pv magazine Italia ha parlato con Pablo López de Rego Lage, country manager di Optimize Energy, per capire l’interesse di società spagnola nei confronti del mercato italiano. “Il mercato degli EPC e dei fornitori deve quindi ridimensionarsi e crescere per tenere il passo con la velocità del permitting. Questo comporta l’ingresso sia di aziende locali sia internazionali”, ha detto López de Rego Lage, aggiungendo che il gruppo sull’energia della Camera di Commercio spagnola in Italia, nato nel 2023, conta oggi oltre 50 membri. Secondo López de Rego Lage, gli operatori spagnoli stanno arrivando in Italia sapendo gli errori commessi in Spagna e utilizzeranno poi le competenze acquisite anche in Italia anche nella Penisola Iberica, creando esternalità positive e sinergie. “Gli IPP inizieranno a standardizzarsi, a ridurre i costi e poi a combinare diverse strategie”, ha concluso.
Qual è la sua percezione del mercato fotovoltaico italiano? Per quale motivo così tanti operatori spagnoli (e tedeschi) stanno cercando di entrare nel mercato italiano?
Credo si tratti di una combinazione di fattori. Da una parte, gli obiettivi dell’Italia in materia di installazione di energia rinnovabile e sistemi di accumulo, in linea con il percorso di decarbonizzazione europeo e con la necessità di un sistema elettrico più stabile e adatto alla futura domanda di elettricità. Dall’altra, il quadro regolatorio che negli ultimi cinque anni ha spinto questa transizione verde: sia il governo centrale sia le regioni stanno infatti procedendo verso criteri più uniformi per lo sviluppo e l’installazione dei progetti, sempre considerando l’impatto sugli enti coinvolti e sull’ambiente. In terzo luogo, incidono i diversi incentivi per le rinnovabili, come i meccanismi Fer X e Fer 2, il Macse per le batterie, o il Pnrr per l’agrivoltaico. Tutto ciò ha fatto sì che diverse aziende internazionali individuassero in Italia un mercato con un chiaro programma di sviluppo a lungo termine per gli impianti rinnovabili.
Secondo lei l’interesse è dovuto anche dalla mancanza di EPC sul mercato, chiamati a gestire un portafoglio di progetti troppo ampio, per cui non hanno abbastanza capacità?
Certo, l’ingresso di nuovi operatori imprenditoriali non riguarda solo investitori e IPP, che forse sono arrivati un po’ prima (intorno al 2019/2020, con l’evoluzione del quadro normativo per lo sviluppo). Ora che il permitting sta avanzando e cresce di anno in anno, molti progetti stanno raggiungendo la fase di ready to build. L’Italia oggi si ritrova con oltre 10 GW autorizzati e potenzialmente cantierabili. Consideriamo che nella precedente ondata di rinnovabili del Conto Energia del 2012 i progetti erano tipicamente da 1 MW e si installarono circa 3,5 GW. Dopo una decade relativamente tranquilla, oggi abbiamo progetti che arrivano fino a 250 MW e un volume autorizzato di oltre 10 GW. Il mercato degli EPC e dei fornitori deve quindi ridimensionarsi e crescere per tenere il passo con la velocità del permitting. Questo comporta l’ingresso sia di aziende locali sia internazionali, come si nota chiaramente negli eventi di settore, dove partecipano molti operatori italiani ma anche numerosi attori esteri.
Se non sbaglio, la Camera di Commercio spagnola in Italia ha un gruppo di lavoro sull’energia. Questo ha oltre 50 partecipanti. Quando è cresciuto? E qual è il suo ruolo?
Certo. La Camera di Commercio spagnola in Italia nasce come punto di riferimento e supporto per le aziende spagnole e italiane che vogliono investire, importare o esportare tra i due Paesi. Da questo punto di vista, si organizza come ogni associazione in gruppi di lavoro o tavoli tematici. A livello energy, l’obiettivo è condividere sfide e opportunità del settore, oltre a mettere in comune l’esperienza dei diversi partecipanti, sia relativa alle attività in Italia sia maturata in altri Paesi o in passato. Come esempio della crescita e dell’interesse internazionale verso l’Italia, questo gruppo è nato nel 2023 e oggi conta, credo, oltre 50 membri. Il tavolo si impegna inoltre a partecipare con osservazioni congiunte ai processi normativi quando richiesto, con l’obiettivo di contribuire a una regolazione italiana che integri anche le lezioni apprese da questi operatori in altri mercati e contesti.
Qual è la percezione di questo gruppo nei confronti degli smottamenti normativi degli ultimi mesi?
Non posso parlare a livello di gruppo, perché ogni azienda avrà il suo parere e non sono qui come rappresentante del gruppo. Quello che posso dire è che, per questo motivo, tutti noi siamo arrivati in Italia con la visione del Paese come uno dei poli globali per le rinnovabili e i BESS in questi anni. Qui si sta aggiornando la normativa per cercare di sostenere e strutturare questa spinta in modo chiaro e fattibile. Come sempre, c’è ancora lavoro da fare sia da parte degli enti pubblici sia degli operatori privati, ma si sta avanzando, e questo è un segnale molto positivo.
Nello specifico, il decreto sulle aree idonee sta cambiando diverse carte. Secondo lei questo cambiamento penalizzerà per lo più i nuovi entranti, tra cui gli spagnoli, o gli operatori già presenti da diverso sul mercato italiano?
Ritengo che l’introduzione di un nuovo decreto, che stabilisce criteri obbiettivi per valutare l’idoneità di un terreno e possa fungere da punto di riferimento per gli investitori, sia un segnale molto positivo: fornirà un punto di partenza concreto e utile per i nuovi entranti nel mercato. Per i progetti già in corso, però, le numerose modifiche normative degli ultimi anni devono essere valutate con attenzione, perché potrebbero creare difficoltà. Diversi operatori chiedono l’adozione di un regime transitorio per i progetti in cui si è investito negli ultimi anni e che sono ancora in fase di permitting. In pratica, molti soggetti hanno cercato di adeguarsi alle bozze precedenti della normativa e le successive modifiche potrebbero ora mettere a rischio questi progetti, nonostante anni di iter autorizzativo già completati.
Un altro tema è quello delle connessioni. Il gruppo di cui sopra ha una posizione a riguardo? Lei cosa ne pensa? Come si potrebbe risolvere? Magari con garanzie più alte per eliminare i progetti peggiori?
Non posso parlarne a nome del gruppo, però, secondo me, la connessione è una delle sfide più grandi in Italia per pianificare e avere chiarezza sul futuro della rete. Attualmente, ogni richiesta riceve una STMG, con l’obiettivo che anche gli investitori privati supportino i costi di rinforzo ed espansione della rete, cosa che favorisce una collaborazione pubblico-privata utile al consumatore finale.
Detto questo, il fatto che il costo per richiedere la connessione alla rete sia relativamente basso, e che il costo di accettazione sia recuperabile, può creare distorsioni: si generano richieste eccessive, portando a una vera e propria “saturazione virtuale” della rete, stimata in oltre 500 GW aggiuntivi come evidenzia il portale di Terna. Di conseguenza, la rete futura comprenderà sia progetti che effettivamente partiranno, sia altri che probabilmente non verranno mai realizzati.
In tutti i mercati esistono progetti che non arrivano mai alla connessione, ma in questo caso il problema è amplificato: una parte dei progetti partono da condizioni economiche o di permitting poco realistiche, o affrontano tempistiche di connessione così lunghe da rendere impossibile l’avvio. Questo genera incertezza sulla futura configurazione della rete.
La cancellazione, immobilità o l’abbandono di alcuni progetti e particolarmente delle opere di connessione da essi dipendenti, può infatti compromettere o bloccare altri progetti già in itinere e potenzialmente realizzabili. In generale, gli operatori stanno aspettando il ragionamento di Terna tramite l’“open season”, per avere chiarezza sulla rete futura e poter sviluppare progetti che contribuiscano realmente alla sua stabilità basandosi su informazioni non contaminate da questa saturazione virtuale.
Gli operatori spagnoli sono ben consapevoli degli errori e dei rischi derivanti da una capacità rinnovabile realizzata e installata velocemente. Ne hanno, in parte, pagato le conseguenze, ma hanno anche accumulato sicuramente una certa consapevolezza dei rischi e delle opportunità. Per esempio, la possibilità di ibridizzare progetti fotovoltaici, aggiungendo batterie. Questo approccio potrebbe essere replicato anche in Italia?
Certo, non solo in Spagna, ma in diversi Paesi con la crescita della capacità rinnovabile emerge chiaramente che l’intermittenza nella produzione di energia rinnovabile crea squilibri rispetto a una domanda elettrica costante nelle 24 ore. In una società moderna, la domanda di elettricità cresce continuamente, sia per lo sviluppo di nuove tecnologie sia per la crescente penetrazione dell’elettricità in molti dispositivi della vita quotidiana, come i veicoli elettrici. Questo scenario richiede capacità di generazione o strumenti di time shifting per gestire la rete e garantire disponibilità in linea con la domanda. Per questo motivo, le batterie stanno assumendo un ruolo sempre più importante come complemento alle tecnologie rinnovabili.
In Italia, credo che, anche grazie all’esperienza di altri Paesi, si stia promuovendo l’installazione di batterie, sostenuta da una normativa dedicata e da incentivi come il Macse, che fungono da catalizzatore per i primi progetti. Secondo me, questo può diventare un esempio di come trasformare la rete in una rete “ibrida”, dotata di strumenti (come le batterie) che aiutano a bilanciare l’offerta e la domanda. L’ibridazione dei progetti diventa quindi sempre più interessante per lo stesso motivo. Sia lato produzione sia lato domanda, gli operatori del settore stanno evolvendo e richiedono soluzioni più complesse, in grado di adattarsi meglio alle loro necessità. Ad esempio, un profilo di produzione che combini solare e/o eolico con sistemi BESS è più efficiente rispetto a un profilo puramente solare o eolico, dove l’intermittenza della produzione limita la disponibilità di energia.
Perché ci sono però pochi progetti PV-BESS in Italia al momento?
Non ho una risposta definitiva, ma sembra ragionevole considerare che il BESS, di cui oggi tutti parlano, cinque anni fa era praticamente inesistente nel dibattito. Parliamo quindi di un’evoluzione di mercato rapidissima: i diversi soggetti, come investitori, banche, istituzioni, devono imparare, valutare e decidere di adottare la tecnologia.
Se ricordiamo, venti anni fa un impianto solare era una novità e realizzare un impianto da 5 MW richiedeva decine di milioni di investimento, con pochi soggetti disposti a correre il rischio. Oggi stiamo assistendo a un’evoluzione ancora più rapida del BESS, nonostante si tratti di investimenti più complessi.
Credo però che in Italia, come già menzionato, si stia iniziando a introdurre l’ibridazione sia a livello di singoli progetti sia a livello di rete, attraverso progetti standalone, in anticipo rispetto ad altri mercati in cui la spinta del BESS non ha seguito la crescita delle rinnovabili in tempo.
Secondo lei gli operatori spagnoli che vengono in Italia potrebbero poi riportare una certa expertise in Spagna, utile per procedere con installazioni di BESS nella Penisola Iberica?
Assolutamente. Ad oggi, in Spagna il BESS è ancora praticamente agli inizi: gli operatori stanno cominciando a ibridare sia impianti in sviluppo sia quelli già in esercizio. In Italia, la chiarezza del permitting e la possibilità di ottenere connessioni e realizzare impianti BESS, sia standalone sia ibridati, possono rappresentare un punto di partenza interessante per gli operatori spagnoli presenti sul mercato. Le aziende che si internazionalizzano, secondo me, diventano più solide e competitive quando riescono a sfruttare le sfide e le esperienze acquisite nei diversi mercati in cui operano, utilizzandole per ottimizzare la propria attività anche in altri contesti.
Abbiamo di recente discusso il tema dei PPA. Questi non hanno ancora trovato degli sbocchi significativi in Italia. Allo stesso tempo, lei mi spiegava che il mercato PPA ha perso slancio con il FerX. Allo stesso tempo gli operatori hanno interesse a sottoscrivere un accordo di questo tipo, per rendere più bancabile il progetto. Come si potrebbe sviluppare il mercato PPA nei prossimi mesi e anni? La diminuzione dei prezzi dell’elettricità potrebbe aiutare il mercato dei PPA in Italia? Come e perché?
Il Fer X non può assorbire tutti i progetti autorizzati; ed è qui che gli investitori che vogliono finanziare nuovi progetti riattiveranno il mercato PPA. Le controparti interessate ad acquistare energia verde e decarbonizzata sono già pronte a muoversi; quindi, ci aspettiamo che il mercato si riavvii presto. Come lei sottolinea, siamo comunque in un mercato in cui la crescente penetrazione delle rinnovabili influenzerà il prezzo dell’elettricità. I mercati elettrici dipendono da molti fattori e sono soggetti a volatilità. Investitori e consumatori stanno diventando sempre più sofisticati nelle loro esigenze, e questo porterà il PPA “pay as produced”, il più comune nel settore rinnovabili, a evolversi nel tempo verso prodotti più complessi, con profili ibridi e con un ruolo crescente dei servizi di tolling delle batterie. In sostanza, domanda e offerta devono trovare un equilibrio che, grazie a nuove tecnologie come il BESS, può modificare il funzionamento degli strumenti esistenti.
Non bisogna dimenticare che sia i PPA sia i contratti di tolling sono strumenti pensati per garantire la bancabilità dei progetti, trasferendo parte del rischio alla banca e alla controparte. Nei mercati elettrici esistono diversi profili di rischio e, naturalmente, chi accetta un rischio maggiore (purché parliamo di operatori competenti) può attendersi rendimenti più elevati. Esistono quindi diversi modelli di business: dal FER X o MACSE, fino al full merchant, dove impianti o batterie non firmano accordi di fornitura a lungo termine e sfruttano i prezzi di mercato per ottenere un ritorno più alto.
E il ruolo del Macse per i PPA in Italia? E in generale per gli operatori spagnoli?
Come per i PPA, anche il programma Macse utilizza un contratto di tolling applicato alle batterie, che può essere considerato uno strumento analogo a un PPA ma specifico per i sistemi di accumulo. Un tolling agreement, così come un PPA, può essere strutturato in modi diversi e prevedere condizioni variabili. Nel Macse, l’investitore riceve un prezzo fisso per MWh, trasferendo così il rischio operativo al toller (Terna); tale prezzo fisso funziona come una tolling fee, cioè un canone per l’utilizzo e la gestione della batteria. Si tratta di un contratto statale della durata di 15 anni, che garantisce all’investitore flussi di cassa stabili e prevedibili. Si è discusso molto sui prezzi delle aste nel settore, ma la realtà è che una riduzione del rischio di un progetto comporta necessariamente un costo, traducendosi in ricavi minori. Al di là della distribuzione delle aggiudicazioni, il Macse ha funzionato anche come leva di mercato: molti progetti si stanno sviluppando sia per partecipare alle nuove aste, sia per valutare altre alternative di offtake, avendo chiaro il profilo rischio-ritorno offerto dal Macse. Come nel settore delle rinnovabili, esistono diverse alternative al Macse (analogamente a quanto avviene per il Fer): tolling agreement con enti non statali, sia a prezzo fisso sia con condivisione di rischi e profitti tra investitore e toller; partecipazione ai mercati di capacità; modelli merchant basati su time-shifting e servizi ancillari; oltre a combinazioni ibride di questi strumenti. In sostanza, esistono strumenti per finanziare i progetti e, parallelamente, per ottimizzare i ricavi di un impianto. Questa ottimizzazione è fondamentale: deve sempre collegare il profilo di rischio dell’investitore ai diversi flussi di cassa derivanti dalla vendita di energia, in modo da massimizzare il rendimento dell’impianto in linea con il rischio accettato.
In chiusura, può spiegare come il Tide cambierà le cose? Come?
Il TIDE consoliderà, a fine gennaio 2026, come già avviene in altri mercati europei, la partecipazione delle rinnovabili nel mercato dei servizi ancillari. Per fare una semplificazione, i mercati elettrici servono a far coincidere offerta e domanda di elettricità e operano su diversi orizzonti temporali, dal lungo termine fino al breve termine. GME e Terna devono garantire che offerta e domanda a livello nazionale siano bilanciate; successivamente, occorre anche equilibrare la rete a livello regionale, tenendo conto che in alcune zone può esserci uno sbilanciamento tra produzione e consumo. In questi casi, l’energia viene trasportata da altre aree, considerando però i limiti di capacità de trasporto dei cavi.
Oltre ai contratti di lungo termine e ai mercati dei futures, i mercati elettrici comprendono segmenti che vanno dal day-ahead (il mercato del giorno prima), passando per i mercati giornalieri e infragiornalieri, in cui l’energia viene acquistata e venduta man mano che il giorno avanza per avanza per bilanciare la rete, fino ad arrivare ai mercati dei servizi ancillari, dedicati alla stabilità e alla tensione della rete elettrica
Il fatto che il TIDE permetta alle rinnovabili di partecipare a questo ultimo mercato apre letteralmente un nuovo potenziale per questi impianti, fornendo contemporaneamente a Terna nuovi strumenti per bilanciare la rete. Questo contribuirà all’equilibrio della rete nazionale, offrendo al contempo agli investitori opportunità di ottimizzare i ricavi dei propri impianti. Ovviamente, un cambiamento di questo tipo influenzerà anche i prezzi e le modalità operative di questi mercati, prima chiusi agli operatori rinnovabili.
Ha altre considerazioni da condividere?
Onestamente, credo che il mercato stia evolvendo molto rapidamente. PPA, tolling e incentivi sono strumenti utili perché, alla fine, chi sviluppa un progetto deve avere un investment case chiaro e spesso ha bisogno di finanziamento. Tuttavia, bisogna ricordare che l’energia viene sempre gestita in modi diversi, indipendentemente dagli strumenti contrattuali. Quindi anche pianificare una strategia in vista del TIDE, che entrerà nel mercato dei servizi ancillari e del day-ahead, non significa dimenticare altre componenti della produzione, che diventeranno progressivamente più importanti. Come abbiamo detto, gli IPP inizieranno a standardizzarsi, a ridurre i costi e poi a combinare diverse strategie. Alla fine, l’elettricità è una commodity e va gestita attentamente, perché altrimenti si è troppo esposti alla volatilità e a incertezze significative. Oggi in Italia i prezzi restano ancora alti, ma molte persone non ne stanno ancora tenendo conto.
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