Agrovoltaico: lezioni dal confronto internazionale al seminario AIAS a Rimini

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Il concetto di agrovoltaico è strettamente legato al sistema normativo esistente in ciascun Paese. Un concetto unico è complesso da definire anche a livello nazionale, perché, tra l’altro, le definizioni variano in funzione dell’autorità che le redigono. La definizione di agrivoltaico per ottenere le autorizzazioni, ad esempio, sarà diversa da quella per ottenere gli incentivi. 

Questo è evidente nei diversi Paesi che stanno già sperimentando queste nuove tecnologie. Durante un seminario dell’Associazione Italiana Agrivoltaico Sostenibile (AIAS), cinque società e l’associazione francese dell’agrovoltaico – France Agrivoltaisme – hanno dimostrato il potenziale attraverso i loro progetti in Cina, Giappone, Germania, Francia e Italia. Sono state anche illustrate le opportunità nella Penisola Iberica. Ma prima di tutto si è cercato di capire cosa possa definirsi esattamente agrovoltaico. 

“Stiamo sottovalutando l’importanza di definire il concetto e questo potrebbe avere delle ripercussioni negative nel futuro, rallentando lo sviluppo sostenibile di una soluzione che potrebbe limitare le conseguenze della crisi energetica e alimentare, tamponando anche le ripercussioni dei cambiamenti climatici. È necessario trovare nuovi modelli per stimolare l’agricoltura senza intaccare il paesaggio, magari anche risolvendo problemi come la mancanza d’acqua,” ha detto Alessandra Scognamiglio, presidente di AIAS e ricercatrice senior ENEA.

Ronald Knoche, vicepresidente e cofondatore di France Agrivoltaisme, ha sottolineato che la legge francese sull’Energia (Art. L. 314-36) definisce agrovoltaico un progetto che soddisfa almeno una di queste condizioni: miglioramento del potenziale agronomo, adattamento ai cambiamenti climatici, protezione contro pericoli di altro genere, miglioramento del benessere degli animali. In altre parole la resa dei terreni non può diminuire di troppo. “Questo il punto: nei progetti agrovoltaici ci dimentichiamo spesso della componente agro”, ha detto Knoche durante il seminario di Rimini. Knoche è anche amministratore delegato di REM Tec.

Sviluppi in Giappone

Ryuzo Takahashi ha presentato la sua società Notus Solar Japan, che collabora con REM Tec. Ha illustrato il quadro regolamentare varato nel 2013 in Giappone e ha sottolineato che l’autorizzazione è spesso veloce, in media entro i 40 giorni, ma anche che la complessità risiede nella necessità di rinnovare il permesso ogni 3 anni per progetti su terreni coltivabili e 10 anni per le aree agricole abbandonate. 

“Si preferisce che la produzione agricola sotto i pannelli sia pari o superiore all’80% rispetto all’area a piena luce. Se la produzione è inferiore all’80%, è necessario modificare i piani di coltivazione. Se non si riesce a soddisfare le aspettative di produzione modificando i piani di coltivazione, il ministero locale può ordinare la rimozione dei pannelli,” ha spiegato Takahashi.

Il suo intervento, inoltre, ha dimostrato la necessità di controlli continuativi per garantire la qualità dei progetti. Ha poi presentato delle fotografie aeree di campi agricoli, dimostrando che in Giappone rispettare le giaciture della trama del paesaggio agrario è un pre-requisito per l’agrovoltaico. L’esperto e agricoltore giapponese ha anche contestualizzato la necessità di promuovere l’agrovoltaico in Giappone per via della mancanza di terra e di agricoltori giovani. Problemi non troppo dissimili da quelli dell’Italia. 

Sviluppi commerciali

Non sono mancati poi gli interventi tesi a sottolineare la presenza degli attuali sviluppi commerciali, e cioè di società che stanno investendo o collaborando a nuovi sviluppi. 

Sascha Krause-Tünker di Next2Sun ha presentato i sistemi solari installati verticalmente inventati nel 2016, ricordando che la norma CEI sugli impianti agrovoltaici riconosce gli agrivoltaici bifacciali verticali come impianti avanzati. “L’agrovoltaico verticale bifacciale copre meno dell’1% del terreno,” ha detto Krause-Tünker, suggerendo che gli esperimenti in corso dimostrano una compatibilità col fieno, piselli, lenticchie e patate. Gli impianti verticali, del resto, possono anche fungere da recinzione. 

Raffaele Citarella dell’utility tedesca RWE ha presentato il progetto pilota Jackerath nel Nord-Reno Vestfalia in Germania, la cui costruzione dovrebbe iniziare in estate. L’azienda ha previsto l’integrazione di tre configurazioni: sistema in elevazione fisso di tipo pergola con frutteto di lamponi o mirtilli, interfila con tracker e interfila con strutture verticali dove, su entrambi i lotti, sono pianificate colture estensive e ortive.

Emilien Simonot della società energetica portoghese Galp ha detto che usando solo l’1% delle terre agricole nella Penisola Iberica si produrrebbe oltre sei volte l’installato in Spagna e Portogallo al 2021.

Enrico Lamanna, Product & Solution Manager di Huawei, ha concluso gli interventi internazionali sottolineando l’importanza degli inverter per progetti di questo tipo e illustrando come questi abbiano contribuito a limitare le spese di Operations & Maintenance del progetto Ningxia da 640 MW. “Nel nostro caso l’agrovoltaico ha ridotto efficacemente l’evaporazione dell’acqua terrestre del 30-40%, mentre la copertura vegetale è aumentata dell’85%, migliorando significativamente il clima regionale”, ha detto Lamanna. 

Quello che sembra emergere è che l’agrovoltaico sia prima di tutto un modo per evitare sprechi, minimizzare l’uso di risorse e integrare sistemi produttivi diversi in configurazioni che raggiungano la profittabilità, ma che rimangano coerenti con la componente “agro” dei progetti, anche attraverso controlli frequenti come in Giappone. Rimane poi che le definizioni saranno per lo più nazionali, obbligando gli investitori ad adattarsi alle tipicità legislative e al paesaggio locale.

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