Jinko Solar avrebbe preferito riferimenti a pannelli e celle Made-in-Europe nella seconda asta del Fer X transitorio, spiegando che il premio per pannelli e celle che non siano prodotti in Cina, o che non siano prodotti da aziende controllate da investitori cinesi, diminuirà la probabilità di investimenti cinesi nella filiera europea.
“Avremmo capito di più se fosse stato incluso un criterio sulla localizzazione della produzione europea di celle e moduli. Si avrebbe fatto capire anche ai produttori cinesi che si vuole sviluppare una filiera europea. Così no. Anzi”, ha detto Alberto Cuter, vicepresidente Jinko Solar, a pv magazine Italia.
La mossa, voluta apparentemente per aumentare gli investimenti nella filiera europea, potrebbe quindi avere l’effetto opposto.
“L’investitore che volesse investire in Europa per una fabbrica di celle e moduli, dovrebbe avere delle garanzie di lungo termine da parte dell’Europa e dei singoli stati. Il modulo che si produrrà in Europa costerà necessariamente di più. L’investitore dovrà avere delle certezze: non solo un aiuto iniziale per la realizzazione della fabbrica, ma soprattutto una certezza sulle vendite in Europa. Si ricordi il caso di Meyer Burger, che ha chiuso a causa della concorrenza dei produttori cinesi, che hanno tecnologia, massa critica ed economie di scala”, ha detto Cuter.
Cuter si dice sorpreso della decisione, “introdotta apparentemente negli ultimi giorni”, di includere non solo moduli e inverter prodotti in Cina, ma anche prodotti da aziende cinesi in territorio non cinese. Nel caso fossero esistite fabbriche di celle e moduli controllate da aziende cinesi in Italia o in Europa, questi moduli sarebbero stati esclusi dall’asta. Questo anche perché la tecnologia cinese ora è considerata, da Cuter ma non solo, la migliore.
“Al momento la Cina detiene la migliore tecnologia, i migliori prodotti, con alti livelli di tracciabilità, bancabilità e ESG. In questo modo si escludono così i prodotti migliori sul mercato. Per un contingente marginale, come quello della seconda asta del Fer X transitorio, forse sono disponibili prodotti sul mercato. Non sarebbero invece disponibili, se questo approccio dovesse andare a regime. Si ricordi poi che l’approccio non è in linea con le decisioni a livello europeo di riportare la filiera in Europa”, ha detto Culer.
Secondo Cuter, è probabile comunque che non ci siano abbastanza progetti per la seconda asta del Fer X transitorio, quello che requisiti Net-Zero Industry Act (NZIA).
“A mio avviso, data la situazione, si avrà una soluzione diversa rispetto all’asta da 8 GW, con 10 GW, di offerte. È possibile che non si arriverà al contingente. Se dovessimo poi ipotizzare che le prossime aste avranno un contingente di 8 GW per prodotti NZIA e 1,6 GW per prodotti normali, la situazione sarebbe ancora più complicata, perché non ci sono i prodotti che soddisfano i requisiti. Sarebbero necessari almeno 3 o 4 anni per la produzione in Europa. Altrimenti si continuerà a comprare fuori dall’Europa”, ha detto Cuter.
Il vicepresidente di Jinko Solar spiega poi che il problema principale saranno gli investimenti in fabbriche di celle, più difficoltosi e cash intensive, rispetto agli investimenti in fabbriche per la produzione di moduli.
Secondo Cuter, un altro genere di problemi è legato alla qualità dei prodotti disponibili.
“Basta andare a vedere i livelli di bancabilità dei singoli produttori e si vede che i prodotti più bancabili sono quelli cinesi. Oltre a questi pochi altri e poco bancabili. Per i progetti che non hanno bisogno di project finance, quindi quei progetti sotto i 10 MW, potrebbe non essere un grande problema. Per i progetti più grandi dimensioni, invece, il problema è reale: molti probabilmente non saranno bancabili”.
Secondo Cuter, alcune aziende europee, fiutando le opportunità derivanti da possibili buchi normativi, lanceranno collaborazioni con aziende del Sudest asiatico e importeranno celle e moduli, senza però contribuire alla creazione di una filiera in Italia e Europa.
Cuter riporta poi che i pannelli non cinesi costerebbero almeno il 30-40% in più, fino ad arrivare a prezzi di oltre il doppio per alcuni pannelli italiani, come quelli di 3Sun. Il Capex per progetti fotovoltaici in Italia potrebbe aumentare di oltre il 25% nel caso di moduli e inverter non cinesi, conclude Cuter.
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