Il rischio idrogeologico blocca il parco fotovoltaico di Castel San Pietro Terme

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Il progetto presentato nel 2024 da Ren Solar One prevedeva la realizzazione di due impianti fotovoltaici a terra nell’area dell’ex cava di via Corlo a Castel San Pietro Terme (BO). Secondo la documentazione ufficiale depositata presso la Regione Emilia-Romagna e il Comune, la potenza nominale complessiva dei due impianti era pari a circa 28,7 MW, suddivisi in due lotti: uno da 16,25 MW e l’altro da 12,45 MW.

L’area interessata dal progetto si estendeva su circa 45 ettari, una superficie significativa che avrebbe richiesto la realizzazione di una stazione elettrica di connessione alla rete nazionale.​

L’iter amministrativo ieri ha visto una svolta: con un’ordinanza datata appunto 27 ottobre 2025, il Consiglio di Stato ha respinto la richiesta avanzata da Ren Solar di sospendere il provvedimento di diniego emesso da Arpae Emilia-Romagna già in fase istruttoria per la costruzione del parco fotovoltaico.

La valutazione tecnica è stata condotta insieme all’Agenzia per la sicurezza territoriale e la protezione civile, e la Conferenza dei servizi, condividendo le criticità, ha rigettato la richiesta di autorizzazione unica

“Il diniego si fonda su problematiche di compatibilità idraulica, in quanto la stazione elettrica progettata dalla società sarebbe collocata in un’area, posta a sud del tracciato autostradale, destinata in futuro alla realizzazione delle casse di espansione del fiume Sillaro”, ha scritto Arpae dell’Emilia-Romagna ieri in una nota.

Il pronunciamento, quindi, conferma quanto già stabilito dal Tar di Bologna e ribadisce la prevalenza dell’interesse pubblico alla prevenzione dei rischi idrogeologici rispetto alla realizzazione del progetto.

Arpae, che aveva espresso parere negativo al progetto già nelle fasi istruttorie, ha sottolineato come la decisione sia stata assunta a seguito di una valutazione tecnica approfondita condotta congiuntamente all’Agenzia regionale per la sicurezza territoriale e la protezione civile, sottolineando che tale collocazione è stata ritenuta incompatibile con le esigenze di sicurezza idraulica e di laminazione delle piene.

Il Consiglio di Stato, nel motivare l’ordinanza, ha richiamato il principio secondo cui, nella fase cautelare del contenzioso, deve prevalere la necessità di evitare l’aggravamento di potenziali situazioni di rischio per il territorio e la popolazione. La vicenda torna ora al Tar di Bologna, che dovrà esaminare il merito del ricorso e pronunciarsi in via definitiva, ma nel frattempo il diniego di Arpae rimane pienamente efficace.

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