La sentenza 18620/2025 del Tribunale amministrativo regionale (TAR) del Lazio, pubblicata il 24 ottobre, torna sull’inderogabilità delle tempistiche per l’espressione dei pareri ambientali, ribadendone l’ineludibilità anche a fronte delle disposizioni introdotte dal decreto legge 153/2024 che, intervenendo sul Testo unico ambientale (TUA, D.Lgs. 152/2006), ha previsto per i progetti prioritari una quota riservata “non superiore ai tre quinti delle trattazioni”.
Tali previsioni, scrive il TAR, non possono in alcun modo essere lette nel senso che, poiché soltanto per i progetti compresi nel Pnrr o quelli finanziati a valere sul fondo complementare è previsto che il rispetto dei termini non venga pregiudicato, per tutti gli altri progetti ne sarebbe consentito lo sforamento. Infatti, nonostante i criteri di priorità, almeno i due quinti delle trattazioni vanno dedicati ai progetti “non prioritari”.
Per il Collegio, prevedere che la disciplina non pregiudichi il rispetto delle scadenze dei procedimenti relativi ai progetti compresi nel Pnrr e nel fondo complementare conferma, in termini generali, “l’assoluta inderogabilità dei termini procedimentali per tutti i progetti”.
La sentenza precisa inoltre che l’introduzione dei criteri di priorità non comporta la “degradazione a termini meramente ordinatori o acceleratori e non determina alcuna sospensione degli stessi, atteggiandosi a mero criterio di organizzazione dei lavori”.
L’omesso riferimento anche ai progetti attuativi del Pniec all’interno del TUA, non vale a rendere implicitamente “ordinatorio” un termine espressamente definito dalla legge come “perentorio”. Piuttosto, la precisazione introdotta dal DL 153/2024 assume una portata “meramente interpretativa”, avendo solamente “esplicitato una regola già desumibile dal sistema”.
Non esistono quindi le condizioni per legittimare una sostanziale “interpretatio abrogans” (interpretazione abrogante) delle previsioni normative relative ai termini procedimentali per l’adozione dei provvedimenti di valutazione impatto ambientale (VIA), che si tradurrebbe “in una elusione della perentorietà e nell’assenza di un termine certo per la conclusione dei procedimenti, invece fortemente voluto dal legislatore”.
In definitiva, per le ragioni esposte, il Tribunale ha accolto il ricorso presentato da Greenergy PV11 Srl condannando il ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica (Mase) per l’illegittimità del silenzio serbato sull’istanza di VIA relativa a un impianto fotovoltaico a terra da 24 MW nel Comune di Roma.
Il Mase dovrà concludere il procedimento entro 30 giorni dalla notificazione della sentenza e risarcire la società del 50% dei diritti di istruttoria e delle spese di lite.
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