostra come sia sempre possibile, realizzando un nuovo collegamento tra CCI e questi TV, prelevare le tre tensioni di fase necessarie alla misura, senza interferire con la funzione di protezione omopolare.
Questa proposta, che si basa sull’interpretazione della norma così com’è, senza bisogno di varianti, rappresenta una grande semplificazione installativa e porta ad un significativo risparmio per gli adeguamenti.
Le deroghe concesse da CEI sulla cybersecurity sono scadute nel dicembre 2023. Il CCI deve quindi fornire le certificazioni in un fascicolo tecnico. Giusto? Nella vostra esperienza questo è successo nella maggior parte degli impianti?
Esatto, tutte le deroghe concesso dal foglio interpretativo pubblicato dal CEI nel luglio 2023 sono scadute nel dicembre dello stesso anno. La conformità ai requisiti di cyber security diventa ancora più importante dopo la Delibera 385/25, considerato che il CCI, con le funzioni di controllo, sarà installato su oltre 50.000 impianti. Voglio sperare che questo aspetto sia tenuto nel dovuto conto sia dai produttori, che ne sono in ultima istanza responsabili, che dai costruttori di CCI come noi.
La sicurezza informativa, sia sul lato hardware che software, sembra innovativa in Europa. Corretto? Può l’Italia diventare un modello in Europa in un momento di aumentate tensioni geopolitiche?
Sicuramente i requisiti imposti, specialmente dall’Allegato T, portano il CCI all’avanguardia, in Europa ma anche extra Europa, nel settore energetico dal punto di vista della sicurezza informatica. Alcune certificazioni, come la IEC 62443 o la IEC 62351, sono molto recenti e ancora poco diffuse: nel 2022 era difficile trovare laboratori pronti per svolgere le prove.
Nel contesto attuale però, dove gli attacchi informatici al settore energetico sono in costante aumento anche per scopi militari, come quello recente in un impianto Idroelettrico in Polonia da parte di Hacker governativi russi, sono appena sufficienti e forse si dovrebbe fare ancora di più. Soprattutto se parliamo di sistemi di controllo distribuiti su decine di migliaia di impianti di generazione e, nel breve futuro, milioni di impianti di generazione e consumo. Per l’Italia e l’Europa questa è un’opportunità: specializzarsi in una tecnologia, per differenziarsi da altri paesi irraggiungibili sul fronte del costo, e mostrare che le rinnovabili possono essere una strada affidabile e sicura.
La connessione a internet per il CCI è necessaria?
Sì, per svariati motivi. È indirettamente richiesta dalla norma, che richiede l’uso di una PKI – Public Key Infrastructure – per la gestione del ciclo vita dei certificati digitali, e installare e manutenere una PKI locale in ogni impianto è di fatto non sostenibile economicamente. È indispensabile per gestire in modo efficace gli aggiornamenti continui nel tempo, soprattutto quelli per cyber security. È necessaria per sfruttare appieno le potenzialità del CCI, che è uno strumento di monitoraggio e controllo da remoto che offre molti vantaggi anche per altri operatori oltre al DSO e TSO. È utile per assistere e supportare da remoto le verifiche del DSO, iniziale e periodiche.
Le verifiche periodiche di Terna e DSO saranno più frequenti, ha detto durante un recente webinar. Quanto spesso sono avvenute e quanto spesso dovrebbero avvenire?
L’obiettivo dichiarato di Terna e Arera è non ritrovarsi tra 10 anni a imporre un intervento emergenziale perché il sistema di riduzione della generazione distribuita non è affidabile ed efficace. Le prove saranno più frequenti, “molto più che annuali”, e più profonde, andando a verificare direttamente se la limitazione di potenza è funzionante o meno.
Le prove attuali venivano fatte all’attivazione del CCI, e riguardavano la funzionalità dello scambio dati, senza andare in dettaglio sull’accuratezza dei dati e sulle certificazioni di conformità dei CCI alla norma. Sicuramente anche per i DSO non è stato facile mettere in piedi una struttura che potesse adempiere a questo obbligo imposto dall’autorità. Mi auguro che ora, dopo due anni, sia pronta a scalare la struttura su un volume molto più ampio, con prove da eseguire più frequentemente e più approfondite.
Voi avete presentato anche la vostra strategia commerciale, anche in collaborazione con partner come integratori, società di ingegneria e installatori specializzati. Corretto? Quali sono le tempistiche necessarie per andare a regime con le vostre soluzioni CCI?
Il prodotto CCI è già pronto, sin dall’inizio il nostro CCI era dotato delle funzioni PF2 e PF3 per la controllabilità, le avevamo certificate e ne avevamo testato la compatibilità con i principali DSO nei loro laboratori. Abbiamo già pianificato le forniture e la produzione dei componenti necessari per i numeri previsti dalla Delibera.
Rispetto al nostro tradizionale modello, basato sulla vendita diretta chiavi in mano, in cui affiancavamo al prodotto anche i servizi necessari (Sopralluogo, Progettazione, Installazione, Messa in Servizio, Pratiche DSO), abbiamo aggiunto due canali di vendita: uno nel quale ci limitiamo alla vendita diretta del prodotto e affianchiamo al cliente un integratore nostro partner certificato per i servizi necessari, ed uno dove vendiamo indirettamente tramite distributori a valore aggiunto a installatori e manutentori, anch’essi partner certificati, che poi andranno sugli impianti e clienti finali.
I servizi sono, dal nostro punto di vista, l’aspetto chiave: il CCI non è un prodotto plug-and-play che può essere installato e acceso, magari nel quadro MT in cabina di consegna, ma è un sistema che va progettato e integrato con l’impianto, studiando caso per caso la strategia corretta in baso allo scenario, soprattutto per gli impianti esistenti più vecchi. Noi siamo già partiti con l’adeguamento dei primi impianti, quelli che conosciamo meglio, e crediamo che i nostri nuovi canali di vendita andranno a regime entro fine novembre, e saranno pronti per il picco che crediamo arrivi tra gennaio e marzo 2026.
Quali sono ancora i nodi da sciogliere?
Sempre meno. Molte associazioni stanno chiedendo proroghe, un allungamento delle scadenze: vedremo se Arera vorrà concederle. Dal mio punto di vista, il principale spauracchio era legato all’obbligo di sostituzione dei generatori non pilotabili, e sarà disinnescato dalla nota interpretativa che il CEI sta preparando. Per il resto è importantissimo lavorare sulla formazione di integratori che possano raggiungere quanti più impianti possibili nell’arco dei prossimi 18 mesi: un obiettivo difficile ma a mio avviso raggiungibile.
Altre considerazioni?
La delibera 385/25 e la revisione 2 dell’A72 rappresentano il più concreto passo in avanti verso le Smart Grid che facciamo, come settore, da quando esistiamo. E probabilmente ce ne saranno altri, perché l’obiettivo di Terna e del CEI è di installare il CCI su più impianti possibili e arricchirlo, in futuro, di altre funzionalità, in linea con la nuova Revisione 2 della “Rules for Generators” in preparazione in seno all’EntsoE europeo. L’obiettivo è di coinvolgere sempre più la generazione distribuita nella gestione della rete, e permetterne quindi una maggiore diffusione.
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