Il Macse potrebbe costare zero, accende la competizione tra BESS e pompaggi, e…allontana ancor più l’idrogeno?

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Alla prima asta del meccanismo Macse (Meccanismo per ‘Approvvigionamento di Capacità di Stoccaggio Elettrico), i numeri hanno spiazzato anche gli addetti ai lavori. Come noto il prezzo medio di aggiudicazione è stato di 13.000 €/MWh-anno, con un ribasso del 65%, che ha trasformato una procedura regolatoria in un segnale globale. Con questo risultato, l’Italia è diventata il primo grande Paese europeo a dimostrare che lo storage elettrochimico può essere competitivo.

Ma il dato economico è solo il punto di partenza.
Durante l’Italian Renewable Investment Forum organizzato da Green Horse Advisory al Maxxi di Roma, il direttore Strategie di Sistema di TernaLuca Marchisio, ha illustrato una conclusione destinata a ridefinire la percezione del valore della flessibilità: secondo le simulazioni condotte dal TSO, il Macse potrebbe addirittura costare zero alla collettività, poiché i ricavi derivanti dalla vendita dei servizi di time-shifting delle batterie aggiudicate sarebbero sufficienti a coprire integralmente il costo del meccanismo.

Le batterie si ripagano con ciò che fanno” ha sintetizzato Marchisio. Una frase semplice, ma dirompente: la flessibilità non è più un onere di sistema, bensì un servizio economico autonomo, capace di generare valore.

Al centro dell’analisi presentata da Terna c’è un concetto destinato a diventare il nuovo riferimento economico dello storage: il costo di attraversamento. In termini pratici, rappresenta il costo per spostare nel tempo un MWh di energia, ovvero lo spread minimo tra prezzo di carica e di scarica necessario per rendere remunerativo un ciclo completo di funzionamento.

Sulla base dei risultati dell’asta, Terna ha stimato questo valore in circa 50 €/MWh, considerando:
– 13.000 €/MWh-anno di remunerazione fissa;
– 350 cicli medi annui;
– perdite di conversione del 15%;
– un rapporto potenza/capacità di 1:7 (pari a circa 6,7 ore di durata media).

È il segnale di una svolta strutturale: per la prima volta, lo storage può sostituire il termico di picco con costi inferiori e senza emissioni, inaugurando quella che Marchisio ha definito una vera “grid parity del tempo”.

Terna prevede di proseguire nel 2026 con due nuove aste Macse, una per lo storage al litio e una dedicata ai nuovi impianti di pompaggio idroelettrico, affiancate da ulteriori procedure (una o due, ancora non chiaro) per il capacity market.

Le due tecnologie rispondono a logiche complementari. Il pompaggio idroelettrico è lo storage stagionale per eccellenza: richiede investimenti consistenti e tempi autorizzativi lunghi, ma offre una vita utile pluridecennale e una capacità di accumulo su scala territoriale, indispensabile nei periodi di forte variabilità delle rinnovabili. Le batterie elettrochimiche, invece, operano su cicli giornalieri o sub-giornalieri: sono rapide da installare, modulari e già competitive nei mercati di bilanciamento e riserva, con costi in continua discesa.

Secondo Marchisio, le due soluzioni non sono alternative, ma parti dello stesso ecosistema energetico:
“I BESS – ha sottolineato – assorbono la volatilità quotidiana e garantiscono la flessibilità del giorno per giorno, mentre il pompaggio copre i cicli più lunghi e le riserve stagionali. Nei prossimi anni assisteremo a una competizione sana: qualche giorno l’anno vincerà il pompaggio, ma per tutto il resto del tempo saranno le batterie a governare la rete.”

In considerazione di quanto detto sopra, un paio di domande mi vengono in mente:

  • Ma a livello di densità energetica volumetrica (e quindi superficie occupata, o consumo di suolo…come si suol dire) , BESS e pompaggio sono equivalenti o una tecnologia vince sull’altra?
  • E con il prezzo dei BESS in rapido calo, le densità energetiche crescenti e i consumi di suolo ridotti… i BESS rallenteranno ancor di più anche l’ingresso in grande scala dell’idrogeno nel mercato?

Rispondo.

Dal punto di vista volumetrico, la differenza tra BESS e pompaggio non è una sfumatura, ma di ordini di grandezza. Un BESS da 5 MWh oggi occupa circa 35 m³, mentre un pompaggio idroelettrico da 100 metri di salto (ad esempio) necessita di circa 21.000 m³ d’acqua, equivalenti a oltre 20 milioni di litri.

Significa che un metro cubo di batterie immagazzina 600–700 volte più energia di un metro cubo d’acqua. Tradotto in termini di suolo, il confronto è altrettanto eloquente: per 5 MWh di pompaggio servono circa 0,2 ettari di superficie, mentre un BESS di pari capacità può essere installato su una piazzola industriale o accanto a una cabina primaria, senza interventi civili permanenti.

In termini di densità energetica e logistica quindii BESS giocano in un’altra categoria: sono replicabili, trasportabili, reversibili, compatti e soprattutto scalano con la tecnologia, non con la geografia.

Ogni nuova generazione di celle aumenta la densità volumetrica e riduce il costo per MWh, rendendo possibile ciò che solo pochi anni fa sembrava utopia: accumuli distribuiti, compatti e perfettamente integrati nei nodi della rete.

Ergo molto più efficiente accumulare energia per ore (ma sempre più magari qualche giorno?) con sistemi BESS rispetto a sistemi di pompaggio, e sicuramente è molto più economico.

In questo scenario, anche l’idrogeno deve ridefinire il proprio ruolo. I BESS, con Capex in discesa (oggi <90 €/kWh per grandi sistemi utility-scale) e round-trip efficiency prossime al 90%, stanno già erodendo lo spazio economico dell’idrogeno “power-to-power”, ovvero quello legato alla riconversione dell’elettricità in idrogeno e viceversa. L’idrogeno, tuttavia, resta strategico dove servirà stoccaggio stagionale o impiego molecolare: nei cicli industriali, nella chimica, nei trasporti pesanti (forse) e nei segmenti “hard-to-abate”.

Non è escluso che le due tecnologie convergano in una logica ibrida, ma nel breve periodo i BESS stanno bruciando le tappe: ogni nuovo container installato oggi sposta più avanti il momento in cui l’idrogeno sarà competitivo sul piano elettrico.

Il futuro della flessibilità, dunque, sarà un ecosistema a geometria variabile: BESS per il breve termine, pompaggi per il medio-lungo, idrogeno per i cicli stagionali e industriali. Ma se i trend attuali continueranno, i BESS diventeranno la spina dorsale invisibile del sistema, la parte silenziosa della rete che rende la transizione energetica possibile non per ideologia, ma per pura efficienza fisica ed economica.

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