DL Aree Idonee, studio NexAmm: necessario introdurre disciplina transitoria nella conversione del decreto

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Feliciano Palladino, fondatore e managing director di NexAmm, spiega a pv magazine Italia che il DL Aree Idonee restringe le aree agricole disponibili per l’installazione di impianti fotovoltaici con moduli a terra e limita il potere regionale nella definizione di aree agricole. L’avvocato di NexAmm spiega poi il tema delle soglie per aree idonee aggiuntive volute dalla Regioni (aree agricole idonee, che non potranno superare il 3 per cento delle superfici agricole utilizzate).

“Il D.L. Aree Idonee non contiene una disciplina transitoria. Questo significa che le nuove norme trovano applicazione anche ai procedimenti in corso, seppur con le precisazioni che ho già riportato. È facile comprendere quali potrebbero essere le conseguenze: gli impianti localizzati in aree che hanno perso la qualifica di idoneità perderanno i vantaggi accordati ai progetti in area idonea, compresa l’esclusione dalle procedure ambientali o l’accesso a procedure autorizzative semplificate sotto determinate soglie. I relativi procedimenti dovranno essere riavviati o, quantomeno, subiranno forti rallentamenti”, ha concluso Palladino.

Potrebbe spiegare le ricadute del DL Aree idonee sul fotovoltaico a terra? La riduzione o l’eliminazione di alcune aree idonee si ripercuote sulla possibilità di installare FV a terra su aree dove prima era consentito? Può dare una misura di questo cambiamento?

In generale, si può affermare che il D.L. n. 175/2025 ha ulteriormente circoscritto l’estensione e la consistenza delle aree agricole disponibili per l’installazione di impianti fotovoltaici con moduli a terra. Le modifiche più significative riguardano l’area buffer intorno agli stabilimenti industriali, che passerà da 500 a 350 metri, e la nuova definizione di stabilimento, che comporterà un’ulteriore diminuzione delle aree compatibili con il fotovoltaico, limitando l’applicazione del buffer (peraltro ridotto) ai soli impianti e siti soggetti ad Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA). Sebbene di minore rilevanza, va poi segnalata l’esclusione dalle superfici ancora disponibili per il fotovoltaico dei siti di proprietà del Gruppo Ferrovie dello Stato, dei gestori di infrastrutture ferroviarie e delle società concessionarie autostradali. Tutto questo, ovviamente, in attesa che la Corte Costituzionale si pronunci sul D.L. Agricoltura, dalla cui illegittimità potrebbero derivare conseguenze importanti.

Il DL Aree idonee introduce anche specifiche che sembrano andare verso una limitazione del potere regionale, giusto? Se non sbaglio, le regioni possono individuare soltanto ulteriori aree idonee rispetto a quelle nazionali (in applicazione dei principi dettati dal Giudice Amministrativo). Corretto? Può spiegare?

L’art. 11-bis, comma 3, del TU FER, introdotto dal DL Aree Idonee, prevede espressamente che le Regioni possano individuare soltanto “ulteriori aree” rispetto a quelle già qualificate come idonee a livello statale. È stata, dunque, attribuita forza di legge al principio enucleato in tempi recenti dal Giudice Amministrativo circa l’inderogabilità, da parte delle Regioni, delle aree idonee individuate dalla normativa statale.

Cosa potrebbe succedere se le regioni non si adeguassero a questa limitazione?

Lo Stato avrà la facoltà di esercitare il potere sostitutivo e di impulso previsto dall’art. 41 della Legge n. 234/2012. Si tratta di un potere piuttosto pregnante, che consente al legislatore nazionale di intervenire nelle materie di competenza delle Regioni e delle Province autonome al fine di porre rimedio all’eventuale inerzia dei suddetti enti nel dare attuazione a normative europee. Ricordiamoci, infatti, che la disciplina in materia di aree idonee è di derivazione eurounitaria, in quanto recepisce i principi dettati dalla direttiva RED II.

Potrebbe spiegarci il tema delle soglie? Da quanto ho capito da esperti, il DL 175/2025 introduce la possibilità, per le regioni, di introdurre un cap alle aree agricole che possono essere considerate idonee e questo limite può essere imposto anche a livello comunale, corretto? Cosa vuol dire praticamente? E come funziona praticamente il meccanismo?

La norma che viene in rilevo è l’articolo 11-bis, comma 4, lett. g), del Testo Unico FER. L’attuale formulazione parrebbe suggerire che l’introduzione di un cap all’utilizzo delle aree agricole non sia una facoltà, ma un vero e proprio obbligo in capo alle Regioni: il legislatore nazionale intende limitare “a monte” le aree agricole idonee, che non potranno superare il 3 per cento delle superfici agricole utilizzate (SAU) all’interno del territorio regionale. È bene chiarire che questa limitazione riguarda le “ulteriori aree” che saranno individuate dalle singole Regioni e non opera, invece, con riferimento alle aree idonee stabilite a livello nazionale. Rappresenta, invece, una mera facoltà l’indicazione di specifiche soglie a livello comunale: questo significa che le Regioni potranno decidere di distribuire il 3 per cento del suolo agricolo idoneo su tutto il proprio territorio, assegnando quote anche ai Comuni che non presentano le caratteristiche necessarie per l’installazione di impianti FER. Tali Comuni, pertanto, non utilizzeranno la quota assegnata. Non sarà, invece, consentita l’installazione di ulteriori impianti nei Comuni maggiormente attrattivi, nei quali la quota attribuita a livello regionale risulterà già completamente assorbita.

Alcuni esperti ci hanno detto che “C-ter e c-quater: non sono formalmente abrogate, ma risultano di fatto superate da una norma primaria più rigida che ridefinisce perimetri e criteri, creando inevitabilmente un problema di coordinamento con l’art. 20 del D.Lgs. 199/2021, che resta in vigore”. Secondo lei è corretto?

Ritengo necessaria una precisazione. L’art. 2 del D.L. n. 175/2025 inserisce l’articolo 20 del D.Lgs. n. 199/2021 nell’elenco delle norme abrogate del Testo Unico FER (Allegato D del D.lgs. n. 190/2024). Il Testo Unico contiene, però, una norma di salvaguardia: l’art. 15 prevede, infatti, che le norme abrogate continuano ad applicarsi ai procedimenti in corso al momento dell’entrata in vigore del Testo Unico, a condizione che sia già stata verificata la completezza documentale dell’istanza.

In sintesi, si configurano due regimi: per i procedimenti in corso alla data del 30 dicembre 2024, l’articolo 20 del D.Lgs. n. 199/2021 continua a trovare applicazione e i progetti localizzati nelle aree c-ter e c-quater possono ancora ritenersi in area idonea. I procedimenti avviati dopo l’entrata in vigore del TU FER, invece, saranno soggetti al nuovo regime introdotto dal D.L. Aree Idonee e si dovrà, pertanto, verificare se l’area prescelta per realizzare l’impianto ricada nel nuovo elenco oppure sia stata esclusa.
È uno scenario oggettivamente complesso e ritengo che non fosse questa la reale intenzione del legislatore. Tuttavia, in assenza di una normativa transitoria che definisca i limiti di applicabilità della nuova disciplina, la situazione è quella che ho appena descritto.

Da quanto mi sembra di capire il legislatore non ha comunque corretto “l’errore” presente nel D.Lgs. n. 199/2021 e ha previsto il recepimento con legge regionale. Corretto? Può spiegare?

Purtroppo no. Come già nel D.lgs. n. 199/2021, la delega per l’individuazione delle ulteriori aree idonee dovrà essere esercitata con Legge Regionale. Come ricordiamo tutti, le Linee Guida Nazionali (DM 10 settembre 2010) attribuivano alle Regioni il potere di individuare le aree non idonee mediante atti di programmazione aventi natura di provvedimenti amministrativi, come tali impugnabili innanzi al Giudice Amministrativo, il quale poteva annullarli o sospenderli in caso di violazione dei principi nazionali.
La scelta di consentire alle Regioni di individuare le aree idonee con atti aventi forza di legge comporta che eventuali violazione dei principi dettati dal D.L. Aree Idonee dovranno essere fatti valere alla Corte Costituzionale, che ha tempi certamente più dilatati rispetto al Giudice Amministrativo. A mio avviso, le recenti esperienze avrebbero dovuto suggerire una scelta diversa.

In generale, quale il rapporto tra il coordinamento tra l’art. 20 Dlgs 199/2021 e il DL 175/2025? Manca una disciplina transitoria, corretto?

Il D.L. Aree Idonee non contiene una disciplina transitoria. Questo significa che le nuove norme trovano applicazione anche ai procedimenti in corso, seppur con le precisazioni che ho già riportato. È facile comprendere quali potrebbero essere le conseguenze: gli impianti localizzati in aree che hanno perso la qualifica di idoneità perderanno i vantaggi accordati ai progetti in area idonea, compresa l’esclusione dalle procedure ambientali o l’accesso a procedure autorizzative semplificate sotto determinate soglie. I relativi procedimenti dovranno essere riavviati o, quantomeno, subiranno forti rallentamenti. Si tratta di conseguenze evidentemente inaccettabili; per questo ritengo che, in sede di conversione del decreto, si interverrà introducendo una disciplina transitoria che faccia salvi gli effetti prodotti dalla normativa previgente per i procedimenti in corso.

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