Cinque ricercatori dell’Università La Sapienza hanno analizzato la Comunità Energetica Rinnovabile (CER) di Ventotene, un’isola non connessa alla rete elettrica nazionale, caratterizzata da una forte stagionalità nei consumi a causa della vocazione turistica dell’isola. Il lavoro ipotizza di dimensionare gli impianti rispetto al carico estivo e usare un dissalatore come carico per assorbire l’eccesso di produzione invernale.
“Con tale integrazione il surplus di energia elettrico viene trasformato in acqua potabile”, spiega a pv magazine Italia Isabella Pizzuti, autrice corrispondente del paper pubblicato su Renewable Energy. Pizzuti e gli altri ricercatori de La Sapienza sottolineano come il successo di una CER dipenda dalla partecipazione della popolazione locale, come l’aumento della potenza della CER dipenda dal ricorso ai tetti e come l’uso dell’energia delle CER per impianti di desalinizzazione aumenti i vantaggi economici. Nel caso di Ventotene il ricorso alla desalinizzazione permette di aumentare la potenza fotovoltaica installata da 42 kW a 136 kW, mentre il NPV dell’investimento cresce da 166 a 437 mila euro. “Siamo in contatto con altre realtà in Grecia e in Croazia con cui stiamo portando avanti progetti di ricerca in questo senso”.
pv magazine: Il vostro lavoro parla di comunità energetiche rinnovabili sull’isola di Ventotene. Sottolinea il rapporto delle CER con la desalinizzazione. È particolarmente interessante sia perché la struttura della CER è cambiata in funzione di complessità politiche locali, sia perché l’isola ha un’alta vocazione turistica. Potete spiegare brevemente?
Isabella Pizzuti: A Ventotene la progettazione della CER presenta 3 criticità fondamentali.
La prima criticità è legata alla mancanza di spazi a causa di vincoli paesaggistici che limitano sia il tipo di impianti installabili, sia la taglia quindi le dimensioni. In questo contesto la possibilità di integrare fonti rinnovabili si riduce alla sola tecnologia fotovoltaica.
La seconda criticità è legata alla vocazione turistica dell’isola che si traduce in una domanda energetica fortemente stagionale con picchi estivi che superano anche di 5 volte quelli invernali. Di fatto questo si traduce in un problema di dimensionamento degli impianti. Considerando i due casi limite: se gli impianti vengono dimensionati rispetto al picco estivo, si ha poi un eccesso di produzione invernale difficile da gestire; al contrario, si avrebbe una copertura ridotta nei mesi estivi che non giustificherebbe l’investimento. In questo contesto innescare delle sinergie fra i settori di produzione dell’acqua potabile e dell’elettricità può essere determinante non solo per bilanciare i flussi energetici, ma anche per migliorarne il flusso economico.
La terza criticità è legata al fatto che l’isola non è connessa alla rete elettrica, e la fornitura di elettricità è garantita da gruppi elettrogeni alimenti a diesel. L’integrazione di impianti rinnovabili dovrebbe tener conto della curva di efficienza dei motori, che se si allontanano dalla potenza nominale consumano di più.
E le complessità politiche?
La CER è nata nel 2021 sotto la spinta dell’amministrazione comunale, ma ha poi attraversato una crisi di governance, risolta grazie all’intervento diretto dei cittadini che hanno preso in mano la gestione. Questo aspetto è cruciale: mostra come la partecipazione locale e l’adattabilità della struttura organizzativa siano determinanti per il successo di una CER.
Da quanto capisco aggiungere un’unità di desalinizzazione aumenta la performance economica e ambientale di una CER con maggiore capacità. Giusto? Potete dare misura di questo fenomeno?
Innanzitutto, integrando gli impianti fotovoltaici con il sistema di desalinizzazione in una logica di CER è possibile cambiare il criterio di dimensionamento degli impianti (non più in funzione dei consumi del singolo prosumer, ma secondo tutti gli spazi a disposizione) e quindi la potenza fotovoltaica installata passa da 42 kW a 136 kW. Infine, a parità di potenza installata, grazie ad un controllo ottimizzato del dissalatore e dell’accumulo dell’acqua, il dissalatore funziona principalmente nelle ore giornaliere, consentendo di assorbire l’eccesso di produzione rinnovabile e quindi di aumentare l’energia condivisa da 13 a 201 MWh e quindi i relativi incentivi della CER. Il meccanismo di incentivazione della CER stabilisce infatti una proporzione diretta con i MWh di energia condivisa. Questo quindi si traduce in un miglioramento della prestazione economica, poiché a parità di investimento iniziale (il dissalatore è già presente sull’isola), il Valore Attuale Netto (NPV) dell’investimento, aumenta da 166 a 437 mila euro, quindi più che raddoppiato. Infine, si ha una riduzione dell’emissioni di CO2 pari a 173 ton /year contro le 39 che si avevano senza l’integrazione con il dissalatore. Questo perché l’alimentazione del dissalatore può contare per la maggior parte dell’anno sul fotovoltaico.
È ancora vero che solo il 5% dell’elettricità locale viene prodotta da fotovoltaico a Ventotene? Il resto ancora solo da stazioni a diesel? Quale il possibile ruolo delle batterie? Quale il possibile ruolo del fotovoltaico?
Sì, attualmente oltre il 95% dell’energia è prodotta da gruppi elettrogeni alimentati a diesel. Non è una caratteristica della sola Ventotene, ma accomuna quasi tutte le isole minori del Mediterraneo che non sono elettro-connesse alla rete nazionale ed è bene ribadire che è il risultato di una serie di necessità tecniche (la stagionalità del carico, ma non solo) e sociali (la necessità di operare con approvvigionamenti stabili per la popolazione). Tornando a Ventotene, un sistema di batterie è stato recentemente introdotto nella centrale elettrica, ma l’uso del fotovoltaico è ancora fortemente limitato dalla scarsità di superfici disponibili e dalla poca flessibilità di rete. Nei mesi primaverili, quando la produzione da fotovoltaico sale ma il carico turistico è ancora limitato, gli inverter scattano e stoppano l’immissione in rete poiché quell’energia non ha modo di essere utilizzata. L’isola oggi non ha bisogno solo di nuova potenza installata ma anche e soprattutto di nuove metodologie che migliorino la flessibilità di rete del sistema isola. La CER può giocare un ruolo cruciale in questo senso, mettendo i cittadini al centro di questo cambiamento.
La CER locale ha circa 50 partecipanti, su una popolazione totale di oltre 800 abitanti. Giusto? Secondo voi è possibile aumentare il tasso di partecipazione? Come? Ed è possibile anche aumentare la potenza dell’impianto fotovoltaico?

Immagine: CER Ventotene/ Gabriele Umberto Magni
Sì, la CER ha raggiunto oltre 50 membri, circa il 7% della popolazione. Va specificato che la popolazione realmente residente 12 mesi l’anno non supera le 300 unità ed è in continuo calo. La partecipazione può crescere ulteriormente attraverso campagne informative, laboratori partecipativi e mostrando i benefici concreti. Cosa che la CER ha fatto e continua a fare. Anche la potenza fotovoltaica può aumentare, ma solo sfruttando tutte le superfici disponibili o coinvolgendo nuovi soggetti con tetti idonei (le strutture ricettive sono quelle che possono davvero fare la differenza). La crescita deve però essere pianificata tenendo conto della limitata capacità della rete e della necessità di bilanciare produzione e consumo.
Nel vostro paper sottolineate come la desalinizzazione sia una strategia di adattamento ai cambiamenti climatici, ma anche un processo ad alta intensità energetica. Lo stoccaggio di acqua desalinizzata è quindi per voi una forma di stoccaggio di energia, giusto?
L’acqua dissalata può essere prodotta quando c’è eccesso di energia rinnovabile, ad esempio in primavera nelle ore centrali del giorno, e immagazzinata per essere usata nei momenti di picco della domanda, ad esempio la sera. In questo senso, l’acqua consente uno shifting stagionale e/o giornaliero della produzione. Lo spostamento nel tempo dipende dalle dimensioni dell’accumulo d’acqua e quindi dagli spazi a disposizione per questo. Essendo l’acqua facilmente accumulabile in maniera economica, questa strategia si presta bene per operare spostamenti stagionali della produzione elettrica e inoltre permette di diminuire il numero di viaggi dalla terraferma per l’accumulo di acqua (e le relative emissioni di CO2).
Il sector coupling emerge come un possibile strumento per la transizione energetica nelle isole, giusto? Questo ha anche delle ripercussioni sui costi e sui prezzi di elettricità, ma anche sull’appetibilità degli investimenti in fotovoltaico?
Sì, il sector coupling, in questo caso tra energia ed acqua, permette di incrementare la penetrazione di impianti fotovoltaici, e l’utilizzo dell’energia rinnovabile prodotta, soprattutto riducendo surplus inutilizzati e aumentando l’energia condivisa. Questo incrementa gli incentivi economici e rende gli investimenti in fotovoltaico più sostenibili e attraenti anche in contesti complessi come quello insulare. I fondi del PNRR Isole Verdi finanziano proprio interventi come questi.
Giustamente spiegate che le isole sono dei laboratori naturali dove testare soluzioni visti i limiti geografici e strutturali delle isole stesse. Questo vuol dire che i vostri risultati potrebbero essere estesi anche ad altri contesti? A quali condizioni?
Si, lo studio è altamente replicabile sia in ambito nazionale che internazionale. Le isole minori non elettro-connesse del Mediterraneo e non solo, presentano caratteristiche simili: vocazione turistica e quindi carichi energetici stagionali, patrimonio ambientale altamente protetto con limiti sulla tipologia di impianti, produzione di elettricità ancora oggi affidata a gruppi elettrogeni alimentati a diesel, fornitura d’acqua affidata a navi cisterna eccetera. Dunque, il tema di produzione di acqua ed elettricità è centrale in questi contesti. La condizione essenziale per la replicabilità dello studio è la disponibilità di dati di consumo dell’acqua e dell’elettricità ad alta risoluzione temporale, almeno a livello orario. Siamo in contatto con altre realtà in Grecia e in Croazia con cui stiamo portando avanti progetti di ricerca in questo senso.
Questo vuol dire anche che la transizione energetica locale dovrebbe prendere in considerazione di più le esigenze della popolazione locale? Secondo voi è un qualcosa che non viene fatto abbastanza? Possibili soluzioni a riguardo?
Decisamente. Il caso di Ventotene mostra che un coinvolgimento attivo soprattutto nelle isole con pochi abitanti, è cruciale per migliorare l’accettabilità degli impianti (soprattutto dei sistemi di dissalazione) ma anche per accedere agli spazi privati. Quest’ultimi nelle isole più piccole possono fare la differenza per la penetrazione e l’installazione degli impianti fotovoltaici. Infine, in ogni caso è fondamentale promuovere processi partecipativi, trasparenza decisionale e formazione continua per facilitare l’adozione di modelli sostenibili. Dotare le amministrazioni comunali di strumenti semplici e fondi per l’installazione di nuovi impianti potrebbe inoltre migliorare la progettazione generale del sistema.
In conclusione, potreste sottolineare aspetti del paper non analizzati?
L’impatto dei sistemi fotovoltaici sul funzionamento dei gruppi elettrogeni, a causa di assenza di dati.
Quali sono le sfide per il futuro che la CER di Ventotene deve affrontare?
La sfida più difficile che la CER di Ventotene, e tutte le CER nelle piccole isole italiane, si trovano ad affrontare riguarda lo schema di incentivi. Le isole minori hanno a disposizione un incentivo specifico per la vendita di energia da fotovoltaico (Incentivo isole minori, non elettro-connesse) che non è attualmente cumulabile con quello della CER. Questo significa che ogni prosumer deve scegliere a quale forma di incentivazione appartenere. Il GSE non riconosce l’incentivo per la condivisione dell’energia all’interno di una CER agli impianti che richiedono l’incentivo isole minori. Questo mette i piccoli produttori nelle isole davanti ad un bivio. Si tratta francamente di una questione che andrebbe risolta.
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