Agrivoltaico avanzato: cosa rivela lo studio su una coltivazione di patate in Toscana

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Lo studio pubblicato su Applied Energy “Policy-constrained agrivoltaics in Italy: a potato case study linking shading, crop and economics” analizza un caso studio sulla patata e che punta i riflettori sui vincoli delle politiche in Italia, ombreggiamento, raccolto ed economia.

pv magazine Italia ha intervistato Andrea Ademollo, dottore del Dipartimento di Ingegneria Industriale di Firenze (DIEF) dell’Università di Firenze, che fa parte del team che si è occupato dello studio.
La ricerca analizza un impianto agrivoltaico di 1 ettaro a Sesto Fiorentino, in Toscana, con moduli da 400 W, inclinazione 30°, altezza da terra 3 metri, distanza tra le file 5 metri e densità installata di 0,8 MW/ha, “configurato per rispettare i tre vincoli delle Linee guida italiane sugli impianti agrivoltaici avanzati”. L’area effettivamente coperta dai moduli è pari a circa il 40% del sito, mentre grazie all’elevazione e alle interfile larghe quasi tutta la superficie rimane coltivabile, consentendo il passaggio di mezzi agricoli sotto e tra le file.

“Nel contesto italiano il tema è particolarmente attuale perché il dibattito autorizzativo e la definizione di ‘agrivoltaico avanzato’ richiedono strumenti che aiutino a quantificare trade-off, quindi energia, resa e uso del suolo, in modo trasparente e replicabile. Il nostro lavoro prova a fornire proprio un metodo ponte tra requisiti tecnici, agronomia e sostenibilità economica”, spiega Ademollo.
“Anche fuori dall’Italia – prosegue il ricercatore – molti Paesi stanno introducendo soglie/criteri come ad esempio copertura e mantenimento resa, così un framework parametrico, che può essere adattato a colture e climi diversi, può aiutare a rendere confrontabili i progetti e a ridurre incertezza per sviluppatori, agricoltori e decisori.

Approccio e risultati sul campo

“La produzione specifica annua del fotovoltaico risulta dell’ordine di ~1350 kWh/kW, coerente con benchmark regionali. Le mappe di ombreggiamento ad alta risoluzione mostrano riduzioni locali di radiazione fino a ~55% sotto i moduli nel periodo colturale”. Ademollo spiega che la risposta colturale non segue in modo lineare l’ombreggiamento: “in alcune fasce ‘moderatamente ombreggiate’ si osserva un +6% locale di resa grazie a ritardo della senescenza e migliore efficienza d’uso dell’acqua”.

Leggendo i risultati dello studio si evince che simulando la crescita della patata senza irrigazione, la resa media in piena luce è pari a circa 31,5 t/ha, coerente con i benchmark produttivi italiani, mentre in configurazione agrivoltaica la produzione media scende a 26,8 t/ha (–15%). La risposta è però fortemente spaziale: sotto i pannelli si scende fino al 46% della resa di riferimento, ma a circa 2,4 m a nord del centro modulo la resa supera il 100%, arrivando al +6% pur ricevendo solo l’85% della PAR rispetto al campo senza fotovoltaico.

Il ricercatore sottolinea che nonostante la penalità media di resa, l’efficienza d’uso del suolo risulta elevata: Land Equivalent Ratio (LER) = 1,58, quindi l’uso combinato “cibo + elettricità” risulta sinergico rispetto a separare le produzioni.
Ma quali sono gli elementi di novità rispetto alla letteratura? “Proponiamo un framework unico che collega produzione fotovoltaica, ombre ad alta risoluzione (5 minuti), modello colturale process-based e valutazione economica”, precisa Ademollo.
Proiettando la simulazione su 18 anni (2008–2024) con dati meteo reali, le rese della patata in piena luce mostrano una tendenza al calo di circa il 25%, con minimi negli anni più caldi e siccitosi (2017 e 2022), coerenti con l’innalzamento di ~1,2 °C della temperatura media di stagione e con la diminuzione delle precipitazioni. Le rese in agrivoltaico seguono la stessa traiettoria, ma la penalità rispetto al full light si riduce da circa il 15% medio iniziale a valori intorno al 13% nel 2024, suggerendo che, in un clima sempre più caldo e secco, la parziale ombreggiatura e il risparmio idrico associato possano migliorare il trade off tra energia e cibo rispetto alla situazione attuale

Considerazioni economiche, è meglio un terreno abbandonato?

Dal punto di vista economico, il confronto riguarda tre soluzioni: solo coltivazione di patata, fotovoltaico a terra e agrivoltaico, valutate in due contesti: terreno oggi abbandonato e terreno già coltivato. Tutti i progetti sono analizzati su una vita utile di 25 anni con tasso di sconto del 5%, cioè aggiornando i flussi di cassa futuri al loro valore attuale.
“L’approccio è pensato per essere operativo a scala campo: non solo ‘medie stagionali’, ma indicazioni spaziali utili per capire dove e quando l’ombra può penalizzare o favorire la coltura, e quindi come impostare layout e gestione”, commenta Ademollo,
“La parte economica distingue esplicitamente terreni abbandonati vs terreni attualmente coltivati, perché le decisioni di investimento e gli impatti cambiano molto nei due casi”.

Lo studio, infatti, mostra che nel fotovoltaico a terra l’investimento iniziale (Capex) è di circa 748 €/kW, con un costo livellato dell’energia (Lcoe) di circa 6,1 centesimi di euro per kWh; nell’agrivoltaico il Capex sale a 1.194 €/kW (+37%) e il Lcoe a 8,4 c€/kWh a causa delle strutture rialzate e del balance of plant (fondazioni, carpenteria, cablaggi, inverter, ecc.) più costoso.
“Dal lato economico – dichiara il ricercatore – l’agrivoltaico presenta Capex più alto rispetto al fotovoltaico a terra e quindi ritorni più lunghi. Tuttavia, quando si considera la componente agricola e il fatto che su terreni coltivati l’agrivoltaico evita di ‘azzerare’ la produzione agricola, il confronto diventa più equilibrato”.

Analizzando il documento emerge che su terreno abbandonato – assumendo che il 70% dell’energia prodotta sia autoconsumata in azienda – il fotovoltaico a terra ottiene un tasso interno di rendimento (IRR) del 21% e un tempo di ritorno dell’investimento di circa 6 anni. L’agrivoltaico è meno redditizio ma comunque interessante: IRR del 13% e payback intorno ai 10 anni. In questo scenario la sola coltivazione di patata genera un flusso netto annuo di circa 5,5 mila euro per ettaro e un valore attuale netto (NPV) complessivo di poco superiore a 78 mila euro per ettaro.

Se il terreno è già coltivato (agricoltura convenzionale), il fotovoltaico a terra sostituisce completamente la patata, azzera una resa di 31,5 tonnellate per ettaro e quindi erode l’NPV, facendo scendere l’IRR al 19%. L’agrivoltaico, invece, riduce la resa di sole 5 t/ha (da 31,5 a 26,8 t/ha) e l’IRR cala di circa un solo punto percentuale, attestandosi intorno al 12% rispetto al caso su terreno abbandonato, mantenendo così un equilibrio più favorevole tra produzione energetica e agricola.

Dal lato progettazione, i risultati utili a pianificazione e investimento mostrano che contano molto stadio fenologico e timing dell’ombra. “Ad, esempio l’ombra moderata in inizio stagione può essere meno critica, o persino utile, rispetto a ombre intense in piena fase produttiva”, afferma il ricercatore.
Ademollo aggiunge che è importante il fattore dell’autoconsumo nel determinare IRR e payback.

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