BESS, il ricorso di Fano accende i riflettori: perché le Marche restano indietro?

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Lo scorso aprile il progetto “BESS Fano” ha ricevuto l’autorizzazione unica dal Mase. Si tratta di un impianto di accumulo elettrochimico con una potenza complessiva di 175 MW, localizzato nel Comune di Fano (PU) e costituito da 168 container di batterie, 42 sistemi di conversione PCS, ognuno con due inverter in parallelo e trasformatore MT/BT.

Di recente, però, il Comune di Fano ha ufficialmente notificato il ricorso avanti al TAR Lazio, impugnando il decreto autorizzativo. La motivazione è descritta con “gravi carenze di istruttoria e di motivazione del provvedimento autorizzativo rispetto ai rilevanti profili di criticità per il territorio esposti nel parere negativo reso dal Comune di Fano nell’ambito del procedimento”.

pv magazine Italia ha parlato con Andrea Barone, amministratore di Benny Energia, sviluppatore del progetto. Lui ritiene prematuro esprimersi in merito al ricorso e spiega che il progetto riguarda un’area che era stata ufficialmente classificata come ex cava e che oggi incoerentemente si contesta l’intervento sotto il profilo paesaggistico.

“Il BESS di Fano rappresenterebbe un unicum nelle Marche. È molto triste che la Regione dia così poche possibilità di sviluppo sia alle rinnovabili che ai sistemi di accumulo”, osserva Barone, spiegando che ad oggi Benny energia ha 1,1 GW autorizzati, posizionandosi nella top list delle società in Italia nello sviluppo BESS, collaborando con colossi, tra cui Enel.

Scuotendo la testa, Barone sottolinea proprio questa “anomalia” della Regione Marche, in cui i BESS sono praticamente assenti. “Se si da uno sguardo mappa dei progetti BESS in sviluppo presso il MASE appare chiaro il quadro energetico, e le Marche rappresentano un grande assente”, afferma Barone.

Parlando delle prospettive future del settore, Barone afferma che “Ci sarà sempre più sviluppo sul tolling e sul ‘mercato puro’. Il tracollo del prezzo del litio inciderà a favore della possibilità di andare a mercato soprattutto in Nord Italia”. In sostanza, ci saranno sempre meno contratti a lungo termine garantiti e sempre più impianti che giocheranno direttamente sui mercati dell’energia.

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