pv magazine Italia ha avviato di recente la collaborazione con Giovanni Giustiniani, Senior Permitting & Environmental Consultant presso Nexta Capital Partners. Giustiniani passerà in rassegna, attraverso due rubriche mensili, le principali novità normative e giurisprudenziali per il mondo del fotovoltaico. Pubblichiamo oggi la rubrica sugli sviluppi giurisprudenziali di novembre, pubblicata lunedì invece quella sugli sviluppi normativi.
SUMMARY
T.A.R. Puglia, Bari, Sez. II, sentenza 3 novembre 2025, n. 1253 – Sul funzionamento della conferenza di servizi e sulla efficacia non vincolante dei pareri espressi dalle autorità attributarie di interessi sensibili – Sul difetto di motivazione e di istruttoria del diniego di AU per non essere stati valutati autonomamente i presupposti per il rilascio del provvedimento anche alla luce della natura dell’interesse pubblico prevalente del progetto – Sul dissenso costruttivo e sulla sua operatività in “sede” di conferenza di servizi
T.A.R. Puglia, Bari, Sez. II, ordinanza 5 novembre 2025, n. 386 – Sulla previsione di un criterio di precedenza cronologica nella trattazione delle istanze (Linee guida per la disciplina del procedimento di AU – DGR 7 luglio 2025, n. 933)
T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VII, sentenza 5 novembre 2025, n. 7142 – Sull’obbligo dell’Amministrazione in sede di riadozione dell’AU di avvalersi del modulo della conferenza di servizi e sulla sua natura
T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VIII, sentenza 6 novembre 2025, n. 7164 – Sulla conformità urbanistica dell’intervento e sul termine per agire in autotutela – Sulla ponderazione degli interessi pubblici “in sede” di autotutela e sull’interesse pubblico prevalente alla realizzazione di impianti FER – Sugli obblighi in capo al Comune di contestare il mancato coinvolgimento della Soprintendenza entro il termine prescritto per l’esercizio del potere di autotutela e di conseguire ab initio il relativo parere
T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. V, sentenza 10 novembre 2025, n. 2465 – Sulla irrilevanza dei siti di interesse archeologico e dei beni isolati ricompresi nel buffer ex art. 20, comma 8, lett. c-quater, D. Lgs. n. 199/2021, ai fini dell’idoneità dell’area – Sulla violazione del principio del dissenso costruttivo da parte della Soprintendenza
T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. V, ordinanza 10 novembre 2025, n. 621 – Sulla sostituzione del concerto della Regione Siciliana con la regolare conclusione della conferenza di servizi (dissenso, prevalenza dell’interesse pubblico perseguito e opposizione alla Presidenza del Consiglio dei Ministri)
T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. II, sentenza 10 novembre 2025, n. 3192 – Sull’obbligo dell’Amministrazione a provvedere sull’istanza di voltura
Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 18 novembre 2025, n. 9022 – Sulla disponibilità del suolo
T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. I, sentenza 26 novembre 2025, n. 3373 – Sulla violazione del principio del contraddittorio da parte di ARTA e relativa illegittimità del giudizio negativo di compatibilità ambientale
T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. I, sentenza 26 novembre 2025, n. 3377 – Sull’onere in capo al Comune di motivare il diniego di PAS e sulla illegittimità del parere della Soprintendenza reso al di fuori della conferenza di servizi
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FONTI FER | PRINCIPI GENERALI
T.A.R. Puglia, Bari, Sez. II, sentenza 3 novembre 2025, n. 1253
Sul funzionamento della conferenza di servizi e sulla efficacia non vincolante dei pareri espressi dalle autorità attributarie di interessi sensibili
“Va infatti messo in luce che la normativa di riferimento in materia di Conferenza dei servizi prevede oggi che:
– all’esito dell’ultima riunione, l’amministrazione procedente adotta la determinazione motivata di conclusione della conferenza, con gli effetti di cui all’articolo 14-quater, sulla base delle posizioni prevalenti espresse dalle amministrazioni partecipanti alla conferenza tramite i rispettivi rappresentanti (v. art. 14-ter, comma 7, della legge n. 241/90);
– la determinazione motivata di conclusione della Conferenza, adottata dall’Amministrazione procedente, sostituisce a ogni effetto tutti gli atti di assenso di competenza delle amministrazioni (v. art. 14-quater, comma 1);
– in caso di approvazione unanime la determinazione di conclusione della Conferenza è immediatamente efficace, mentre in caso di approvazione sulla base delle posizioni prevalenti l’efficacia della determinazione è sospesa per il tempo utile a presentare opposizione ai sensi dell’art. 14-quinquies della legge n. 241/90 (v. art. 14-quater, comma 3);
– avverso la determinazione motivata di conclusione della Conferenza “le amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali o alla tutela della salute e della pubblica incolumità dei cittadini possono proporre opposizione al Presidente del Consiglio dei ministri a condizione che abbiano espresso in modo inequivoco il proprio motivato dissenso prima della conclusione dei lavori della conferenza” (v. art. 14-quinquies della legge n. 241/90).
Il modulo procedimentale della Conferenza dei servizi ha quindi registrato il superamento, per effetto della cd. Riforma Madia, dell’originaria regola della decisione da adottare necessariamente con l’unanimità delle posizioni. Ne consegue che nessun parere espresso in Conferenza da autorità attributarie di interessi pubblici può assumere efficacia vincolante ai fini della decisione dell’autorità procedente. Mentre quindi è previsto che la decisione possa intervenire sulla base delle posizioni prevalenti, sono anche consentiti rimedi per le Amministrazioni dissenzienti, ai sensi dell’articolo 14-quinquies della legge n. 241 del 1990 (…).
(…) Il diniego impugnato presenta, pertanto, profili di contrasto con la sopra richiamata normativa perché la Regione ha motivato il provvedimento sfavorevole unicamente sulla base del parere negativo della Sezione Paesaggio attribuendo a quest’ultima articolazione dell’Ente un insussistente potere di veto (…)”.
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Sul difetto di motivazione e di istruttoria del diniego di AU per non essere stati valutati autonomamente i presupposti per il rilascio del provvedimento anche alla luce della natura dell’interesse pubblico prevalente del progetto
“(…) il provvedimento di diniego risulta altresì illegittimo per eccesso di potere sub specie di difetto di motivazione e di istruttoria in quanto l’Autorità procedente non ha svolto alcuna autonoma valutazione rispetto ai presupposti di rilasciabilità dell’Autorizzazione unica limitandosi a ritenere vincolante il parere della Sezione Paesaggio.
Un’azione amministrativa coerente con la normativa e la giurisprudenza di riferimento (cfr., ex plurimis, Cons. St., V, sent. n. 6273/2018, secondo cui “resta ferma l’autonomia del potere provvedimentale dell’Autorità, purché dotato di adeguata motivazione”) avrebbe imposto all’Autorità procedente di valorizzare autonomamente:
– la quasi unanimità di pareri favorevoli pervenuti anche da parte di amministrazioni preposte alla tutela di interessi sensibili;
– la circostanza che il progetto non ricada in area non idonea in base al d.m. 10.9.2010, criterio preferenziale per la localizzazione degli impianti FER nel contesto territoriale di riferimento e in un sito privo di vincoli paesaggistici e culturali;
– la natura recessiva e non vincolante del parere della Sezione Paesaggio in base alla rinnovata formulazione dell’art. 12 del d.lgs. n. 387/2003 (come modificato dal d.l. 13/2023) nonché ai sensi del combinato disposto dell’art. 12, comma 1-quater, del d.l. n. 17/2022 con l’art. 22 del d.lgs. n. 199/2021;
– la natura di interesse pubblico del progetto, strategico ai fini della implementazione del PNRR, come affermato dalla giurisprudenza di riferimento secondo cui “la produzione di energia elettrica da fonte solare è essa stessa attività che contribuisce, sia pur indirettamente, alla salvaguardia dei valori paesaggistici” (cfr. in specie C. di S. -Sez. VI- 23.3.2016, n. 1201)” (cfr., Cons. St., VI, sent. n. 2983/2021) e, da ultimo, dal Regolamento UE n. 2577/2022 secondo cui la realizzazione di impianti FER prevale su altri interessi in potenziale conflitto (sul punto, cfr., TAR Bari, II, sent. n. 529/2023, secondo cui “Assume rilievo anche il Regolamento U.E. n. 2577/2022 che ha qualificato gli impianti alimentati da fonti rinnovabili di interesse pubblico prevalente, di guisa che gli atti gravati non appaiono congruamente motivati, non sussistendo alcuna ragione per ritenere sussistenti profili di incompatibilità ambientale o paesaggistica, in assenza di espressi vincoli”)”.
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Sul dissenso costruttivo e sulla sua operatività in “sede” di conferenza di servizi
“Anche detto parere – fatto oggetto dei primi motivi aggiunti – risulta illegittimo per violazione del principio del dissenso costruttivo, come correttamente messo in luce dalla difesa della società ricorrente.
Al riguardo, l’art. 14-bis, comma 3, della legge n. 241/90 stabilisce che “tali determinazioni, congruamente motivate, sono formulate in termini di assenso o dissenso e indicano, ove possibile, le modifiche eventualmente necessarie ai fini dell’assenso. Le prescrizioni o condizioni eventualmente indicate ai fini dell’assenso o del superamento del dissenso sono espresse in modo chiaro e analitico e specificano se sono relative a un vincolo derivante da una disposizione normativa o da un atto amministrativo generale ovvero discrezionalmente apposte per la migliore tutela dell’interesse pubblico”. Inoltre, l’art. 14-ter, comma 3, della legge n. 241/90 prescrive che “ciascun ente o amministrazione convocato alla riunione è rappresentato da un unico soggetto abilitato ad esprimere definitivamente e in modo univoco e vincolante la posizione dell’amministrazione stessa su tutte le decisioni di competenza della conferenza, anche indicando le modifiche progettuali eventualmente necessarie ai fini dell’assenso”.
Il combinato disposto di tali previsioni codifica l’obbligo delle pp.aa. interessate di: (i) partecipare alle sedute della conferenza; (ii) esprimere in modo univoco la propria posizione; (iii) indicare le modifiche progettuali necessarie ai fini del rilascio dell’assenso al progetto. (…)
Applicando le suesposte coordinate ermeneutiche al caso di specie, appare evidente l’illegittimità del parere della Sezione Paesaggio, la quale si è limitata: (i) a effettuare una generica descrizione dell’ambito di inserimento del Progetto (pagg. 1-3); (ii) a indicare la distanza del parco eolico da beni tutelati (con conseguente conferma che essi non sono interessati dal Progetto, cfr. pagg. 9-10); (iii) a ravvisare l’interferenza dei cavidotti interrati con alcuni ulteriori contesti paesaggistici (pagg. 6-7)”.
In definitiva, con modalità alquanto stereotipata, nel parere si legge che “l’impianto per dimensione e localizzazione si configura come un elemento estraneo ai caratteri identitari tipici del paesaggio nel quale si inserisce e contribuisce a frammentare ed alterare significativamente la percezione del contesto rurale esistente” (p. 9)”.
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FONTI FER | PRINCIPI GENERALI
T.A.R. Puglia, Bari, Sez. II, ordinanza 5 novembre 2025, n. 386
Sulla previsione di un criterio di precedenza cronologica nella trattazione delle istanze (Linee guida per la disciplina del procedimento di AU – DGR 7 luglio 2025, n. 933)
“Premesso che
– la società […] s.r.l. è destinataria di una dichiarazione di improcedibilità dell’istanza di autorizzazione unica alla realizzazione di un parco eolico inoltrata il (…);
– la dichiarazione di improcedibilità impugnata è frutto dell’applicazione di linee guida regionali varate con una delibera di Giunta regionale, che stabiliscono appunto di non processare domande di localizzazione di impianti su siti già opzionati da altro proponente con istanze pervenute ad una fase istruttoria avanzata o, addirittura, culminate nel rilascio di un provvedimento di autorizzazione (cfr. punto 4.5. dell’Allegato A della D.G.R. n. 933 del 7 luglio 2025, ndr);
Considerato che:
– la ricorrente sviluppa una serie di censure che mirano a rilevare come la declaratoria secca di improcedibilità di un’istanza comprometta l’iniziativa imprenditoriale e la relativa libertà costituzionalmente protetta;
Ritenuto che,
– ad un sommario esame tipico della presente fase incidentale cautelare la previsione di un criterio di precedenza cronologica nella trattazione delle istanze in questa materia risponda a criteri di ragionevolezza ed efficienza dell’azione amministrativa, oltreché funzionale a evitare la saturazione della rete di trasmissione nazionale in alcune zone del territorio anche al fine di scongiurare preventivamente gli impatti cumulativi;
-nel caso in esame, la domanda della ricorrente sia stata legittimamente dichiarata improcedibile in quanto presentata appena a (…), laddove le società i cui impianti interferiscono sul progetto della (…) s.r.l. hanno già conseguito l’Autorizzazione unica, o la Via, oppure sono in avanzata fase istruttoria;
– il danno economico lamentato dalla ricorrente, inclusi gli oneri istruttori versati (…) euro per la VIA e (…) euro per l’AU), vada considerato alla stregua di un rischio d’impresa assunto volontariamente dalla società nel momento in cui ha scelto di presentare un’istanza per un impianto da (…) MW su un’area già notoriamente “opzionata” da altri operatori;
P.Q.M.
il Tribunale (…) respinge la suindicata domanda cautelare”.
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FONTI FER | PRINCIPI GENERALI
T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VII, sentenza 5 novembre 2025, n. 7142
Sull’obbligo dell’Amministrazione in sede di riadozione dell’AU di avvalersi del modulo della conferenza di servizi e sulla sua natura
“Nel caso in esame, la Regione – nel rideterminarsi – ha correttamente (…) considera(to, ndr) i fattori sopravvenuti, ma proprio in ragione dell’emersione di questi ultimi avrebbe dovuto “riportare” l’affare in conferenza di servizi.
Come noto, “la conferenza di servizi costituisce la sede esclusiva dove le amministrazioni interessate e convocate manifestano, con le forme prescritte, l’assenso o il dissenso rispetto al rilascio del richiesto titolo abilitativo, nell’ambito di un modulo procedimentale che conduce all’adozione del provvedimento da parte dell’autorità procedente, rispetto al quale la conferenza costituisce un passaggio prodromico, tenendo conto delle posizioni prevalenti espresse in quella sede (T.A.R. Umbria, Perugia, Sez. I, 09/04/2018, n. 197) –Consiglio di Stato, sez. I, parere n. 181/2023.
D’altronde, la regola operativa di cui all’art. 14 ter, comma 7, l. n. 241/1990, secondo cui la decisione si forma “sulla base delle posizioni prevalenti espresse dalle amministrazioni partecipanti alla conferenza tramite i rispettivi rappresentanti”, non si ispira ad un criterio di carattere meramente quantitativo, ma è intesa a fissare l’esigenza, tipica del modulo decisorio de quo incentrato sulla valutazione contestuale e condivisa degli interessi pubblici coinvolti, di superare un metodo di gestione “solitaria” e “frammentaria” del procedimento (o dei procedimenti connessi o collegati) e degli interessi pubblici sottesi, sulla scorta di un apprezzamento congiunto degli stessi, indipendentemente dalla relativa imputazione soggettiva, la cui sintesi viene demandata, sulla base appunto delle “posizioni prevalenti” emerse in seno alla Conferenza, al Responsabile Unico del Procedimento” – Consiglio di Stato, sez. III, sent. 23/03/2022, n. 2127.
Aver negato l’autorizzazione sulla base di valutazioni assunte al di fuori della conferenza (benché oggetto della competenza tecnica specifica rivendicata in memoria dalla Regione) ha determinato uno sviamento dal modulo procedimentale previsto dall’art. 12 del d.lgs. 387/2013, in merito al quale si è notato come “la conferenza di servizi è il luogo, fisico e giuridico, dove devono confluire, per le evidenziate finalità di concentrazione perseguite dal legislatore nella materia, tutte le manifestazioni di volontà delle autorità coinvolte nel procedimento funzionale all’adozione(…) dell’autorizzazione unica” (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 10 marzo 2014, n.1144); e ciò, del resto, in linea con la previsione di cui all’art. 14.1 delle linee guida di cui al DM 10.9.2010 (…)”.
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FONTI FER | PRINCIPI GENERALI
T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VIII, sentenza 6 novembre 2025, n. 7164
Sulla conformità urbanistica dell’intervento e sul termine per agire in autotutela
“Nel caso di specie, il provvedimento in autotutela è intervenuto, da ultimo, in data 3 marzo 2025, ossia dopo ben due anni e mezzo dalla data di perfezionamento della prima PAS di Progetto (1° agosto 2022) e dopo più di 12 mesi dalla data di perfezionamento dell’ultima variante di Progetto (8 febbraio 2024), pertanto in violazione dei termini prescritti per l’intervento in autotutela.
Né a pretesa giustificazione dell’intervento tardivo il Comune può addurre la mancata dichiarazione della cessione dei diritti edificatori, atteso che anche tale elemento attiene alla conformità urbanistica per la quale il Comune avrebbe dovuto attivarsi nei tempi prescritti. Qualora, infatti, l’ente avesse ritenuto necessario il previo conseguimento di un titolo edilizio abilitativo avrebbe dovuto azionare in primis i propri poteri inibitori nel termine di trenta giorni, ingiungendo alla ricorrente di proporre la relativa istanza.
Ne consegue che non è ravvisabile quella “falsa rappresentazione della realtà” che poteva pregiudicare il tempestivo esercizio dei poteri inibitori o repressivi comunali, in quanto parte ricorrente aveva chiaramente rappresentato in cosa sarebbero consistite le opere da costruire per realizzare l’impianto, mentre sarebbe stato onere del Comune verificare che tali opere erano conformi agli strumenti urbanistici ed erano assentibili.
In altre parole, non può l’ente dolersi ora di una pretesa difformità edilizia quando non ha preteso che la ricorrente acquisisse il necessario titolo edilizio, atteso che la PAS non è assimilabile all’autorizzazione unica come recentemente affermato da parte della giurisprudenza, secondo cui “5.2 Per un verso, la PAS non può essere assimilata all’autorizzazione unica prevista dall’art 12 d. lgs 29/12/2003, n. 387, in quanto solo quest’ultima può costituire, ove occorra, variante allo strumento urbanistico, ai sensi del comma 3 dell’articolo citato. Una previsione analoga non è prevista dall’art 6 d. lgs 28/2011 per la PAS. 5.3 Per altro verso, l’effetto della PAS non può essere quello di consentire l’intervento in deroga agli strumenti urbanistici, perchè è proprio la compatibilità urbanistico-edilizia del progetto a costituire il presupposto per la legittima realizzazione a mezzo di procedura semplificata” (Cons. Stato, sez. II, n. 7357/2021).
Pertanto, se la PAS non costituisce autorizzazione unica e non abilita di per sé stessa all’esecuzione dell’intervento edilizio, ne consegue che il Comune entro i trenta giorni conseguenti alla presentazione della dichiarazione in data 1° agosto 2022 avrebbe dovuto sollecitare l’istanza per il rilascio del titolo edilizio e in quella sede avrebbe potuto e dovuto verificare l’effettiva sussistenza dei diritti edificatori”.
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Sulla ponderazione degli interessi pubblici “in sede” di autotutela e sull’interesse pubblico prevalente alla realizzazione di impianti FER
“Peraltro, il provvedimento appare lacunoso anche con riferimento all’ulteriore presupposto della esplicitazione dell’interesse pubblico. Infatti, ai sensi dell’art. 21-nonies, legge n. 241/90, “Il provvedimento amministrativo illegittimo […] può essere annullato d’ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro un termine ragionevole, comunque non superiore a dodici mesi dal momento dell’adozione dei provvedimenti di autorizzazione […], e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati”.
Ne consegue allora che “È illegittimo l’operato dell’Amministrazione comunale che, in presenza di SCIA per la realizzazione di un intervento, nella specie edilizio, adotti provvedimenti di diffida a non proseguire le opere, di sospensione dei lavori o di demolizione dopo che sia decorso il termine di trenta giorni previsto per il consolidamento del titolo, senza fare previo ricorso all’adozione di poteri in autotutela e senza alcuna motivazione in punto di interesse pubblico alla rimozione del titolo annullato e di necessaria comparazione tra interesse pubblico e interesse privato e di prevalenza del primo sul secondo” (T.A.R. Campania, Salerno, sez. II, 19/12/2022, n. 3499). Pertanto, “in presenza di una d.i.a. illegittima, l’Amministrazione può intervenire anche oltre il termine perentorio … ma solo alle condizioni (e seguendo il procedimento) cui la legge subordina il potere di annullamento d’ufficio dei provvedimenti amministrativi e, quindi, tenendo conto, oltre che degli eventuali profili di illegittimità dei lavori assentiti per effetto della d.i.a. ormai perfezionatasi, dell’affidamento ingeneratosi in capo al privato per effetto del decorso del tempo, e, comunque, esternando le ragioni di interesse pubblico a sostegno del provvedimento repressivo” (T.A.R. Veneto, Venezia, sez. II, 08/11/2021, n. 1338). (…) Trattasi di presupposti quivi assenti.
Nel caso di specie, il provvedimento impugnato non si esprime in alcun modo sulle ragioni di prevalenza del dedotto interesse pubblico all’annullamento rispetto ai contrapposti interessi della società attrice che neppure vengono menzionati, difettando altresì ogni comparazione al riguardo, nonostante il Legislatore europeo all’art. 16-septies della Direttiva (UE) 2018/2001 consideri di interesse pubblico prevalente la realizzazione di siffatti impianti.
La disposizione da ultimo citata è stata trasposta dal d.lgs. n. 190/2024 (…)”.
In definitiva, nel caso di specie il Comune avrebbe dovuto effettuare una specifica ponderazione di interessi, prendendo proprio in considerazione gli aspetti evidenziati nelle previsioni normative appena citate che indicano chiaramente l’oggetto del bilanciamento rimesso all’Amministrazione da eseguirsi vieppiù in sede di autotutela”.
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Sugli obblighi in capo al Comune di contestare il mancato coinvolgimento della Soprintendenza entro il termine prescritto per l’esercizio del potere di autotutela e di conseguire ab initio il relativo parere
“Fondata è anche la censura appuntata sull’ulteriore profilo attinente all’asserita carenza della previa richiesta alla Soprintendenza di rilascio del parere di competenza in ragione della vicinanza dell’area a beni culturali di rilevante importanza.
A prescindere dall’effettiva sussistenza dei presupposti per l’acquisizione del predetto parere, rileva anche in questo caso la mancata attivazione del Comune, stante lo specifico onere incombente sull’ente secondo quanto previsto dall’art. 6, co. 5 seconda parte, del d.lgs. n. 28/2011 a mente del quale “Qualora l’attività di costruzione e di esercizio degli impianti di cui al comma 1 sia sottoposta ad atti di assenso di competenza di amministrazioni diverse da quella comunale, e tali atti non siano allegati alla dichiarazione, l’amministrazione comunale provvede ad acquisirli d’ufficio ovvero convoca, entro venti giorni dalla presentazione della dichiarazione, una conferenza di servizi ai sensi degli articoli 14 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241 e successive modificazioni. Il termine di trenta giorni di cui al comma 2 è sospeso fino alla acquisizione degli atti di assenso ovvero fino all’adozione della determinazione motivata di conclusione del procedimento ai sensi dell’articolo 14-ter, comma 6-bis, o all’esercizio del potere sostitutivo ai sensi dell’articolo 14-quater, comma 3, della medesima legge 7 agosto 1990, n. 241”.
Quindi, il Comune avrebbe dovuto agire per il conseguimento del parere, ovvero avviare una conferenza di servizi, ma così non è stato e gli atti impugnati non danno conto di alcuna trasmissione di richieste alla Soprintendenza, ovvero dell’avvio di una conferenza di servizi.
Inoltre, nemmeno risulta che l’area in questione fosse soggetta ad alcun vincolo, né vi sono prove di una richiesta o attivazione di poteri officiosi direttamente da parte della stessa Soprintendenza”.
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FONTI FER | PRINCIPI GENERALI
T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. V, sentenza 10 novembre 2025, n. 2465
Sulla irrilevanza dei siti di interesse archeologico e dei beni isolati ricompresi nel buffer ex art. 20, comma 8, lett. c-quater, D. Lgs. n. 199/2021, ai fini dell’idoneità dell’area
“È vero che le zone di interesse archeologico (tutelate ai sensi dell’art. 142, lett. m) non rientrano in quanto tali nell’ambito di tutela della parte II, bensì della parte III del codice dei beni culturali. Tuttavia, ciò non è vero se si ha riguardo ai singoli beni mobili e immobili di interesse culturale, che sono tutelati ai sensi della parte II, immediatamente ex lege in conformità all’art. 10, comma 1, se appartengono allo Stato, ad enti pubblici e a persone giuridiche private senza scopo di lucro, oppure, previa dichiarazione dell’interesse culturale, se appartengono a soggetti diversi dai primi (ex artt. 10, comma 3, e 13 del codice dei beni culturali).
Nel parere impugnato, la Soprintendenza non fa riferimento a specifici vincoli di tutela ex artt. 10 e 13, d.lgs. n. 42/2004, ma solo alla vicinanza, inferiore a 3 Km, con le menzionate zone di interesse archeologico, il che, tuttavia, non basta a escludere di per sé, per le ragioni appena viste, l’idoneità dell’area prescelta dal proponente ai sensi dell’art. 20, comma 8, lett. c-quater del D. Lgs. n. 199/2021.
Un discorso analogo può farsi con riferimenti ai c.d. “beni isolati” e storici quali le borgate di ballata/Castel Maurigi, Fazio, Baglio Rizzo e Carnevale (i quali si trovano entro un raggio di 1 Km dagli aerogeneratori nn. 5 e 6).
I “beni isolati” sono disciplinati tra le “Componenti del patrimonio storico-culturale e del paesaggio urbano” (e segnatamente dagli artt. 41, 43, 44, 45, 46 e 47 delle Norme di Attuazione del Piano Paesistico) e rappresentano una categoria diversa dai beni archeologici di cui all’art. 42 delle medesime Norme di Attuazione. Essi sono dunque da considerarsi come oggetto di tutela solo di livello regionale, come confermato dalle considerazioni svolte dall’Amministrazione Regionale in sede di approvazione del Piano Paesistico dell’Ambito 1 – Trapani, la quale afferma che detti manufatti e immobili sono oggetto di individuazione ai sensi dell’art. 143, comma 1, lett. d) del D. Lgs. 42/2004 (cfr. Decreto n. 2286 del 10 settembre 2010, prodotto sub doc. 13).
Considerato che detti manufatti e immobili sono individuati come beni di rilevanza paesaggistica unicamente in sede di pianificazione regionale ai sensi dell’art. 143 del d.lgs. n. 42/2004, per quanto qui di interesse occorre rilevare che: (i) nessuno tra detti beni insiste sulle particelle e sui terreni inclusi nel Progetto, e (ii) il regime di tutela apprestato dal Piano Paesistico a detta tipologia di beni è quello dei beni paesaggistici ai sensi dell’art. 134, comma 1., lett. c) del D. Lgs. 42/2004, disciplinati nella Parte Terza del medesimo Decreto Legislativo, non nella Parte Seconda, e di conseguenza non rilevano ai fini dell’applicazione della fascia di rispetto dei 3 Km prevista dall’art. 20, comma 8, lett. c-quater del D. Lgs. n. 199/2021”.
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Sulla violazione del principio del dissenso costruttivo da parte della Soprintendenza
“La Società deduce la violazione del principio di leale collaborazione e del dissenso costruttivo (artt. 1 e 14 ter, L. 241/1990), i quali impongono all’amministrazione di verificare la possibilità di introdurre prescrizioni o soluzioni progettuali idonee a superare, ove possibile, le criticità riscontrate, anziché limitarsi a un diniego incondizionato.
Il motivo è fondato.
Come chiarito dalla giurisprudenza, il c.d. “dissenso costruttivo” impone che il dissenso espresso in sede di conferenza di servizi sia accompagnato, ove possibile, da indicazioni tecniche volte a consentire l’adeguamento dell’intervento nel rispetto degli interessi pubblici coinvolti (Cons. Stato, sez. IV, sent. n. 2983/2021; TAR Lazio, sez. II-bis, sent. n. 3631/2023).
Si è inoltre chiarito in giurisprudenza che, “se da un lato l’applicazione giurisprudenziale della norma è pacificamente orientata ad affermare la necessità che l’ente preposto alla tutela del vincolo, pena l’illegittimità dell’atto, non possa limitarsi ad esprimere un giudizio meramente negativo sulla compatibilità dell’intervento con i valori salvaguardati, senza esplicitare le modifiche progettuali idonee a rendere sostenibile l’impatto dell’opera rispetto alle esigenze di protezione del bene tutelato, è altrettanto vero che tale principio trova un limite oggettivo laddove qualsiasi modifica progettuale risulti inidonea in tal senso, fermo restando l’obbligo dell’amministrazione di motivare adeguatamente sulla mancanza di soluzioni alternative che possano, in ipotesi, rendere il progetto esitabile favorevolmente” (T.A.R. Sicilia – Palermo, Sez. II, n. 3032/2015).
Nel nostro caso, la Soprintendenza di Trapani (amministrazione invitata a partecipare alla conferenza di servizi decisoria nell’ambito della procedura per il rilascio del P.A.U.R. ai sensi dell’art. 27 bis, comma 7, del D. Lgs. 152/2006) non ha fornito indicazioni utili ad intervenire in modifica/integrazione del Progetto, affinché lo stesso risultasse assentibile, né al contempo – nella denegata ipotesi in cui non vi fossero accorgimenti e/o prescrizioni utili in tal senso – ha motivato circa la ritenuta assenza di soluzioni “alternative” percorribili, in termini di localizzazione degli aerogeneratori indicati nel Parere.
Anche sotto questo profilo il Parere è illegittimo e va annullato”.
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FONTI FER | PRINCIPI GENERALI
T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. V, ordinanza 10 novembre 2025, n. 621
Sulla sostituzione del concerto della Regione Siciliana con la regolare conclusione della conferenza di servizi (dissenso, prevalenza dell’interesse pubblico perseguito e opposizione alla Presidenza del Consiglio dei Ministri)
“Ciò posto, ai fini dell’esame del fumus boni iuris della domanda cautelare, deve innanzitutto essere considerato il primo motivo di ricorso, con cui la parte ricorrente contesta la procedura seguita dal MASE, sostenendo che i decreti VIA siano stati adottati nonostante il parere negativo, ritenuto vincolante, reso dagli organi regionali di tutela paesaggistica.
Secondo la ricorrente, poiché i progetti ricadono in aree non idonee ai sensi dell’art. 20, comma 8, del D.Lgs. n. 199/2021, il Ministero non poteva superare tale dissenso, dovendo invece acquisire il concerto della Regione Siciliana, autorità competente in materia paesaggistica ai sensi dell’art. 14 dello Statuto speciale e del D.P.R. n. 637/1975. (…)
Nel merito, il Collegio osserva che, secondo la giurisprudenza del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, e in particolare la sentenza n. 677 del 2024, nella procedura di VIA di competenza statale l’atto conclusivo deve essere adottato “in concerto” tra l’autorità ambientale statale (MASE) e l’autorità paesaggistica regionale, atteso che in Sicilia la competenza in materia di tutela del paesaggio spetta all’Amministrazione regionale ai sensi dell’art. 14 dello Statuto speciale e del D.P.R. n. 637/1975.
La stessa pronuncia ha tuttavia precisato che il dissenso dell’amministrazione regionale non comporta l’arresto del procedimento, potendo il Ministero procedente attivare la Conferenza di servizi sincrona ai sensi degli artt. 14-bis e 14-ter della legge n. 241/1990, applicando la regola delle posizioni prevalenti di cui al comma 7 dell’art. 14-ter. In tale sede, il dissenso motivato dell’amministrazione regionale può essere superato attraverso un bilanciamento complessivo degli interessi pubblici coinvolti, ferma restando la possibilità per la stessa Regione di proporre opposizione al Presidente del Consiglio dei Ministri ai sensi dell’art. 14-quinquies della medesima legge.
Ne discende che la mancanza del concerto formale non determina di per sé l’illegittimità del provvedimento finale, quando l’Amministrazione procedente abbia regolarmente concluso la Conferenza di servizi sincrona, dando conto del dissenso regionale e motivando in ordine alla prevalenza dell’interesse pubblico perseguito.
Nel caso concreto, il MASE ha regolarmente convocato la Conferenza di servizi (15 aprile 2025) e concluso il procedimento con la determinazione n. 408/2025, motivando sulla prevalenza dell’interesse pubblico alla produzione di energia da fonti rinnovabili e sulle misure di mitigazione. Poiché la Regione, pur esprimendo dissenso, non ha attivato l’opposizione nei termini di legge, la determinazione è divenuta definitiva.
Pertanto, essendo il concerto formale stato sostituito dalla regolare conclusione della Conferenza di servizi, il motivo è infondato”.
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FONTI FER | PRINCIPI GENERALI
T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. II, sentenza 10 novembre 2025, n. 3192
Sull’obbligo dell’Amministrazione a provvedere sull’istanza di voltura
“Come è noto, ai sensi dell’art. 31 del Codice del processo amministrativo (D. Lgs. n. 104/2010), è ammesso ricorso avverso il silenzio serbato dall’Amministrazione in ordine ad un’istanza che obblighi la stessa a provvedere.
In via preliminare, deve rilevarsi che nel giudizio avverso il silenzio l’oggetto del contendere non è la fondatezza dell’istanza, bensì l’accertamento dell’esistenza dell’obbligo giuridico dell’Amministrazione di concludere il procedimento mediante l’adozione di un provvedimento espresso, quale che ne sia il contenuto.
Ai sensi dell’art. 2, comma 1, della L. 7 agosto 1990, n. 241, “ove il procedimento consegua obbligatoriamente ad un’istanza, l’Amministrazione ha il dovere di concluderlo con un provvedimento espresso”, e ciò a prescindere dalla fondatezza o meno della domanda del privato.
Ne deriva che l’Amministrazione è tenuta a provvedere – non necessariamente in senso favorevole, ma comunque a provvedere – anche qualora ritenga l’istanza irricevibile, inammissibile o infondata.
Nel caso di specie, risulta documentalmente comprovato che le società ricorrenti, in data 22 luglio 2024, avevano presentato istanza congiunta di voltura dell’autorizzazione unica di cui al DDG n. 628/2024, reiterando la richiesta con sollecito del 9 ottobre 2024.
L’Amministrazione competente – l’Assessorato Regionale dell’Energia e dei Servizi di Pubblica Utilità – non aveva adottato alcun provvedimento conclusivo, né aveva fornito riscontro espresso, così integrando un silenzio-inadempimento in violazione degli obblighi di conclusione del procedimento previsti dall’art. 2 L. n. 241/1990.
In via preliminare, deve essere accolta l’eccezione di difetto di legittimazione passiva sollevata dall’Avvocatura dello Stato per l’Assessorato Regionale del Territorio e dell’Ambiente, non risultando tale Amministrazione titolare di competenze in ordine al rilascio o alla volturazione dell’autorizzazione unica in materia energetica.
Pertanto, l’istanza delle ricorrenti non essendo stata esitata, il ricorso avverso il silenzio appare fondato nei confronti dell’Assessorato Regionale dell’Energia e dei Servizi di Pubblica Utilità”.
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FONTI FER | PRINCIPI GENERALI
Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 18 novembre 2025, n. 9022
Sulla disponibilità del suolo
“Si rammenta in via preliminare che, ai sensi dell’art. 12, c. 4-bis, del d.lgs. n. 387 /2003 (ratione temporis applicabile): “Per la realizzazione di impianti alimentati a biomassa, ivi inclusi gli impianti a biogas e gli impianti per produzione di biometano di nuova costruzione, e per impianti fotovoltaici, ferme restando la pubblica utilità e le procedure conseguenti per le opere connesse, il proponente deve dimostrare nel corso del procedimento, e comunque prima dell’autorizzazione, la disponibilità del suolo su cui realizzare l’impianto”.
In siffatta direzione, la disponibilità del suolo costituisce dunque condizione indefettibile onde poter ottenere l’autorizzazione alla realizzazione dell’impianto e del progetto di energia rinnovabile. Va inoltre condivisa quella giurisprudenza secondo cui il richiamato art. 12, c. 4-bis, va interpretato nel senso di esigere, per la realizzazione di impianti di energia rinnovabile, l’esistenza di un titolo giuridico di natura reale o personale idoneo a conferire la facoltà di utilizzo non precario dell’area interessata dalla realizzazione dell’impianto (T.A.R. Sardegna, n. 118/2020).
Trova dunque conferma quel dato indirizzo per cui il concetto di “disponibilità del suolo su cui realizzare l’impianto” non può in alcun modo consistere nella mera detenzione di fatto, restando comunque necessaria la sussistenza di un valido titolo giuridico che confermi la natura giuridica e non solo fattuale di tale disponibilità (così T.A.R. Lazio, n. 8241/2021).
Quanto alle aree ASL:
Esse risultano in effetti disponibili poiché la determinazione del direttore ASL (…) nella parte in cui richiama la deliberazione n. (…) del (…) accorda una simile eventualità, proprio per iscritto, nel momento in cui si accetta la proposta della società appellante con la quale si chiedeva, in data (…), la concessione del diritto in superficie di alcune aree di proprietà ASL.
La convenzione di concessione delle suddette aree si rivela in altre parole raggiunta ai sensi dell’art. 1326, c. 1, c.c. (secondo cui il contratto è concluso se l’accettazione della proposta contrattuale viene conosciuta dal proponente). Lo scambio di proposta – accettazione è peraltro avvenuto in forma scritta e dunque risulta essere pienamente soddisfatta la condizione di cui all’art. 11, c. 2, della l. n. 241 del 1990, a norma del quale simili accordi sostitutivi di provvedimento debbono avvenire in forma scritta (si veda in tal senso la richiesta di concessione della società appellante e la ridetta accettazione espressa in data (…) della ASL) e nel rispetto dei principi, tra l’altro, in materia di “contratti in quanto compatibili” (ed il raggiungimento dell’accordo contrattuale nelle rituali forme di cui all’art. 1326, c. 1, c.c. senz’altro si pone alla stregua di principio fondamentale della materia contrattuale)”.
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FOTOVOLTAICO | VIA REGIONALE
T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. I, sentenza 26 novembre 2025, n. 3373
Sulla violazione del principio del contraddittorio da parte di ARTA e relativa illegittimità del giudizio negativo di compatibilità ambientale
“Il provvedimento in esame si connota per l’alto tasso di discrezionalità tecnica rimessa all’autorità amministrativa in ordine alle plurime valutazioni paesaggistiche e ambientali (…), sicché la denunciata violazione dell’art. 10-bis della l. n. 241/90 integra un vizio talmente radicale da precludere a questo giudice di esaminare le ulteriori censure astrattamente idonee: i) a far ritenere che il provvedimento impugnato non avrebbe potuto essere o avere un contenuto diverso; ii) a sostituire, in prima battuta, le valutazioni discrezionali non ancora esercitate da parte della P.A.
Né, sul punto, alla luce di quanto appena rilevato e tenuto conto della novella introdotta dal richiamato art. 12, comma 1, lettera i), del d.l. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 settembre 2020, n. 120, colgono nel segno le argomentazioni difensive dell’Amministrazione resistente, secondo cui, avendo la società ricorrente già avuto modo di riscontrare le criticità rilevate nel Parere Istruttorio Intermedio della C.T.S. ed essendo stati ritenuti i chiarimenti resi non idonei al superamento delle stesse, in sede di Parere Istruttorio Conclusivo, nessuna violazione dell’art. 10-bis della legge n. 241/90 sarebbe ravvisabile.
L’Assessorato Regionale del Territorio e dell’Ambiente, soggetto competente ad adottare il provvedimento di VIA, avrebbe dovuto, invero, comunicare alla ricorrente le criticità ambientali ritenute ostative, concedendole un termine per controdedurre o proporre modifiche progettuali. Comunicazione che non risulta, invece, essere stata effettuata successivamente all’adozione del parere negativo della C.T.S. e prima dell’emissione del provvedimento di VIA, privando il proponente della possibilità di interloquire tempestivamente sulle ragioni ostative prima dell’adozione del provvedimento di VIA negativo.
Tale provvedimento risulta, pertanto, viziato sotto il profilo procedimentale, nei termini dianzi illustrati, e va quindi annullato (cfr. Tar Palermo sez. V, sentenza n. 1134 del 23 maggio 2025; idem, n. 792 del 9 aprile 2025)”.
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FOTOVOLTAICO | PAS
T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. I, sentenza 26 novembre 2025, n. 3377
Sull’onere in capo al Comune di motivare il diniego di PAS e sulla illegittimità del parere della Soprintendenza reso al di fuori della conferenza di servizi
“Merita accoglimento il primo motivo.
E invero, la conferenza di servizi dapprima indetta in forma semplificata e in modalità asincrona ex art. 14-bis, legge n. 241/1990 (e dell’omologa previsione di cui all’art. 18 della l.r. Sicilia, n. 7/2019) si è successivamente svolta in modalità simultanea ai sensi art. 14-ter della l. n. 241/1990 (e dell’omologa previsione di cui all’art. 19 della l.r. Sicilia, n. 7/2019).
In tali casi, come evidenziato dalla parte ricorrente, “l’amministrazione procedente adotta la determinazione motivata di conclusione della conferenza, con gli effetti di cui all’articolo 14-quater, sulla base delle posizioni prevalenti espresse dalle amministrazioni partecipanti alla conferenza tramite i rispettivi rappresentanti”.
Il legislatore ha, dunque, introdotto una regola diversa dall’unanimità che si fonda non su un criterio maggioritario rigido, che assegna eguale valenza a tutte le volontà espresse dalle amministrazioni coinvolte, ma su un modulo flessibile, che tiene conto delle posizioni prevalenti concrete assunte dalle singole amministrazioni nell’ambito della conferenza, da apprezzarsi in termini non già quantitativi, ma in termini qualitativi, in ragione della rilevanza sostanziale dell’apporto valutativo-decisorio del singolo ente coinvolto (T.a.r. per l’Emilia Romagna, Parma, sez. I, 9 gennaio 2025, n. 4; Cons. Stato, sez. III, 23 marzo 2022, n. 2127). In questo contesto, riveste particolare rilevanza l’obbligo generale dell’Amministrazione di indicare, nella motivazione, le ragioni che l’hanno indotta ad assumere la determinazione finale (Cons. Stato, sez. IV, 4 aprile 2023, n. 3479).
Onere motivazionale che l’amministrazione procedente – il Comune di Assoro – non ha assolto limitandosi ad affermare laconicamente che “il dissenso espresso [dalla Soprintendenza] risulta prevalente e determinante rispetto all’oggetto della decisione”.
Anche il secondo motivo di ricorso è fondato.
E invero, il parere negativo della Soprintendenza – seppure adottato il 12 giugno 2025 e ricevuto dal Comune il 20 giugno 2025 (ossia prima dell’ultima riunione di cui all’articolo 14-ter, comma 7, della l. n. 241/1990, fissata per il 27 giugno 2025 così rispettando il termine per la sua efficacia previsto dall’art. 2, comma 8-bis della l. n. 241/1990 (Cons. Stato, sez. IV, 30 agosto 2024, n. 7318) – è illegittimo poiché reso al di fuori della conferenza, giacché il rappresentante dell’ente di tutela non si è presentato alla seduta del 27 giugno 2025.
Sul punto deve confermarsi l’orientamento giurisprudenziale citato dalla parte ricorrente secondo cui le Amministrazioni interessate dal progetto, e dunque con competenza propria in materia, sono tenute a partecipare alla conferenza e ad esprimere in tale sede anche i pareri di cui sono investiti per legge, secondo le dinamiche collaborative proprie dello strumento di semplificazione procedimentale previsto dalla legge e che “Il parere negativo espresso al di fuori della conferenza è illegittimo per incompetenza alla stregua di un atto adottato da un’Autorità priva di potere in materia” (Cons. Stato, sez. IV, 28 marzo 2022, n. 2245)”.
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Nexta Capital Partners è un produttore indipendente di energia rinnovabile che sviluppa, costruisce, finanzia e gestisce impianti in diverse aree geografiche e che, con un approccio integrato e una strategia di crescita di lungo periodo, crea valore sostenibile per investitori e stakeholder, contribuendo alla carbon neutrality.
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