Progetto MIAMI sui Sistemi di Accumulo Ibrido, l’intervista ai ricercatori

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Presso la Fondazione Politecnico di Milano da qualche giorno è stato avviato il progetto MIAMI – acronimo di Materiali Innovativi per Sistemi di Accumulo Ibrido – che avrà una durata di tre anni. Il Politecnico di Milano sarà il capofila e ci sarà la cooperazione dell’Università di Bologna, dell’Università di Messina, di ENI e di Solvay come partner. pv magazine Italia ha intervistato Demis Lorenzi, Senior Project Manager & Sustainability Manager, Fondazione Politecnico di Milano.

“Il macro obiettivo di MIAMI è quello di realizzare una piattaforma nazionale per la progettazione di Sistemi di Accumulo Ibrido, basati sull’integrazione di batterie redox a flusso e sistemi Power-to-X, mediante materiali innovativi, tramite un approccio olistico che mira alla realizzazione di sistemi elettrochimici di accumulo dell’energia ad elevate prestazioni promuovendo sostenibilità e circolarità e affidandosi a tecniche elettrochimiche e analitiche avanzate”, è la sintesi di Lorenzi.

Qual è la genesi del progetto?
Facciamo un passo indietro. La Ricerca di Sistema (RdS) è un’attività di ricerca e sviluppo nel settore elettrico per migliorare l’efficienza economica, la sicurezza e l’ecocompatibilità, garantendo uno sviluppo sostenibile. Nasce dalla liberalizzazione del mercato elettrico (Decreto Bersani), includendo la ricerca come onere generale per evitare la riduzione della ricerca sul sistema elettrico. Il Fondo per il finanziamento delle attività di ricerca è stato istituito presso la Cassa (CSEA, ex – CCSE). Le attività RdS, definite dal DM del 2000, sono suddivise in due tipologie: una per il beneficio esclusivo degli utenti del sistema elettrico nazionale senza vincoli di segreto (tipo a), e l’altra per il beneficio degli utenti e di soggetti specifici nel settore dell’energia, con la possibilità di diritti esclusivi e confidenzialità (tipo b).

A che tipo di bando risponde Miami?
Al bando di tipo a (decreto MITE 27/10/2021) che finanzia progetti su due tematiche: studio e sviluppo di materiali innovativi per applicazioni  fotovoltaiche e studio e sviluppo di materiali innovativi per sistemi di accumulo. Con il supporto della Fondazione Politecnico di Milano che da oltre vent’anni svolge il ruolo di facilitare la collaborazione tra diverse entità coinvolte nei progetti, garantendo una gestione efficace e coordinata delle attività, importati enti del panorama nazionale hanno deciso di unire le loro elevate competenze per realizzare il progetto MIAMI.

Entriamo nel dettaglio del progetto…
MIAMI è una ricerca fondamentale che partirà da un livello di TRL 1 (Livello Concettuale) per raggiungere il livello di TRL 3 (Livello di prototipo iniziale). Coinvolge quattro partner principali: il Politecnico di Milano come soggetto capofila della cordata guidato dal responsabile scientifico prof. Luca Magagnin, l’Università di Bologna, l’Università di Messina, ENI e SOLVAY. Con un valore complessivo di poco più di 4 milioni di euro, il progetto si svolgerà nell’arco di 36 mesi. L’obiettivo di MIAMI è creare una piattaforma nazionale per la progettazione di Sistemi di Accumulo Ibrido. Questi sistemi si basano sull’integrazione di batterie redox a flusso e sistemi Power-to-X, utilizzando materiali innovativi. L’approccio olistico del progetto mira a sviluppare sistemi elettrochimici ad alte prestazioni per l’accumulo dell’energia, promuovendo la sostenibilità e la circolarità. Il progetto si avvale di tecniche elettrochimiche e analitiche avanzate.

A cosa si mira?
Asviluppare materiali innovativi per un sistema ibrido di accumulo energetico, unendo una batteria redox a flusso dual e il processo di power-to-X. Questa soluzione promette un maggiore stoccaggio energetico ed una migliore integrazione con la rete nazionale. Favorisce la collaborazione tra enti di ricerca nazionali esperti in batterie a flusso e metanazione, potenziata dalla partnership con due aziende chiave nel settore. Lo scambio di conoscenze e tecniche di caratterizzazione tra i partner garantirà il successo nell’ottenere gli obiettivi del progetto.

Ci sono altri scopi?
Oltre agli obiettivi più strettamente tecnici,  il progetto include attività formative interne ed esterne. Le interne mirano a espandere le conoscenze dei giovani ricercatori universitari e aziendali sulle tematiche del progetto. Le esterne hanno lo scopo di sensibilizzare un pubblico più ampio sui materiali e processi per l’accumulo energetico, coinvolgendo cittadini, stakeholder e istituzioni. Attraverso seminari tecnici e la collaborazione con aziende del settore, si promuoverà la formazione su sostenibilità energetica e transizione verso fonti più efficienti.
La collaborazione con le aziende consentirà la valutazione critica dei nuovi materiali e del loro impatto sul sistema di accumulo energetico ibrido. Ciò favorirà il trasferimento tecnologico, aumentando il livello di maturità tecnologica (TRL). Inoltre, si potrà creare un centro di competenza nazionale sui sistemi combinati redox-flusso e power-to-X, attrattivo per il coinvolgimento di attori industriali e accademici interessati.

Quali sono gli step per raggiungere l’obiettivo?
Lo studio e lo sviluppo dei nuovi materiali riguarderanno gli elettrodi, le membrane polimeriche e gli elettroliti delle batterie a flusso, ognuno caratterizzato da approfondite analisi elettrochimiche e morfologico-strutturali. Si concentrerà sull’individuazione di catalizzatori per la produzione di idrogeno nel sistema dual e per lo sviluppo dell’ossigeno nella sua controparte. Parallelamente, si svolgeranno sperimentazioni per creare catalizzatori destinati al processo di metanazione. Successivamente, i materiali saranno integrati nei relativi dispositivi per valutare appieno le prestazioni e le possibili migliorie. Si procederà con la realizzazione di un dimostratore tecnologico per il sistema ibrido, generando dati di convalida e informazioni essenziali per una robusta valutazione LCA/LCC, cruciale per evidenziare la sostenibilità del processo di accumulo ibrido. Il dimostratore consentirà l’analisi del comportamento dei materiali in un ambiente simulato, accoppiato a fonti di energia rinnovabile, evidenziando ulteriormente i vantaggi rispetto ad altri sistemi di accumulo.

Che tipo di innovazione potrebbe portare nel settore?

Innanzitutto un impatto sul sistema elettrico nazionale. Il sistema di accumulo ibrido menzionato nel progetto trova la sua collocazione naturale in un contesto in cui il sistema elettrico è alimentato da un mix energetico in cui il contributo delle fonti rinnovabili non programmabili è previsto in forte crescita. Secondo le stime, la potenza di eolico e fotovoltaico necessaria per raggiungere gli obiettivi rinnovabili del 2030 è dello stesso ordine del picco annuo di potenza richiesta sulla rete. Lo sviluppo della capacità di accumulo è un obiettivo fondamentale per l’integrazione efficace delle fonti rinnovabili nel sistema elettrico, in modo da ridurre l’overgeneration e soddisfare le maggiori esigenze di flessibilità e gestione della rete. Il Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC) prevede che entro il 2030 siano necessari accumuli di tipo elettrochimico con un tempo di accumulo di circa 8 ore. Inoltre, il PNIEC promuove l’integrazione del sistema elettrico con i sistemi del gas e la sintesi di idrogeno a partire da elettricità rinnovabile in eccesso, da impiegarsi a fini di accumulo o immissione nelle reti gas, anche previa metanazione. Nel medio-lungo termine, sarà necessario garantire la disponibilità di capacità di accumulo necessaria a soddisfare i requisiti di adeguatezza e stabilità del sistema elettrico italiano, promuovendo al tempo stesso lo sviluppo di nuova capacità efficiente e sostenibile dal punto di vista ambientale. Lo sviluppo dei materiali innovativi e la loro integrazione nel sistema ibrido permetterà di accumulare energia proveniente da una fonte rinnovabile e contemporaneamente generare idrogeno per via chimica in una delle semicelle associate alla batteria a flusso. Il progetto prevede una valutazione sulla gestione dell’energia in ingresso nel sistema rispetto alla capacità della batteria a flusso di assorbire le variazioni e i picchi.

L’introduzione del sistema di accumulo ibrido migliorerà quindi la flessibilità e la stabilità della rete elettrica?
Esatto, aumentando la resistenza agli eventi di stress e ottimizzando il ripristino del servizio durante le interruzioni. La produzione di idrogeno rinnovabile e la metanazione garantiranno una maggiore sicurezza nell’approvvigionamento di gas. Il sistema, dimostrato solo in laboratorio con TRL 3, mira a sviluppare materiali innovativi per promuovere la sostenibilità del processo energetico.

Quali saranno gli strumenti per l’applicazione?
ll sistema di accumulo ibrido comprende tre componenti principali. Il primo è la batteria a flusso con materiali innovativi e sostenibili: L’obiettivo a breve-medio termine è integrare tali materiali in batterie commerciali, sfruttando il già elevato livello di maturità tecnologica. Poi ci sono i reattori per la produzione di idrogeno e ossigeno: l’uso a breve termine dipende dalle prestazioni dimostrate e dall’effettiva richiesta di idrogeno nel contesto energetico nazionale. Nel medio-lungo periodo, con la crescita delle fonti rinnovabili, il sistema potrebbe estendere il tempo di accumulo, favorendo sistemi power-to-gas. Infine, c’è la componente del reattore di metanazione: l’uso dipende dalla produzione di idrogeno, orientato più verso il medio-lungo termine. In una fase di transizione dove l’infrastruttura per l’idrogeno è limitata, il reattore può favorire lo sviluppo della filiera dell’idrogeno.

 

 

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