Longi per produrre moduli in Italia: sgravi, semplificazione burocratica e politica energetica

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Francesco Emmolo, general manager Italia e Grecia di Longi, ha parlato a pv magazine Italia della seconda asta del Fer X transitorio, spiegando che i moduli di Longi non potranno rientrare in questa asta. Emmolo pensa che l’asta “rischi di andare deserta” e che Longi potrebbe produrre in Italia, a patto di una collaborazione con il governo.

Il recente Decreto Fer X transitorio emana dalle regole europee (NZIA). Queste sono state già approvate a livello europeo e non ci sono grandi novità anche nella seconda asta del Decreto Fer X transitorio, o sbaglio?

Non sbagli. Stupisce un po’ il recepimento così rapido da parte dell’Italia, che generalmente non brilla in questa direzione, ma di fatto è così.

Gli impianti di produzione in Vietnam sono costituiti da 2 stabilimenti: uno per la produzione di celle e uno per la produzione di moduli.

Immagine: Longi

I vostri moduli sono prodotti in Cina, ma non solo. In una nota sottolineate come vengano anche prodotti in Vietnam e Malesia. Quelli prodotti in Vietnam e Malesia potrebbero quindi rientrare nella seconda asta? 

Purtroppo non possono rientrare nella seconda asta attualmente essendo le fabbriche che abbiamo in altri paesi di proprietà cinese. Crediamo che questa asta rischi di andare deserta per via dei costi.

Vedete dei possibili rischi da parte dei clienti?

Il paradosso è che i rischi siano più legati all’utilizzo di moduli prodotti in Europa. Come sappiamo le aziende europee sono poche, con ridotte capacità produttive, poco competitive, tecnologicamente un po’ arretrate e con una filiera fortemente dipendente dalla Cina. Come sottolineato anche in altre sedi, sarebbe stata più auspicabile una collaborazione con le aziende cinesi, piuttosto che questa, che sembra una contrapposizione difficile da sostenere.

Voi spiegate che non escludete “investimenti in Europa, ma servirebbe un piano chiaro che” vi dia una prospettiva di lungo periodo. “Purtroppo, iniziative di singoli stati non spostano molto e non ci permettono la programmazione necessaria per investire”. Cosa vuol dire? Che avete bisogno di una collaborazione a livello europeo?

Abbiamo bisogno di regole chiare e possibilmente uniformi in Europa. Allo stato attuale solo l’Italia ha recepito questa norma, con un contingente molto piccolo 1,6 GW e la Francia si sta muovendo ma non conosciamo ancora in che misura. Detto chiaramente, sono numeri troppo piccoli per prevedere un investimento; finite queste misure di breve periodo non è chiaro cosa succederà. Non è un contesto favorevole a investimenti di medio/lungo periodo, che ripeto, faremmo volentieri.

Allo stesso tempo, il settore fotovoltaico cinese si basa sulla collaborazione, anche in chiave politica, con amministrazioni locali, più che con il governo centrale stesso. Non è possibile replicare questo modello anche in Italia? Di cosa avreste bisogno?

Siamo onesti, non è possibile replicare questo modello da noi. Una provincia cinese generalmente è grande quanto l’intera Italia. A noi servirebbe una collaborazione come minimo a livello nazionale altrimenti non riusciremo mai a raggiungere quei numeri critici, tali da giustificare un qualsiasi movimento.

Molti clienti ed esperti del settore che hanno visto le vostre fabbriche in Cina le considerano avveniristiche, soprattutto rispetto a quelle europee. Potete quantificare, dal vostro punto di vista, la presunta migliore efficienza dei vostri moduli proprio per questo focus sull’efficienza da parte vostra?

Stiamo parlando di una differenza in termini di efficienza del 3- 4% a seconda di quale tecnologia consideriamo, TOPCon o Back Contact. Per capirci, parliamo di differenza da 30 a 50 watt in più a modulo, un’enormità. Del resto, basti vedere un azienda come la nostra quanto investe in ricerca e sviluppo, non sono numeri nemmeno paragonabili ad un qualsiasi produttore europeo, e per inciso, tutti i produttori europei stanno utilizzando tecnologie sviluppate, e in qualche caso anche nate, in Cina.

Riportate che ci sia un rischio concreto che questa misura, e sto tornando al Fer X transitorio e in generale alla NZIA, possa tradursi in un aumento dei costi complessivi, sia in termini di incentivi statali che di spesa per gli operatori. Potreste dare delle stime numeriche?

Questa è la domanda più semplice a cui rispondere. Un modulo di produzione europea costa almeno il doppio di un modulo di produzione extra europea, che utilizza gli stessi componenti. È un problema di scala. Noi da soli abbiamo una capacità di 120 GW, di gran lunga maggiore dell’intera produzione dell’intera Europa che è 21 GW di moduli, 3,2 GW di celle e 1,5 GW di wafer. Dati 2025 che riprendo proprio da pv magazine.

In conclusione, come promuovere il trasferimento di know-how da parte di Longi? Come e quando sarà possibile? A quali condizioni pratiche? Quali sono queste condizioni? Riuscireste a dare una lista di richieste? 

Il Governo italiano ha promosso un protocollo di collaborazione Italia -Cina sullo sviluppo tecnologico a cui bisognerebbe dare seguito. Come? Quattro punti:
– Una seria politica energetica di prospettiva. Almeno 5 o 10 anni.
– Cooperazioni tra aziende già operative.
– Sgravi fiscali ad-hoc copiando altri paesi EU.
– Semplificate gli iter burocratici.

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