Stanchi delle tante fake news raccontate negli ultimi anni sulle energie rinnovabili in Sardegna, semplici cittadini, tecnici del settore e agricoltori hanno deciso di creare un’associazione “allo scopo di informare in modo onesto e professionale la popolazione sui vantaggi delle energie rinnovabili e creare consapevolezza sul fatto che la Sardegna può vivere di sola energia rinnovabile”.
Così riassume il suo intento l’associazione Sardi per le Rinnovabili, che sta raccogliendo sempre più adesioni da tutta Italia. pv magazine Italia ha intervistato il presidente Piergiorgio Bittichesu.
Qual è la genesi dell’associazione?
Sardi per le Rinnovabili è nata nell’autunno del 2024 da un piccolo gruppo di cittadini spinti dall’obiettivo di fare informazione sui social. Da un semplice gruppo WhatsApp si è passati a una pagina Facebook, fino alla costituzione formale dell’associazione, avvenuta nel gennaio 2025. La nascita dell’associazione è avvenuta anche grazie alla collaborazione con FIMSER (Federazione Italiana Mediatori Sociali Energie Rinnovabili), un’associazione di categoria che riunisce buona parte degli operatori sardi che opera nello sviluppo di impianti FER.
Quali sono stati i motivi che hanno spinto alla sua fondazione?
La nostra nascita è stata una risposta diretta al dilagare della disinformazione sul tema dell’energia rinnovabile, alimentata da media locali e da una scarsa capacità istituzionale di fornire informazioni corrette. Ci siamo uniti per contrastare questa deriva, ponendoci come riferimento per una comunicazione chiara, competente e fondata sui dati scientifici.
A chi vi rivolgete in particolare?
La nostra missione è informare e sensibilizzare l’opinione pubblica sui temi della transizione energetica, non per farla schierare “dalla nostra parte”, ma da quella dell’ambiente, della scienza e del futuro energetico sostenibile. Ci rivolgiamo a tutta la popolazione sarda, con l’obiettivo di accompagnare la nostra isola verso un modello 100% rinnovabile, come dimostrato dallo studio del Coordinamento FREE realizzato dalle Università di Cagliari, Padova e Milano.
Qual è la struttura ad oggi?
L’associazione sta crescendo rapidamente grazie all’impegno volontario di decine di soci, professionisti e simpatizzanti. Al momento contiamo circa 100 soci iscritti, provenienti da tutta la Sardegna, con competenze multidisciplinari: ingegneri, tecnici, docenti, studenti, imprenditori e attivisti ambientali. L’associazione è “governata” da un consiglio direttivo, composto dai 7 soci fondatori. È presente anche un comitato tecnico scientifico composto da tecnici, professionisti del settore e docenti universitari. Il finanziamento deriva dalle quote associative e dalle donazioni volontarie dei sostenitori.
Quanto costa iscriversi?
La quota è pari a 20 euro, mentre è ridotta a 10 euro per gli under 25.
Quali sono le principali attività e iniziative che portate avanti?
Promuoviamo educazione energetica attraverso incontri e contenuti informativi per spiegare i benefici delle FER e organizziamo eventi, convegni e seminar per formare, sensibilizzare e creare rete sul territorio. Inoltre, facciamo comunicazione multicanale attraverso social, media locali e articoli divulgativi, ma anche azionariato popolare, promuovendo la partecipazione diretta dei cittadini alla proprietà o finanziamento di impianti.
Collaborate con enti pubblici, università, imprese o altre associazioni?
Sì, anche se al momento le collaborazioni non sono ancora formalizzate a livello istituzionale. All’interno dell’associazione operano membri iscritti a Legambiente, Italia Solare e altri enti. Collaboriamo inoltre con esponenti universitari, tra cui il Prof. Giorgio Querzoli dell’Università di Cagliari, membro del nostro Comitato Tecnico Scientifico. Il nostro obiettivo è costruire un dialogo costruttivo con istituzioni, imprese e cittadini, superando le divisioni ideologiche che oggi ostacolano la transizione.
Un commento sulla situazione attuale delle energie rinnovabili in Sardegna.
La situazione è paradossale: la Sardegna ha un potenziale enorme, ma è ostacolata da una normativa regionale, come la Legge n. 20 del 2024, che rende di fatto quasi tutto il territorio inidoneo. Tale legge è già stata impugnata dal Governo e ripropone i contenuti di una moratoria già dichiarata incostituzionale. Il contesto è aggravato da una campagna mediatica fuorviante che ha fomentato paure infondate, portando alla nascita di molti comitati del “no”. Noi crediamo invece che la Sardegna possa diventare 100% rinnovabile al 2030 con almeno 6,2 GW di nuova capacità installata, generando fino a 20.000 nuovi posti di lavoro e 17 miliardi di euro di indotto complessivo.
Riassumendo, quali sono le principali difficoltà che riscontrate nella diffusione delle rinnovabili nell’isola?
Nell’elenco ci sono la normativa regionale limitante e contraria agli obiettivi europei, il dibattito pubblico dominato da slogan ideologici, la mancanza di capitali e imprese locali disposte a investire, lo scarso coraggio politico e visione strategica, la strumentalizzazione del sentimento identitario per ostacolare progetti strategici, come ad esempio il Tyrrhenian Link.
Quali obiettivi vi ponete per i prossimi 5-10 anni?
Fare della Sardegna un modello nazionale di transizione giusta e partecipata, raggiungere 100% energia rinnovabile entro il 2035 e promuovere una nuova cultura energetica basata su condivisione, trasparenza e partecipazione. Il nostro obiettivo è essere un faro per la transizione energetica a livello nazionale e vogliamo proporre una legge regionale realmente coerente con la direttiva RED III e i target UE, e fare da collettore di idee e progetti per tutte le imprese del settore che vogliano investire in Sardegna in modo virtuoso seguendo i principi degli SDGs.
Qual è il quadro ideale per poterli realizzare?
Una pianificazione energetica partecipata, con criteri chiari, trasparenti e non discriminatori, il coinvolgimento dei cittadini nella proprietà degli impianti, dando priorità a impianti agrivoltaici e soluzioni tecniche compatibili con le attività agricole. Serve collaborazione tra istituzioni, imprese, università e cittadini ed educazione e formazione permanente per creare una nuova cultura energetica.
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