Regole operative GSE su agrivoltaico, Ghidesi: chiusura bando 2 settembre, risultati pubblicati a fine 2024

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Dato il crescente interesse per progetti agrivoltaici dopo la pubblicazione del Dl Agricoltura, pv magazine Italia ha parlato con Giancarlo Ghidesi, COO di REM Tec. Ghidesi spiega le regole operative del GSE approvate dal Mase e contestualizza l’esperienza nazionale, dicendo che l’Italia, primo Paese al mondo a realizzare progetti agrivoltaici avanzati, si trova ora in ritardo per la costruzione di progetti agrivoltaici. Il ritardo è almeno duplice: sia per gli impianti già installati, che per le tempistiche per i progetti che vogliono rientrare nel bando Pnrr. “Chiusura del bando 2 settembre; i risultati verranno pubblicati a fine 2024,” spiega Ghidesi. I cantieri dovrebbero quindi durare al massimo 18 mesi.

Il Ministero dell’Ambiente e dello Sviluppo Energetico (Mase) ha approvato, con decreto n. 233 del 16 maggio, le regole operative e lo schema di avviso pubblico scritti dal GSE per gli incentivi previsti dal decreto ministeriale Agrivoltaico. Come reputa la misura in generale?

Il documento può essere inteso come l’estensione delle linee guida emesse da Crea GSE nel 2021 ed esplicita dettagliatamente gli aspetti più tecnici che permettono l’accesso ai fondi Pnrr. Un decreto atteso da tempo che, a mio avviso, soffre di una serie di semplificazioni che potrebbero generare ulteriore confusione rispetto all’agrivoltaico, cosiddetto “avanzato”. Molti aspetti che caratterizzano un progetto “avanzato” sono stati demandati a terze parti senza definire esattamente il perimetro di tali aspetti.

Un esempio?

Ad esempio, su vari aspetti di controllo agronomico, vengono richieste asseverazioni da parte di agronomi iscritti all’albo professionale quale ad esempio Conaf. Questo va bene da un lato in quanto viene chiesto supporto a terze parti qualificate, dall’altro delega una grande responsabilità senza indicare esattamente i parametri che vanno considerati e quindi si presta a misinterpretazioni o peggio a controlli non realmente efficaci o fedeli e soprattutto non comparabili. Questo è grave, perché in questo modo verrà vanificato il grande valore del bando che, a mio avviso, è raccogliere dati e validare, nell’arco di 3-4 anni come davvero funziona l’agrivoltaico.

Altri aspetti?

Si rileva poi una ”diluizione” di alcuni parametri che vanno nella direzione opposta a ciò che distingue l’agrivoltaico avanzato, e cioè l’aspetto agronomico nel rispetto e valorizzazione delle superfici agricole. Assolutamente trascurato o meglio non ben definito l’aspetto paesaggistico. Stessa sorte è stata riservata ai controlli durante la vita del progetto, a mio avviso molto, troppo approssimativi e discrezionali.

Cosa cambia con l’approvazione delle regole operative?

Più che dire cosa cambia direi cosa dovrebbe cambiare. Per prima cosa, a prescindere dalle valutazioni personali sui contenuti delle regole, gli operatori del settore hanno ora “abbastanza” chiaro quali sono i parametri che definiscono un agrivoltaico avanzato e di conseguenza ciò che non è avanzato. Per quanto alle amministrazioni chiamate a deliberare su un progetto agrivoltaico avanzato, il decreto dovrebbe accelerare i procedimenti autorizzativi e ridurre i contenziosi. È d’obbligo però usare il condizionale considerate le forti resistenze che, nonostante tutto, si incontrano nelle pubbliche amministrazioni spesso mosse più da considerazioni soggettive o politiche e per lo più prive di oggettivo riscontro legislativo. Noi addetti ai lavori ci troviamo spesso a confrontarci con situazioni urbanisticamente chiare e inequivocabili, ma incappiamo nel funzionario di turno il quale interpreta discrezionalmente la norma e prende posizioni di diniego, demandano al TAR la decisione finale. Nel caso dei progetti avanzati titolati per il bando Pnrr questo diventa un ostacolo insormontabile, considerati i tempi.

In generale, ora, cosa ci dobbiamo aspettare per l’agrivoltaico in Italia?

In generale mi aspetto e auspico una accelerata, anche se il rischio di agrivoltaico, passami il termine, “finto” rimane presente e potrebbe rinforzare una deriva già in corso. Mi spiego, questo approccio ha avuto e potrebbe avere l’effetto di generare una forte sfiducia nell’agrivoltaico in genere ed ottenere forti resistenze a vari livelli. Ritengo che il decreto Agricoltura rispetto al fotovoltaico sia uno degli effetti di questa fenomeno. Alcune regioni si sono già mosse in una direzione che non supporta lo sviluppo dell’agrivoltaico e tanto meno considera sostanzialmente l’avanzato. Anche se non approvo, comprendo la decisione delle giunte regionali, che per evitare di trovarsi con progetti di “finto” agrivoltaico, ritengono tutelante dire no a tutto.

Secondo lei sarà data priorità all’agrivoltaico avanzato?

La differenza tra agrivoltaico e agrivoltaico avanzato è tutta e solo italiana. In Europa si parla di agrivoltaico per agricoltura o agrivoltaico per allevamento. Ciò premesso, il mio auspicio è di vedere una crescita della tecnologia agrivoltaica “sostenibile” a prescindere che sia avanzato o meno. Non ritengo ci sia una tecnologia che in termini assoluti sia meglio di un’altra. Ci sono progetti che incontrano situazioni diverse su vari piani, ambientale, agronomico, sociale, paesaggistico, energetico e necessitano di tecnologie appropriate. La definizione di avanzato, che emerge dalle regole operative è, a mio avviso parecchio diluita, rispetto a quanto ritengo plausibile definire con gli aggettivi: avanzato e sostenibile. Questa “semplificazione” potrebbe favorirne lo sviluppo e questo da un lato è buono in quanto permetterà di rendere la tecnologia più accessibile; parallelamente intravedo il rischio che una tecnologia definita “avanzata” non appropriata potrebbe creare limiti importanti alla produzione agricola e renderla quindi meno appetibile o peggio affossarla. Il decreto ha allargato le maglie rispetto agli intenti iniziali. Ritengo che ora, la discriminante stia nella volontà degli investitori, e la domanda che ci possiamo porre è: “a quanti punti di IR sono disposto a rinunciare per un progetto avanzato e sostenibile rispetto ad un progetto finanziariamente spinto e poco o niente sostenibile?” Se la risposta è zero abbiamo perso tutti, se invece consideriamo una visione più olistica della situazione e non ci orientiamo unicamente al mero profitto immediato, allora possiamo accettare un IR non a due cifre e considerare tutti gli aspetti di un progetto che, ripeto, sono: agronomico, sociale, ambientale paesaggistico, la biodiversità del suolo, e non da ultimo ovviamente economico.

Ci sono delle installazioni che non vede l’ora di vedere realizzate e che potrebbero ulteriormente migliorare l’immagine dell’agrivoltaico in Italia?

Tutte le realizzazioni che mettono la sostenibilità come driver del progetto. Voglio a tal proposito, citare il lavoro che sta facendo AIAS per la formulazione di una Certificazione di Agrivoltaico Sostenibile. Questa griglia, in fase di definizione, permette di valutare la sostenibilità di un progetto agrivoltaico, dalla fase di progettazione, alla costruzione fino alla fase di esercizio. In questo primo step, la certificazione è inerente il solo agrivoltaico sostenibile, ma successivamente verrà estesa all’agrivoltaico, a conferma che la sostenibilità non è sinonimo di avanzato o elevato. Quindi non vedo l’ora di vedere alcuni GW di impianti agrivoltaici installati: abbiamo le tecnologie appropriate, abbiamo i terreni e le risorse necessarie. In Italia siamo stati i primi al mondo a costruire impianti agrivoltaci “avanzati” su alcune decine di ettari di terreni che sono coltivati da oltre un decennio senza particolari ostacoli o cali produttivi. Nonostante questo, oggi l’Italia è fanalino di coda in Europa per potenza di agrivoltaico installato. Questo ci deve far riflettere e ragionare su cosa vogliamo fare per recuperare.

E parlando dell’iter legislativo? Riflessioni? Secondo lei il tempo per le realizzazioni è sufficiente? Puoi spiegare le tempistiche per gli impianti?

Una riflessione che da tempo ho espresso è che la ripartizione dei contributi non mi trova d’accordo. Aver aperto più di due terzi del contributo ad impianti di ogni dimensione lo trovo non funzionale e per qualche verso pericoloso. Avrei preferito che i contributi fossero indirizzati a piccoli impianti, di massimo 1 MW in modo di avere un numero significativo di progetti, distribuiti da Nord a Sud Italia e non concentrati in pochi impianti di grandi dimensioni. I vantaggi di avere più impianti di piccole dimensioni e a diverse latitudini sono molteplici, più aziende beneficiare e soprattutto agricole, più dati statistici da elaborare per avere una reale tendenza dei benefici dell’agrivoltaico, meno rischi di avere grandi superfici agricole coperte da un agrivoltaico che potrebbe non funzionare e vanificare quindi lo spirito del decreto. I fondi Pnrr per l’agrivoltaico sono indirizzati a “sistemi agrivoltaici di natura sperimentale”, la sperimentazione è il focus, quindi la sperimentazione non va fatta su grandi superfici perché se non funziona avremo come effetto centinaia di ettari di terreno fertile compromesso per 40, 50 anni. Per quanto ai tempi, seppur le regole operative fossero attese da tempo, la diffusione il 16 maggio con apertura bando il 2 giugno mi sembra un po’ frettolosa. Nemmeno il tempo di leggerle! Ci sono prescrizioni che prevedono passaggi notarili, e altri documenti che sarà difficile ottenere in 15 giorni e la priorità del deposito è un fattore discriminante ai fini del bando. Chiusura del bando 2 settembre, significa che i risultati verranno pubblicati a fine 2024. A quel punto possiamo immaginare di iniziare a ragionare sulla cantierizzazione, significa iniziare il cantiere, ottimisticamente entro il primo semestre 2025, tutto dovrà essere connesso in rete entro giugno 2026. Direi tempi stretti.

Cosa vorrà dire per gli impianti che vengono pensati ora?

Gli impianti che vengono progettati ora non hanno alcuna possibilità di accedere a questo bando. Dovranno essere pensati in grid parity o autoconsumo o CER. È evidente che non sarà per nulla facile collimare le diverse esigenze dal punto di vista agronomico, ambientale, economico, perché oggi la tecnologia non è matura, ha bisogno di tempi di sperimentazione e in natura non si tratta di testare i prodotti per una o due stagioni. Nessuno ha dati certi sul comportamento di un prodotto agricolo sotto un impianto agrivoltaico. Possiamo avere alcune tendenze di comportamento a certe latitudini, ma chi dichiara di sapere esattamente come si comporta una pianta di mele sotto un agrivoltaico che sia avanzato o meno, sta azzardando una previsione che ha il valore delle previsioni meteo per l’anno prossimo.

Secondo lei la decisione di approvare le regole operative dopo la presentazione del Dl Agricoltura è dovuta a un calcolo politico? O è solo una questione di priorità interne al governo?

Credo che si siano un po’ rincorse le diverse priorità. Immagino che la politica abbiamo spinto per determinare le precedenze; nello stesso tempo l’Europa con i fondi Pnrr ha generato una certa pressione e il risultato è stato che sono usciti quasi contemporaneamente, ma entrambe in ritardo rispetto alle richieste del settore.

Quale il ruolo della cooperazione con altre organizzazioni agrivoltaiche europee? Cosa si aspetta dalla prossima Commissione europea?

AIAS, France Agrivoltaisme e VnAP associazione tedesca, hanno firmato un protocollo d’intesa nel novembre 2023 a Strasburgo per sviluppare l’agrivoltaico sostenibile in Europa. Ciò comporterà azioni congiunte a livello europeo e nei rispettivi Paesi. Le associazioni concordano su un punto basilare, che lo sviluppo dell’agriPV in Europa passi attraverso regole che permettano di mantenere un’agricoltura forte sui terreni fertili. Questo quadro d’intenti deve essere definito a livello europeo. Altro punto che andrà smarcato riguarda il regime fiscale dell’agrivoltaico, che non è identico in tutta Europa; a questo va aggiunto che la trascrizione delle norme a livello nazionale è lenta e diversa per ogni Paese. È importante che la Commissione Europea sia informata di questa situazione e che si adoperi per incoraggiare gli Stati ad attuare le misure necessarie che dovranno essere concertate e armonizzate nei Paesi comunitari.

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