dall’edizione speciale di pv magazine a Key 2025
In anni recenti diversi paesi europei hanno mostrato un crescente interesse per i progetti ibridi eolico-fotovoltaici. La Spagna ha cominciato ad approvare simili progetti in modo consistente già a partire dal 2023, con grandi nomi come Iberdrola, Enel, Acciona e Forestalia ben presenti nella lista degli sviluppatori. Nel paese iberico, del resto, è presente uno dei primi progetti ibridi mai realizzati in Europa, un’iniziativa pilota da complessivi 3,3 MW messa in atto dalla portoghese EDP e dalla danese Vestas nel 2018 vicino Cadice, nella regione meridionale dell’Andalusia.
Precedentemente, nel 2022, era stata la volta dell’Olanda, dove la svedese Vattenfall aveva inaugurato un progetto pilota nella provincia del Zuid-Holland, connettendo una turbina eolica da 22 MW alla rete insieme a una centrale fotovoltaica da 32 MW e 288 batterie. Alcuni mesi dopo, il gruppo Shell ha poi annunciato un progetto ibrido solare da complessivi 100 MW in una località non meglio specificata dai Paesi Bassi, sostenendo che l’ibridizzazione delle rinnovabili è un ottimo modo per aiutare gli operatori di rete locali a gestire ben noti problemi di congestionamento presenti nel Paese.
Il tentativo della Francia
Sempre nel 2023, è stata la Francia a vedere un progetto basato su entrambe le fonti a materializzarsi sul proprio territorio, dove il fornitore di energia Sorégies, con sede a Poitiers nella Vienne, ha connesso un parco fotovoltaico da 5 MW di nuova costruzione con un impianto eolico da 24 MW entrato in funzione nel febbraio 2014. Gli impianti sono distanti una decina di chilometri l’uno dall’altro e lo scopo di questo tipo di collegamento è quello di poter immettere energia fotovoltaica nella rete in aree con elevati livelli di saturazione della rete. “Le principali sfide incontrate nella progettazione di questa soluzione sono state quella di anticipare un aumento improvviso della potenza del parco eolico e di gestire la perdita di comunicazione tra i due impianti, definendo modalità di funzionamento per non superare mai la potenza di connessione concessa”, ha dichiarato a pv magazine Anna Wachowiak, vicedirettrice del gruppo Sorégies.
Parallelamente a queste sfide tecniche, la centrale solare ha dovuto seguire lo stesso iter autorizzativo di qualsiasi progetto di potenza superiore a 1 MW ed è stata oggetto di uno studio di impatto ambientale, seguito dall’ottenimento del permesso di costruire. “Lo sviluppo e la progettazione dell’impianto rimangono simili a quelli di un impianto convenzionale collegato alla rete”, ha aggiunto Wachowiak. “La sfida principale era quella di costruire una centrale capace di comunicare con il parco eolico in meno di 200 millisecondi e per questo abbiamo creato un sistema di gestione dell’energia in grado di garantire una comunicazione fluida tra i due impianti.”
Nonostante il successo di questa prima operazione, Sorégies non prevede di riprodurre questo modello nella sua regione o altrove in Francia, a causa degli attuali ostacoli normativi. Il quadro legislativo, infatti, non sembra incoraggiare lo sviluppo di progetti ibridi su vasta scala.
Secondo Élodie Saillard, responsabile degli affari giuridici e istituzionali del Syndicat des énergies renouvelables (SER), i progetti ibridi sono attualmente possibili solo in chiave sperimentale, in virtù di regole che conferiscono all’autorità amministrativa o alla Commissione di regolamentazione dell’energia (CRE) la possibilità di concedere esenzioni temporanee ai responsabili dei progetti, consentendo loro di discostarsi dalle regole di accesso e di utilizzo delle reti. Questo approccio giuridico flessibile consente di testare innovazioni che avrebbero richiesto revisioni preventive del quadro legislativo e regolamentare. Un altro ostacolo, poi, è rappresentato dal codice dell’energia che vieta la connessione di un impianto di produzione a una rete di distribuzione in alta tensione quando la sua potenza installata supera i 17 MW. Attualmente, per rispettare questa norma, gli sviluppatori hanno due opzioni: collegare stazioni di consegna separate in tranche da 17 MW, il che genera costi di connessione elevati, oppure limitare la potenza dei progetti a 17 MW. “Il campo di applicazione normativo consente alla CRE di concedere esenzioni temporanee, per un periodo massimo di quattro anni, rinnovabili una volta. Trascorso tale periodo, se la normativa non sarà cambiata a favore del progetto, il produttore dovrà attenersi alle norme vigenti. Finché il quadro normativo non cambierà, le difficoltà per i progetti ibridi persisteranno”, ha concluso Saillard.
Italia ancora ai blocchi di partenza
Per quanto riguarda il Bel Paese, non esistono attualmente né progetti in via di sviluppo né iniziative pilota. “Le regolamentazioni attuali impediscono che qualsiasi iniziativa in merito all’ibridazione delle due fonti possa essere avviata, neanche a livello di sperimentazione”, ha dichiarato a pv magazine Giovanni Battista Zorzoli, past president del Coordinamento Free e membro del comitato tecnico scientifico di Italia Solare. “Sebbene i progetti ibridi possano rappresentare un evidente vantaggio in termini economici sia per gli impianti eolici che per quelli fotovoltaici, che dimezzerebbero il costo della connessione alla rete, l’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (Arera) non ha ancora emanato le prescrizioni per questo tipo di investimento”.
Secondo Zorzoli, un’apertura all’ibridazione permetterebbe di usare con più efficienza la rete e di sfruttare nodi di connessione esistenti per aumentare la capacità di generazione da fonti rinnovabili, soprattutto per il fotovoltaico, che andrebbe ad aggiungersi alla maggior parte delle centrali eoliche già esistenti, mentre per i nuovi investimenti converrebbe eseguire la progettazione congiunta dei due impianti. “Insomma, si tratta di una soluzione win-win per tutte e due le fonti. Tuttavia, non mi sembra di vedere la possibilità che tale apertura si possa materializzare a breve, eppure sarebbe il caso che si iniziasse una discussione in merito, anche perché non esistono ragioni né di carattere amministrativo né di carattere tecnico o economico per cui questi progetti non debbano essere realizzati”, ha affermato Zorzoli. “Potrebbe esserci una certa resistenza da parte di chi non ne trarrebbe vantaggio”.
Fabio Zanellini, Energy Market & Regulations Manager di Neoen Renewables Italy e componente del Comitato Direttivo di Anie Rinnovabili, ritiene che i progetti rinnovabili ibridi co-localizzati offrano grandi vantaggi in termini di produzione di energia rinnovabile, dal momento che le due fonti, eolico e fotovoltaico, operano spesso non contemporaneamente, ma impegnano la stessa infrastruttura di connessione, aumentandone il coefficiente di utilizzo. “Questi progetti non richiedono una modifica della stazione di connessione né un incremento della potenza massima immettibile in rete”, ha detto a pv magazine. “Ciò renderebbe la richiesta di connessione più rapida per la centrale fotovoltaica che si vuole aggiungere all’impianto eolico esistente”.
Un problema cruciale per questi progetti resta la definizione di una modalità tecnica condivisa da Terna in base alle quale i due impianti, uno esistente e un altro nuovo, non superino la potenza disponibile di immissione in rete. “Nelle procedure delle condizioni tecniche ed economiche per la connessione alle reti con obbligo di connessione di terzi degli impianti di produzione di Arera, il cosiddetto Tica, è stabilito che i gestori di rete possono autonomamente adottare delle soluzioni tecniche che possano limitare l’immissione di potenza in rete con determinati vincoli. Tuttavia, queste indicazioni ad oggi non hanno trovato una soluzione tecnica definita univocamente tra Terna e i produttori”, ha affermato Zanellini. “Non c’è un quadro regolatorio chiaro a cui sia Terna che i produttori possano far riferimento. Siamo ovviamente disponibili a lavorare con Terna per superare l’impasse”.
Secondo Anie Rinnovabili sarebbe sufficiente che Terna integrasse il Codice di Rete, aggiornando in particolare gli allegati A17 e A68, rispettivamente per eolico e fotovoltaico. “Questo si potrebbe fare in tempi rapidi”, ha detto a pv magazine Michelangelo Lafronza, segretario dell’associazione. “Il Codice di Rete andrebbe aggiornato solo per gli impianti sopra i 10 MW. Sotto questa soglia, si sta già lavorando con i distributori per adeguare le norme di connessione CEI 0-16 e 0-21.”
“Dal punto di vista formale, potrebbe essere Terna a prendere l’iniziativa, attraverso una consultazione pubblica”, ha dichiarato Zanellini. “Se Terna aprisse un tavolo con noi e con i produttori sarebbe relativamente semplice trovare una soluzione tecnica per aprire questo segmento di mercato”.
La via tracciata dal Brasile
Mentre l’Italia e la Francia sono invischiate in difficili tematiche tecnico-legislative, altri paesi hanno dimostrato da tempo che i progetti eolici-solari sono facilmente e cospicuamente realizzabili, a patto che vi siano regole chiare e una remunerazione adeguata. Uno di questi paesi è il Brasile, dove proprio l’italiana Enel nel 2015, attraverso la sua filiale Enel Green Power, ha realizzato un progetto a Tacaratu, nello stato di Pernambuco. Il parco Fontes combina un parco eolico da 80 MW (Fontes dos Ventos) e una centrale solare da 10 MW (Fontes Solar). “Questo progetto pionieristico ha contribuito a far progredire il monitoraggio dei dati tecnici e ad aprire discussioni normative sulla complementarità tra energia solare ed eolica in Brasile”, ha detto a pv magazine un portavoce di Enel.
La scelta non è stata casuale: di notte la regione beneficia di venti particolarmente forti e costanti, che permettono di garantire la produzione eolica anche quando gli impianti solari sono inattivi. “Gli investimenti in progetti di questo tipo hanno il potenziale di rendere le energie rinnovabili più competitive, ottimizzando al contempo il sistema di trasmissione dell’elettricità”, ha spiegato il portavoce di Enel Green Power, aggiungendo che il progetto ha avuto un ruolo fondamentale nell’evoluzione della normativa che, nel 2021, ha stabilito gli standard tecnici per questo tipo di installazioni.
È in questo contesto che l’Agenzia nazionale brasiliana per l’elettricità (Aneel) ha definito i criteri per la costruzione di centrali elettriche ibride attraverso la risoluzione normativa n. 954/2021, che distingue due tipologie di progetti: centrali elettriche ibride e centrali elettriche associate. Le prime beneficiano di un unico processo di autorizzazione e possono utilizzare un’unica tecnologia di misurazione, mentre le seconde, pur potendo lavorare insieme, necessitano di autorizzazioni e misurazioni separate. Entrambe le tipologie possono combinare tutti i tipi di tecnologie di produzione, comprese le fonti fossili.
“Le centrali ibride e associate contribuiscono all’espansione dell’offerta elettrica sfruttando le sinergie: riduzione degli investimenti per l’estensione della rete, mitigazione del rischio commerciale, o risparmi nell’acquisto o nell’affitto di terreni”, ha detto a pv magazine Carlos Dornellas, direttore di ABSolar, l’associazione brasiliana del fotovoltaico. “Non esiste una configurazione universale, ogni progetto deve essere adattato al suo contesto”. La norma stabilisce semplicemente che la potenza nominale minima del gruppo ibrido sia di 5 MW e permette l’ibridazione di nuove centrali elettriche con impianti già esistenti.
Inoltre, come incentivo finanziario, la risoluzione impone riduzioni sulle tariffe per l’utilizzo del sistema di trasmissione dell’energia elettrica e offre la possibilità ad alcuni utenti finali, come l’industria ad alto consumo di energia, di avere un accesso prioritario all’energia elettrica più economica proveniente da centrali ibride. “Questi progetti mantengono gli sconti applicabili a ciascuna fonte energetica presa singolarmente, come è già la norma, mentre introducono una norma per l’uso combinato di più fonti”, ha affermato Dornellas, sottolineando che l’obiettivo principale di queste regole è quello di ampliare l’accesso al mercato per i produttori, mantenendo al contempo un solido quadro normativo.
Secondo Antonio Salgueiro, direttore generale per l’America Latina di Tbea, un fornitore cinese di inverter di stringa e centrali, i progetti ibridi sono ideali per paesi con problemi di rete. “Il volume dei progetti solari ibridi su cui ha lavorato l’azienda supera in Brasile già 1 GW”, ha detto a pv magazine. “Per ottimizzare l’uso della rete di trasmissione, gli impianti ibridi eolici e solari offrono una proporzione ideale, con il 60-70% dell’energia totale proveniente dal vento e il 30-40% dal solare”.
Lo stesso ragionamento vale per la francese Voltalia, che sta costruendo il polo eolico-solare Serra Branca a Serra do Mel, nello stato di Rio Grande do Norte. La società francese ha identificato il potenziale della regione nel 2007 e ha iniziato a sviluppare il progetto nel 2008. L’estensione di 50 km x 15 km del cluster Serra Branca comprende 40.000 ettari di pannelli solari e turbine eoliche. “Oggi questo cluster ha più di 1 GW di turbine eoliche in funzione, di proprietà e rivendute a terzi, nonché più di 500 MW di energia solare, in funzione o in costruzione,” ha dichiarato a pv magazine il responsabile dei mercati dell’America Latina e del Nord Africa dell’azienda, Robert Klein. Con una capacità totale di 2,4 GW, Serra Branca sarà completamente connesso al sistema interconnesso nazionale attraverso una linea di trasmissione da 500 kV lunga 50 km.
L’ibridazione è particolarmente interessante se l’investimento viene considerato fin dalla fase di progettazione del parco eolico, sostiene Francisco Habib, direttore dell’ingegneria presso Casa dos Ventos, un’azienda brasiliana fortemente coinvolta nello sviluppo di progetti ibridi. Ma non è essenziale. “Nella maggior parte dei casi, gli investitori hanno già un portafoglio eolico in costruzione o in funzione e stanno iniziando ad analizzare l’opportunità di aggiungere l’energia solare”, ha detto a pv magazine. In queste situazioni, l’energia solare spesso assorbe gran parte dei profitti. Ciò non rappresenta un problema, perché l’ibridazione funziona efficacemente quando lo stesso investitore gestisce entrambe le tecnologie, ottimizzando così i rischi e massimizzando le sinergie durante l’operazione.
Da parte sua, Casa dos Ventos, ha identificato nel 2014 l’opportunità “di ibridare il proprio portafoglio eolico, sfruttando sinergie di investimento e operative, nonché la complementarità delle fonti, consentendo un utilizzo più efficiente del sistema di trasmissione a basso costo,” ha affermato Habib. Da allora, ha sviluppato più di 20 progetti ibridi per un totale di 2,3 GW, cinque dei quali dovrebbero essere realizzati entro il 2026, aggiungendo 650 MW al portafoglio operativo dell’azienda. Oltre alla complementarità produttiva tra eolico e solare nel Nord-Est del Brasile, secondo lui, “l’elemento determinante resta l’aspetto economico, in particolare per i progetti ibridi ottimizzati, che sono più competitivi dei loro equivalenti presi separatamente”.
L’esempio indiano
Prima della pubblicazione del regolamento da parte dell’Aneel nel 2019, l’agenzia brasiliana per la ricerca energetica, EPE, aveva fornito una panoramica dei Paesi con un elevato potenziale per progetti ibridi solare-eolici. Tra questi figurano Cina, Stati Uniti, Australia, Regno Unito e India. Finora, tuttavia solo l’India è riuscita a sviluppare progetti su larga scala.
Dal 2018 questo Paese, con oltre un miliardo di abitanti, persegue una politica attiva a favore della produzione ibrida fotovoltaica ed eolica. Nel 2023 ha stipulato un contratto per 840 MW di capacità di produzione ibrida tramite una gara d’appalto con prezzi finali prossimi a INR 3,19 per kWh (ovvero circa €0,036/kWh). Da allora, progetti di questo tipo si sono moltiplicati, sia sui mercati energetici regolamentati che su quelli liberi. La società energetica Tata Power sta attualmente costruendo la più grande centrale elettrica ibrida del Paese, un progetto da 966 MW composto da 379 MW di energia solare e 587 MW di energia eolica.
Nell’ultima asta, conclusasi a novembre, il produttore di energia idroelettrica SJVN ha assegnato 1,2 GW di capacità ibrida a un prezzo finale di circa 3,19 INR (€0,036)/kWh. Separatamente, a luglio, altri due importanti gruppi indiani, NTPC e Solar Energy Corporation of India, hanno indetto due bandi di gara per progetti ibridi eolico-solare per un totale di 1,6 GW.
Questo successo si basa in gran parte sul quadro normativo favorevole ai progetti ibridi.
“La capacità elettrica nominale di una risorsa deve essere almeno del 25% superiore a quella dell’altra risorsa”, ha detto a pv magazine Ravi Damaraju, AD dello sviluppatore First Energy Private Limited. Ciò garantisce un fattore di utilizzo più elevato per i progetti ibridi, con conseguente maggiore produzione di elettricità sulla stessa superficie. Inoltre, le norme indiane consentono la connessione di sistemi ibridi a due nodi diversi, il che migliora la stabilità della rete.
Un altro vantaggio, secondo Aditya Malpani, responsabile commerciale regionale dello sviluppatore Ampin Energy Transition, è l’uso ottimizzato del territorio e delle infrastrutture di rete. “È essenziale identificare una posizione con un potenziale eolico ideale, analizzare la radiazione solare nella stessa posizione e sviluppare una strategia adeguata”, ha detto a pv magazine. L’importante è avere una capacità sufficiente per entrambi le fonti. “Riteniamo che, con una capacità eolica di 100 MW, siano necessari almeno 33 MW di energia solare”. L’esperto stima il costo livellato dell’energia (LCOE) per i progetti in India con una capacità di generazione superiore a 100 MW a circa 3 INR/kWh (€0,034/kWh) e tra 3,5 INR/kWh e 4 INR/kWh (da €0,038 a €0,043/kWh) per progetti commerciali. “Lo stato del Gujarat ha introdotto la prima politica ibrida eolica e solare ed è stata un successo”, ha aggiunto, sottolineando l’importanza dei programmi di incentivazione. “Grazie a questo supporto, in meno di due anni sono stati installati quasi 1 GW di progetti ibridi eolico-solari”.
Il problema delle reti
Sebbene la collocazione congiunta delle centrali sia essenziale, ciò non deve escludere un’attenta valutazione delle necessarie distanze, per non influire negativamente sulle prestazioni degli impianti. “Ad esempio, se una turbina eolica è troppo vicina a una centrale solare, l’ombreggiatura può ridurre l’efficienza della produzione solare”, ha dichiarato a pv magazine Dilipfrani Mehta, direttore operativo dello sviluppatore Amplus Solar. Inoltre, le perdite di linea tra il punto di produzione e la sottostazione di pooling sono inevitabili, poiché le turbine eoliche devono essere distanziate per limitare gli effetti scia.
L’integrazione delle turbine eoliche richiede, del resto, lunghe reti di linee a bassa tensione, che aumentano le perdite di linea. “O scendiamo a compromessi sulle perdite della linea solare mantenendo la stazione di raccolta vicino alle turbine eoliche, o viceversa”, ha aggiunto. Per i grandi progetti ibridi, da 500 MW a 1 GW, la distanza tra le stazioni solari ed eoliche può arrivare a 50-100 km.
In conclusione, lo sviluppo di installazioni ibride consente di ottimizzare risorse e costi e contribuisce a ridurre alcune vulnerabilità della rete, aumentandone la stabilità. Su quest’ultimo punto, l’Italia e la Francia hanno delle reti solide se confrontate con quelle dell’India e del Brasile e non sembrano aver bisogno di ricorrere immediatamente all’ibridazione. Tuttavia, se le energie rinnovabili continueranno a crescere al ritmo attuale e i progetti nucleari annunciati sia dalla Francia che dall’Italia inizieranno a concretizzarsi, i progetti eolici e solari potrebbero rivelarsi più interessanti di quanto non siano attualmente. Definire regole adeguate ora e preparare il terreno per la loro elaborazione potrebbe prevenire ulteriori problemi in futuro.
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