Produzione manifatturiera e cambiamenti climatici in Europa, ecco il rapporto Enel-Ambrosetti

European Union 2018 - Source : EP

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Gli obiettivi ambiziosi per la transizione energetica e sociale, attraverso l’adozione dell’energia rinnovabile e l’elettrificazione dei consumi finali, rischiano di scontrarsi con una realtà complessa. Il blocco europeo è infatti dipendente da tecnologie energetiche importate da Paesi terzi, in particolare dalla Cina, che oggi fornisce in media il 65% delle componenti chiave per la decarbonizzazione su scala globale.  Lo dice uno studio realizzato da Fondazione Enel e The European House – Ambrosetti.

Secondo il rapporto, l’Unione europea può coprire oltre il 50% del fabbisogno interno di pannelli fotovoltaici, circa il 90% della domanda di batterie e oltre il 60% di quella di pompe di calore al 2030. Per far ciò, però, è necessario rimodulare i fondi esistenti, aumentare la capacità di riciclo europea (l’81% della capacità di riciclo globale del litio delle batterie è concentrata in Cina), sviluppare processi cooperativi di innovazione e definire un quadro fiscale e regolatorio trasparente e stabile.

“Per affrontare questa sfida, l’Unione Europea ha recentemente lanciato il “Net Zero Industry Act” con l’obiettivo di produrre almeno il 40% delle tecnologie verdi in ambito europeo entro il 2030. Questi target ambiziosi richiedono l’efficiente utilizzo dei fondi esistenti, che ammontano a 695,1 miliardi di euro nel periodo 2021-2027, per sostenere lo sviluppo e la produzione di tecnologie a emissioni zero”, hanno scritto Fondazione Enel e The European House – Ambrosetti.

Sempre questa settimana il think tank Agora Energiewende ha proposto un pacchetto di misure per far crescere l’industria manifatturiera clean-tech europea. L’analisi propone quote minime di produzione di tecnologie pulite nell’UE “come assicurazione contro i rischi della catena di approvvigionamento”. Le stime del fabbisogno di finanziamenti pubblici per portare l’industria manifatturiera dell’UE a questi livelli sono comprese tra 10-30 miliardi di euro fino al 2027 e 32,9-94,5 miliardi di euro dal 2028 al 2034.

Il rapporto Fondazione Enel e The European House – Ambrosetti rileva però che i fondi UE si concentrano spesso sulle fasi iniziali dello sviluppo, lasciando un gap nella realizzazione e nel rafforzamento della capacità produttiva locale.

“I costi d’investimento per le fabbriche di pannelli fotovoltaici in Italia e nella UE sono tra 2,2 e 5,6 volte superiori rispetto alla Cina. Inoltre, anche le spese operative e i costi energetici sono più alti”, si legge nel rapporto.

Jenny Chase, analista senior di BloombergNEF, ha sottolineato di recente che l’Inflation Reduction Act (IRA) statunitense fornisce un sostegno alle capacità produttive locali attraverso un supporto da lato opex, mentre il sostegno dell’UE si basa principalmente sulle spese, focalizzandosi sul lato capex. “Quanto può essere d’aiuto se i costi operativi sono più alti del prezzo di vendita dei moduli?”, ha chiesto l’analista di BNEF.

Intanto, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha dichiarato nel discorso sullo stato dell’Unione per il 2023 che i produttori europei di energia solare devono affrontare una forte concorrenza da parte dei rivali cinesi, fortemente sovvenzionati, e ha fatto notare che il blocco sta avviando un’indagine anti-sussidi sui veicoli elettrici provenienti dal Paese. Sempre mercoledì, il Parlamento europeo ha approvato in via definitiva la RED III.

Fondazione Enel e The European House – Ambrosetti sottolineano poi ulteriori ostacoli per la manifattura europea di tecnologie coerenti con i cambiamenti climatici: difficoltà e tempistiche per sviluppare impianti produttivi, la mancanza di specializzazione nell’industria fotovoltaica e l’assenza di integrazione nelle fasi upstream della filiera.

 

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