pv magazine Italia ha avuto il piacere di sentire Andrea Ghiselli, AD di EF Solare Italia, per capire il punto di vista del primo operatore fotovoltaico in Italia sul bando Agrivoltaico e in generale sui progetti agrivoltaici in Italia. Secondo Ghiselli c’è molto interesse per l’agrivoltaico da parte degli operatori e del mondo agricolo, sopratutto per grandi impianti. “Il contingente dedicato ai piccoli impianti non è stato saturato, quello dedicato alle aste, al contrario, ha visto un’aggiudicazione di due volte e mezzo rispetto al contingente iniziale”, ha detto Ghiselli, aggiungendo che l’elevazione “dei pannelli è una soluzione semplice ed efficace per conciliare aspetti agricoli ed elettrici, garantendo la massima flessibilità anche in termini di rotazione colturale”. Secondo Ghiselli, tutte le tipologie di agrivoltaico consentono esternalità positive che permettono di conciliare le due attività, creando una serie di esternalità positive che potrebbero portare l’LCOE a valori inferiori rispetto agli impianti fotovoltaici a terra. L’AD di EF Solare Italia chiede poi una definizione di agrivoltaico condivisa.
Cosa pensate dei risultati del secondo bando del DM Agrivoltaico Pnrr? Come li percepite?
Nel secondo bando del DM Agrivoltaico PNRR sono stati assegnati tra aste e registri più di 360 milioni di euro distribuiti su oltre 650 MW. Se però guardiamo al dato complessivo di entrambi i bandi arriviamo ad un contributo totale di quasi 1,1 miliardi di € distribuiti su più di 2 GW di progetti. Quindi sicuramente il primo segnale che ne deduciamo è il grande interesse da parte degli operatori e del mondo agricolo per questa tipologia installativa.
Ora quello su cui riteniamo che le istituzioni debbano riflettere è come creare le condizioni per poter “mettere a terra” tali progetti. La scadenza del 30 giugno 2026 per la realizzazione rimane molto sfidante soprattutto per quei progetti che hanno partecipato ai bandi (e in particolare al secondo) e per i quali è in corso di completamento il processo autorizzativo. Questo evidenzia che sarebbe stato ed è a maggior ragione ora necessario prevedere delle semplificazioni o forme di accelerazione per i progetti eligibili ai fini PNRR, proprio per aumentare la possibilità di realizzazione di impianti agrivoltaici innovativi. Se a questo aggiungiamo la presenza in alcune regioni come la Sardegna, in cui si registra un fermo complessivo delle attività autorizzative in attesa di ricorsi nei confronti del governo centrale, il quadro si complica. È, pertanto, fondamentale che si trovino soluzioni volte a tutelare i progetti che sono risultati aggiudicatari dei bandi, ma che rischiano di non rispettare le tempistiche previste per motivi esogeni, non a loro imputabili.
Ci sono aspetti che vi hanno sorpreso in positivo o in negativo?
Un aspetto che rileviamo è il segnale verso lo sviluppo dell’agrivoltaico nel settore utility scale. Il contingente dedicato ai piccoli impianti non è stato saturato (complessivamente si è arrivati al 84%), quello dedicato alle aste, al contrario, ha visto un’aggiudicazione di due volte e mezzo rispetto al contingente iniziale. Questo a significare la necessità di un approccio industriale per tali progetti sia dalla parte energetica che agricola.
Altro elemento che abbiamo osservato è la rinuncia di oltre 260 MW che erano risultati aggiudicatari. Questo non deve fare pensare ad un disinteresse sopravvenuto nei confronti delle iniziative agrovoltaiche e neanche ad un’eccessiva complessità industriale delle stesse. Questo testimonia piuttosto l’oggettiva difficoltà nel portare a termine i processi burocratico amministrati del nostro Paese nei tempi dettatati dalle previsioni Pnrr e si ricollega al fatto che, nonostante gli operatori in più occasioni lo abbiano evidenziato, non è stato definito un percorso differenziato o qualche forma di prioritizzazione autorizzativa per progetti potenzialmente eligibili ai fondi Pnrr.
Ci sono alcuni esperti del settore che continuano a criticare la scelta di supportare progetti agriPV con moduli a più di 2 metri. Secondo loro la scelta potrebbe risultare negativa per l’intero settore. Voi cosa ne pensate?
Innanzitutto una premessa: il criterio dell’elevazione degli impianti agrivoltaici è stato introdotto in Italia per la prima volta nel 2022 dalle Linee Guida Mase (ex Mite), sulla scorta della DIN Spec 91434 tedesca, non per definire quali progetti possano essere considerati agrivoltaici e quali no, bensì per distinguere le diverse tipologie di agrivoltaico (agrivoltaico elevato, interfilare, verticale). Le possibili configurazioni dei sistemi agrivoltaici, infatti, sono molteplici, ognuna caratterizzata da diversi vantaggi, livelli di esternalità positive, costi ed ambiti di applicazione. Tutte le tipologie di agrivoltaico consentono esternalità positive che permettono di conciliare le due attività. Anche noi, come altri operatori sul mercato, le sviluppiamo in base alle esigenze del territorio e degli agricoltori con cui collaboriamo.
L’agrivoltaico elevato abbinato a sistemi di monitoraggio avanzati, è la prima tipologia di agrivoltaico che ha trovato supporto da parte del decision maker italiano (DM Agrivoltaico Pnrr) perché, da diverse esperienze internazionali, si evince come l’elevazione dei pannelli è una soluzione semplice ed efficace per conciliare aspetti agricoli ed elettrici, garantendo la massima flessibilità anche in termini di rotazione colturale. In particolare, consente una grande flessibilità sia nella gestione del campo (operatività delle macchine agricole), sia del piano agronomico dell’azienda durante tutta la vita utile dell’impianto (possibilità di adattare le colture nel tempo).
Supportare le forme evolute di agrivoltaico è coerente con una strategia nazionale che vede da un lato la necessità di produrre sempre più energia green, dall’altra di preservare e valorizzare il settore primario. Ciò è ancora più vero se consideriamo le prime evidenze dello studio presentato da Althesys in occasione dell’Assemblea soci di Aias (Associazione Italiana Agrivoltaico Sostenibile) ad aprile di quest’anno. L’agrivoltaico elevato ha un LCOE (Levelized Cost of Electricity) maggiore rispetto a quello di un impianto fotovoltaico a terra, ma se venissero monetizzate tutte le esternalità positive aggiuntive che genera, avremmo un LCOE addirittura inferiore.
Questo significa che, a livello di sistema, supportare un agrivoltaico non è approvvigionare energia elettrica ad un costo maggiore, in quanto vanno considerate tutte le ricadute per tutti i soggetti economici e le comunità in cui vengono installati che più che compensano tale costo aggiuntivo.
Rimanendo ancora per un attimo nel contesto italiano, si può infine chiosare sul fatto che esistono altre FER innovative con LCOE bene più significativi e meno integrate ed integrabili nei territori che godono di forme di supporto importanti ma che non sono al centro di critiche. Probabilmente è quindi la prospettiva da cui si analizza l’approccio che non è completamente oggettiva.
E a livello europeo?
Se poi solleviamo lo sguardo e ci confrontiamo con il contesto europeo, questo tipo di approccio è coerente e si inserisce alle migliore pratiche del nostro continente.
In Germania, il Solar Paket I che ha come obiettivo di accelerare l’espansione dell’energia solare, prevede, dopo aver creato un cluster dedicato agli “impianti solari speciali” tra cui si annovera anche l’agrivoltaico elevato > 2.10 m e verticale > 0.8 m di altezza da terra, l’ente regolatore tedesco, Bundesnetzagentur (BNetzA) ha disegnato: (i) un segmento ad hoc per l’agrivoltaico nell’ambito delle procedure di gara dedicate al fotovoltaico, (ii) un prezzo di esercizio più alto rispetto a quello riconosciuto agli impianti fotovoltaici “standard”; (iii) uno schema di priorità nell’aggiudicazione nell’ambito della procedura d’asta che sarà ripartita in due fasi (si satura prima il contingente dedicato agli impianti speciali e poi quello dedicato agli impianti standard). Attualmente tali misure sono al vaglio della Commissione Europea per la verifica di compatibilità rispetto alla disciplina sugli aiuti di Stato; nel frattempo, sono riconosciuti dei bonus di diverso valore per i progetti agrivoltaici elevati e per quelli verticali in caso di partecipazione alle aste FER.
In Spagna, sebbene il Paese sia nelle prime fasi di sviluppo della disciplina regolatoria in materia di agrivoltaico, nell’ambito del piano nazionale di transizione, recupero e resilienza co-finanziato con fondi Next Generation EU è stato previsto un programma dedicato allo sviluppo di tecnologie innovative, tra cui l’agrivoltaico. Nello specifico, sono stati erogati fondi ad impianti agrivoltaici co-locati con BESS caratterizzati da (i) strutture sopra coltivazione con altezza > 4 m (es. per olivo/frutteti), (ii) strutture con altezza 2-4 m, ovvero (iii) interfilari. È notizia di qualche giorno fa, inoltre, che la Spagna ha adeguato il piano strategico nazionale della PAC (Politica Agricola Comune); in particolare è stata introdotta una differenziazione normativa tra impianti su terreni agricoli e sistemi agrivoltaici, promuovendo quest’ultima categoria come l’unica compatibile con l’agricoltura e con l’ammissibilità ai premi PAC.
Ci sono una serie di associazioni e istituzioni che procedono e continuano a creare know-how per sviluppare l’agrivoltaico e renderlo fattibile in diversi contesti, non solo a livello progettuale, ma anche a livello economico. State percependo un’accelerazione sulla ricerca in questo campo?
Come EF Solare, abbiamo creduto fin da subito alle potenzialità della ricerca sull’agrivoltaico. Infatti, siamo impegnati con l’Enea, anch’esso un precursore nella ricerca in quest’ambito, nello studio di due prototipi agrivoltaici, uno di tipo fisso ed uno ad inseguimento, nell’hub di Scalea (CS). Siamo inoltre partner del progetto europeo Symbiosyst coordinato dall’Eurac Research. Il progetto, realizzato e finanziato dalla Commissione Europea nell’ambito del progetto Horizon Europe (grant agreement 101096352), mira a sviluppare strategie e soluzioni tecnologiche, standardizzate ed economicamente vantaggiose, per aumentare la competitività dell’agrivoltaico in Europa, in sinergia con ambiente e paesaggio, proponendosi, inoltre, di divulgare la cultura dell’agrivoltaico così da portare il tema al centro del dibattito e delle politiche pubbliche.
Per quanto riguarda le associazioni, va sicuramente riconosciuto il grande lavoro in termini di ricerca, formazione e diffusione della conoscenza da parte di Aias – Associazione Italiana Agrivoltaico Sostenibile. Un progetto strategico in corso in questi mesi è il progetto Agrivoltaics Shared Value: a Concrete Path Forward, realizzato in collaborazione con la European Climate Foundation, che mira a promuovere l’adozione diffusa dei sistemi agrivoltaici per rafforzare la resilienza del settore agricolo, preservare la biodiversità, promuovere lo sviluppo economico sostenibile delle comunità rurali e valorizzare e tutelare l’identità culturale dei territori. Il progetto prevede la realizzazione di un docuweb e di un rapporto tecnico.
Inoltre, un altro progetto di interesse è quello già menzionato prodotto in collaborazione con Althesys, con l’obiettivo di quantificare le esternalità positive dell’agrivoltaico, che per il sistema paese ammonterebbero fino a 11,8 miliardi di euro e 19.000 posti di lavoro nell’intero ciclo di vita dei progetti.
Vediamo, quindi, sicuramente una spinta verso lo studio e la ricerca di questa tecnologia e dei suoi business model a tutti i livelli (fornitori di componentistica, IPP, advisor) e per entrambi i settori (energetico ed agricolo). L’obiettivo è quello di rendere questa soluzione sempre più scalabile al fine di aumentarne la velocità di diffusione, ottimizzando le sinergie che si riscontrano nell’integrazione dei due settori.
Secondo voi quando saranno disponibili dati per capire veramente il potenziale e le applicazioni migliori del agrivoltaico?
Il progetto Symbiosyst è partito nel gennaio 2023 e i risultati saranno resi pubblici al termine dei quattro anni di progetto, per diffonderne i benefici. Il progetto è molto ben avviato e sono stati realizzati gli impianti dimostrativi a Bolzano, Barcellona (l’inaugurazione si è tenuta il 24 ottobre) e Lierop (Olanda), a cui si aggiunge il revamping di quello di Scalea (Calabria) lanciato da EF Solare nel 2021. Sicuramente questo importante progetto di ricerca ci aiuterà a definire un quadro più chiaro delle diverse applicazioni agrivoltaiche e del loro possibile contributo al settore elettrico e a quello agricolo.
Nell’attesa, gli impianti agrivoltaici utility scale che stanno man mano entrando in esercizio contribuiranno certamente a definire delle best practice per il settore. Dal 1° gennaio 2025, infatti, le Regioni hanno rilasciato autorizzazioni uniche per oltre 25 GW, di cui circa 11 GW agrivoltaico e 8 GW fotovoltaico a terra. Particolarmente rilevanti saranno gli impianti PNRR, che entreranno in esercizio a partire dalla seconda metà del 2026 (oltre 1,5 GW di capacità coperti solo dalla prima asta) e, grazie ai sistemi di monitoraggio avanzati restituiranno dati puntuali sulle performance agricole ed energetiche.
Infine, a breve verranno pubblicati i risultati completi dei due studi promossi da Aias menzionati in precedenza. In particolare, nel corso di un convegno che si terrà a Roma il prossimo 26 novembre, Aias ed Althesys forniranno una trattazione approfondita dei benefici dell’agrivoltaico per le comunità locali e per il sistema Paese.
E il ruolo dell’agrivoltaico in altri sistemi di supporto al fotovoltaico? Come la percepite?
Per le caratteristiche e il potenziale di creazione di valore sociale intrinseco ai sistemi agrivoltaici auspichiamo la definizione di corsie dedicate per l’accesso ai sistemi di supporto anche oltre al DM Pnrr, che, pur rappresentando un volano efficace per dare impulso allo sviluppo industriale del settore, manca di fornire agli investitori una prospettiva di almeno medio termine, a differenza ad esempio di sistemi come il Fer X.
Dal punto di vista politico e delle amministrazioni locali vediamo una volontà di promuovere questa tecnologia, ma non ritroviamo un riscontro concreto nei meccanismi regolatori che si stanno definendo. È, invece, fondamentale dare una visione di medio periodo per stimolare gli investimenti e sostenere questa traiettoria di sviluppo. Purtroppo ad oggi né nel DM Fer 2 né nel DM Fer X sono presenti contingenti ad hoc per l’agrivoltaico, capaci di riconoscerne il valore aggiunto.
Altre considerazioni?
Riteniamo che per sbloccare gli investimenti nell’agrivoltaico, oltre ai sistemi di supporto già menzionati, sia indispensabile una definizione di agrivoltaico condivisa, che riconosca le peculiarità dei progetti in grado di garantire la più virtuosa integrazione con l’attività agricola e le migliori performance ambientali. La definizione risulterebbe rilevante anche nel processo di individuazione delle aree idonee, poiché non tutte le regioni hanno definito una disciplina specifica per l’agrivoltaico. Inoltre, sarebbe un interessante volano anche prevedere degli iter autorizzativi accelerati per queste tipologie di impianto. La revisione del Testo Unico FER rappresenta un’opportunità in questo senso, alla luce dell’importanza dell’agrivoltaico per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione nel rispetto degli interessi del settore primario.
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