Lechler – storica azienda che produce vernici – ha avviato l’iniziativa di autoprodurre energia rinnovabile e trasformare parte di quella energia in un benefit diretto per i dipendenti.
A raccontarlo è la cooperativa energetica ènostra, spiegando il modello di welfare legato al surplus fotovoltaico, precisando che al momento hanno aderito una ventina di dipendenti.
“Nel sito produttivo di Foligno, Lechler possiede un impianto fotovoltaico da 330 kW, che alimenta in autoconsumo fisico il ciclo produttivo. In virtù della nuova partnership, l’eccedenza energetica prodotta dall’impianto viene ceduta a ènostra e integrata nell’offerta di energia rinnovabile per i dipendenti che decidono di aderire. In questo modo il surplus energetico prodotto dal fotovoltaico viene trasformato in un bonus economico a favore dei dipendenti di Lechler, inaugurando una innovativa forma di welfare aziendale”, ha spiegato ènostra.
Non è un caso isolato in Italia. Il quadro non è certo affollato, ma alcune realtà sono già operative con la dinamica che si regge sui tre pilastri dell’autoconsumo industriale, del surplus come “moneta sociale” da trasformare in benefit economico e la presenza di un partner energetico che gestisce aspetti commerciali, amministrativi e tariffari.
In Italia un altro caso analogo è quello in Valdarno aretino, dove Il Borro, azienda agricola biologica di proprietà della famiglia Ferragamo, ha presentato circa un anno fa il progetto di welfare aziendale legato all’energia sostenibile, in collaborazione con Tera Energia.
Il progetto si chiama “Il Borro Green Energy & Welfare Aziendale” ed è stato sviluppato all’interno del Tavolo Sostenibilità di Confindustria Toscana Centro e Costa. Con il supporto tecnico di Tera Società Benefit, i dipendenti de Il Borro potranno beneficiare del surplus di energia rinnovabile prodotta dagli impianti fotovoltaici dell’azienda, stipulando contratti energetici a condizioni vantaggiose. “Nel primo anno, il progetto pilota coinvolgerà un gruppo selezionato di dipendenti del settore agricolo, che riceverà un contributo di fino a 300 euro annui per le spese energetiche, con l’obiettivo di estendere progressivamente l’iniziativa a tutto il personale dell’azienda”, ha spiegato Tera.
A Pontassieve, inoltre, CNA ha costituito insieme ai propri dipendenti la sua prima CER in forma collettiva per produrre, condividere e utilizzare energia rinnovabile a vantaggio dei membri e del territorio. “Il progetto ruota attorno a un impianto fotovoltaico installato sul tetto della sede dell’associazione. Quando un surplus viene consumato, nello stesso istante, da un altro membro della comunità, in questo caso dai dipendenti, il GSE riconosce alla CER un incentivo economico”, spiega CNA Firenze.
Attraverso la sua nota, CNA Firenze, prosegue: “Si tratta di un meccanismo che premia quello che è, oggi, il modo più intelligente, efficiente e sostenibile di usare l’energia prodotta in eccesso, evitando sprechi e sostenendo l’autoconsumo diffuso. Ogni comunità può decidere come utilizzare questo contributo, se ripartirlo tra i membri della CER, oppure destinarlo ad opere sociali nel territorio. CNA ha scelto di destinarlo ai lavoratori, trasformando la condivisione energetica in una forma concreta di welfare”.
In Emilia, l’iniziativa che coinvolge Day, azienda nel segmento buoni pasto e welfare, e la CER WeVèz consente ai dipendenti delle aziende clienti di utilizzare il proprio credito welfare per aderire alla CER di San Lazzaro di Savena, che produce energia condivisa per famiglie e PMI. Gli incentivi economici generati dal fotovoltaico vengono poi redistribuiti ai membri della CER sotto forma di benefit e buoni acquisto.
Ci spostiamo in Romagna per un esempio simile, ma con dinamiche diverse: e che vede protagonista PlanGreen, azienda attiva nell’efficienza energetica che ha realizzato una Comunità energetica rinnovabile (CER) legata alla produzione di energia della propria sede, autonoma fino al 95% grazie al fotovoltaico. Qui il surplus energetico genera proventi dall’immissione in rete, che vengono reinvestiti in politiche di welfare aziendale o distribuiti ai dipendenti sotto forma di benefit economici. Inoltre, in parte alimentano una seconda CER, Clorofilla, che coinvolge altre aziende della stessa zona industriale.
La CER Clorofilla si racconta come la prima CER in Italia dedicata al welfare aziendale, sviluppata da PlanGreen per il comparto produttivo di Raibano, che comprende industrie di Riccione, Misano e Coriano.
Guardando oltre i confini, il concetto di energia rinnovabile come benefit non è nuovo, ma è spesso declinato in modo diverso rispetto agli esempi italiani.
Un’analisi del National Renewable Energy Laboratory (NREL) descrive il modello degli “employer-sponsored solar benefits”: l’azienda sostiene economicamente o strutturalmente l’accesso dei dipendenti all’energia solare, ad esempio tramite crediti in bolletta collegati a un impianto fotovoltaico condiviso o schemi di community solar, con possibili vantaggi fiscali per il datore di lavoro.
In un altro filone, già nel 2014 un programma promosso dal WWF permetteva a dipendenti di grandi gruppi come 3M, Cisco e Kimberly-Clark di installare impianti solari domestici a tariffe scontate, fino al 35% in meno rispetto alla media nazionale, configurando lo sconto sull’impianto come un vero e proprio benefit aziendale.
Nel Regno Unito il veicolo principale non è tanto il surplus energetico dell’azienda, quanto il meccanismo del salary sacrifice: il dipendente rinuncia a una quota di stipendio lordo in cambio di un bene o servizio green come impianto fotovoltaico, accumulo e auto elettrica, beneficiando di vantaggi fiscali.
Analisi recenti evidenziano come l’estensione del salary sacrifice per il solare e pompe di calore potrebbe generare centinaia di migliaia di nuove installazioni entro il 2030, trasformando questi strumenti in componenti strutturali dei pacchetti di welfare aziendale.
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