CER, cambio di passo per il solare condiviso

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Realizzare una comunità energetica richiede una molteplicità di sforzi e attori, nonché complessi iter autorizzativi e realizzativi. Secondo diversi esperti, il decreto di recente pubblicazione dovrebbe contribuire a snellire certi processi e permettere un aumento dei volumi.

Gli sviluppi degli ultimi mesi sembrano comunque già positivi. Sono circa 85 i progetti di autoconsumo collettivo e comunità energetiche già attivi in Italia; sono oltre un centinaio quelli in fase di costruzione. Lo dice l’osservatorio dedicato del Politecnico di Milano. “Abbiamo mappato a livello nazionale 85 configurazioni attive. Per la precisazione si suddividono in 61 autoconsumo collettivo e 24 Comunità Energetiche Rinnovabili (CER). Se a queste aggiungiamo i progetti in fase di sviluppo, arriviamo a 200 progetti attivi, comprendenti sia CER che autoconsumo collettivo”, ha detto Simone Franzò, senior assistant professor presso il Politecnico.

Al momento, una quantificazione della capacità aggiuntiva potenziale degli impianti rinnovabili sviluppati all’interno delle CER è un esercizio teorico piuttosto complesso, perché l’iter normativo è ancora in conclusione. L’Italia è stata, d’altra parte, uno dei primi paesi europei a sostenere le forme di autoconsumo collettivo. Ci sono quindi delle scusanti. In più, le autorità nazionali hanno seguito il calendario per diverse norme collegate, suggerendo che le misure godono di ampio consenso sia amministrativo che politico.

Le leggi al momento in vigore distinguono l’autoconsumo collettivo, ovvero un insieme di almeno due autoconsumatori nello stesso edificio, dalle CER che, invece, richiedono la creazione di un soggetto giuridico il cui scopo prioritario non è la generazione di profitti finanziari, ma l’erogazione di servizi in grado di generare vantaggi economici, sociali ed ambientali per il territorio. Tale differenza, per ora, permette all’autoconsumo collettivo di essere più semplice da realizzare, anche e soprattutto a livello organizzativo. Al momento le CER rappresentano circa il 30% del totale dei progetti di autoconsumo “diffuso”.

Nessun modello dominante

L’attenzione dei confronti delle CER proviene da una serie di soggetti “promotori”: autorità pubbliche, società energetiche e condomini.

“Il 44% delle CER attuali vedono le amministrazioni pubbliche membri promotori delle CER. Questo è infatti il primo modello di business: per lo più piccoli comuni, spesso sfruttando linee di finanziamento disponibili, spingono per la creazione delle CER”, ha detto Franzò, sottolineando come al momento non sia ancora emersa una configurazione dominante.

In altri casi le utility fungono da promotori, mettendo in campo risorse finanziarie. Un modello interessante riguarda poi le iniziative dal basso, dove i privati cittadini o le piccole e medie imprese creano le CER e investono di tasca loro. “Queste due categorie rappresentano congiuntamente il 56% delle CER. Ma, nel futuro, ci aspettiamo un ruolo maggiore dei player dell’energia, come le utility e le ESCo”, ha aggiunto Franzò.

È quindi verosimile attendersi una crescente competizione tra le utility, considerato che la gran parte ha già sviluppato una proposta commerciale per questo segmento di mercato.

Secondo Franzò la partecipazione delle utility è fondamentale per la creazione di CER, perché facilita l’aggregazione dei membri della comunità, snellendo anche la realizzazione e la manutenzione degli impianti.

D’altro canto, fa notare Sergio Olivero, Responsabile Business&Finance Innovation dell’Energy Center del Politecnico di Torino, le CER hanno interesse a sviluppare, soprattutto in forma associata, una capacità di autogestione, che si traduce in maggiori flussi di cassa a disposizione, per agire efficacemente per lo sviluppo del territorio ed il contrasto alla povertà energetica. Le utility non sono strettamente necessarie per attivare molte CER. Questo però richiede una serie di conoscenze specifiche che spesso obbligherà la partecipazione di diversi soggetti con diverse expertise. Possibile in questo senso una configurazione di diverse società, dallo studio legale all’installatore, che collaborino a progetti CER.

“Dal 2025, con l’entrata in vigore delle nuove regole su trading, servizi ancillari e demand response (Dgs 210/2021, TIDE, ecc.)”, ha detto Olivero, “le Comunità Energetiche saranno catalizzatori e motori di nuovi modelli di business capaci di creare valore e di redistribuirlo: se le CER sapranno autogestirsi, o perlomeno interloquire alla pari con le utilities, potranno intercettare una quota maggiore della ricchezza generata”.

La capacità finanziaria

Secondo Franzò, assistant professor del Politecnico di Milano, le CER sono interessanti per un secondo motivo: sono un nuovo soggetto nel sistema elettrico che può esercitare altre funzioni, come ad esempio fornire servizi di bilanciamento, ma anche fungere da volano per la mobilità elettrica. Anche in questo caso, i servizi offerti dalle CER possono essere promossi e commercializzati dalle utility.

Parlando di prospettive per il futuro, Franzò sostiene che l’autoconsumo potrebbe portare a 7 GW di capacità rinnovabile aggiuntiva.

“La bozza di incentivazione delle CER recita 5 GW da qua al 2027 di installazioni per l’autoconsumo diffuso, cioè autoconsumo collettivo e CER. In aggiunta ci sono 2 GW dai contributi del PNRR. Diciamo che stiamo parlando di circa 7 GW al 2027. Questo il contingente massimo, che riguarda anche altre forme di “autoconsumo diffuso” alternative alle CER. La componente di installazioni su tetto sarà sicuramente cospicua. Non è da escludere, tuttavia, che si costruiscano anche impianti a terra, considerando il limite di 1 MW per ogni CER”, ha detto Franzò. Questo infatti prevedono le nuove regole presentate da poco.

Secondo il ricercatore, inoltre, gli operatori sono più o meno pronti e scalpitanti, “soprattutto dopo un 2023 che è stato fortemente al di sotto delle attese, in termini di numero di progetti sviluppati”.

Difficoltà nel 2023, segnali positivi nel 2024

I ritardi nella legislazione hanno infatti rallentato gli sviluppi, sia da parte delle utility interpellate, sia da parte di altre società attive nel settore. Senec Italia, per esempio, racconta che non è possibile prevedere la capacità rinnovabile totale delle CER nel 2024 e nel 2025. Ora siamo ancora sotto 1 MW, ma le novità normative emerse a fine gennaio sembrano aver avuto un primo riscontro positivo.

“Un’accelerazione significativa dipenderà in gran parte dalle politiche governative, che dovranno affrontare e risolvere le attuali sfide che ostacolano la diffusione di queste realtà. Una gestione efficace di queste sfide nel corso del 2024, che includa un cambiamento culturale e la semplificazione delle procedure, potrebbe portare a una svolta decisiva nel 2025″, ha commentato Vito Zongoli, Ad di Senec Italia.

Per sbloccare il potenziale delle CER, la società tedesca sottolinea la necessità di superare una serie di altri ostacoli, in primis l’iter autorizzativo.

Il primo ostacolo allo sviluppo delle CER consiste nel lungo iter necessario per la loro costituzione, e quindi per laccesso agli incentivi. Per creare una CER, tra realizzazione degli impianti, costituzione legale e regolamentazione dellente giuridico e procedure di comunicazione e rendicontazione al Gestore dei Servizi Energetici (GSE), può volerci anche un anno e ciò significa affrontare investimenti considerevoli prima di vederne i frutti”, ha detto Zongoli.

Per affrontare gli investimenti è necessario disporre di risorse economiche. Zongoli riferisce comunque che alcuni istituti bancari si siano già mossi e abbiano presentato proposte ad-hoc.

Un secondo ostacolo deriva dalla diffidenza della popolazione locale rispetto ai carichi burocratici da affrontare per la realizzazione di progetti di questo tipo.

“È importante promuovere una maggiore consapevolezza culturale sul tema. È fondamentale che i vantaggi delle CER, sia per la comunità che per l’ambiente, siano ben compresi, insieme alle procedure per la loro creazione e gestione”, ha detto Zongoli. Il governo, insieme a GSE e ARERA, ha già pianificato di dare maggiore visibilità alle CER, anche attraverso campagne di sensibilizzazione.

Forse ancora più interessante da un punto di vista commerciale è una considerazione puramente economica: è difficile calcolare il reale ritorno sullinvestimento. Gli incentivi alle CER sono erogati sulla base dellenergia condivisa dai membri ma questo dato non è di facile definizione a priori e inoltre può variare nel tempo a seconda dei membri e del loro profilo di produzione e di consumo.

Questa incertezza, acuita anche dallattuale mancanza di casi di studio consolidati, scoraggia sia i privati che le entità più grandi e rende difficoltoso reperire soggetti disposti a scommettere su queste nuove iniziative”, ha concluso Zongoli, implicitamente suggerendo che casi di successo potrebbero aumentare vertiginosamente linteresse per le CER.

Contrasto alla povertà energetica

Le CER e tutte le forme di autoconsumo collettivo hanno una forte dimensione sociale perché possono diminuire l’esposizione dei clienti alla volatilità dei mercati dell’energia. Le comunità, inoltre, non possono avere scopo di lucro.

Uno studio del 2020 fatto da Elemens e Legambiente dimostra che il potenziale delle CER è alto, in primis nel contrasto alla povertà energetica”, ha detto Ottavia DAgostino, membro dell’Ufficio Energia Legambiente, sottolineando come le CER e tutte le forme di autoconsumo migliorano anche l’immagine delle rinnovabili,.

Abbiamo bisogno di un forte cambiamento del modello energetico, ma registriamo contemporaneamente unopposizione alle rinnovabili. Quindi le CER sono uno strumento importante: il nuovo membro acquisisce una maggiore consapevolezza della produzione energetica, interrompendo il rapporto passivo nei confronti delle bollette e della produzione dellenergia”, ha aggiunto DAgostino.

Le CER sono uno strumento di accettazione delle rinnovabili, poi, per un ultimo ovvio motivo:  avvicina i consumatori alle dinamiche di produzione dell’energia.

Nonostante le incertezze normative è comunque chiaro che la dimensione sociale delle CER cambi da caso a caso. Ogni CER richiede infatti uno statuto; si possono prevedere diverse modalità, da una semplice divisione tra membri a una forma di supporto al territorio. L’ultima variabile che può aumentare la rilevanza sociale delle CER è il possibile intervento di donatori, che intervengono per finanziare un progetto. Questo però, al momento, non sembra un approccio facilmente replicabile.

“Nel caso di un progetto realizzato a Napoli Est, la Fondazione con il Sud ha donato per sostenere un modello solidale. Quindi anche eventuali donatori possono confermare questa natura solidale. Le persone che costituiscono la CER sono poi una seconda indicazione della dimensione sociale. Se fatte in contesti periferici, che soffrono spesso di svantaggi di diversa natura, la componente sociale delle CER è chiara”, D’Agostino ha detto.

Secondo DAgostino, l’interesse per le CER rimane forte, soprattutto in alcune regioni. “Un bando della regione Campania vuole per esempio essere complementare al bando PNRR proprio per la fase iniziale della CER, in fasi come la mobilitazione territoriale fino alla redazione dello statuto”.

Secondo il membro dell’Ufficio Energia Legambiente, la capacità totale aumenterà velocemente. “È uno strumento che già sta dando risultati positivi, i risultati andranno a migliorarsi in maniera esponenziale”.

Quadro normativo

Le Comunità Energetiche Rinnovabili (CER) sono un’emanazione della direttiva europea Rinnovabili, nella sua seconda elaborazione, la cosiddetta RED II. Le CER sono regolate dall’articolo 42-bis del Decreto Milleproroghe 162/2019 (convertito con la Legge n. 8/2020 del 28 febbraio 2020), che recepisce la Direttiva Europea RED II (2018/2001/UE), e da alcuni provvedimenti attuativi.

In particolare, la delibera 318/2020/R/eel dell’ARERA (Autorità di Regolazione per Energia, Reti e Ambiente) e il DM 16 settembre 2020 del Ministero dello Sviluppo Economico (MISE). La prima ha definito che i partecipanti si vedranno riconosciuti la restituzione di alcune componenti relative ad oneri rete e a perdite di rete evitate. Il DM MISE del settembre 2020 ha stabilito invece il valore dell’incentivo sull’energia condivisa in tempo reale, pari a 100 €/MWh per l’autoconsumo collettivo e a 110 €/MWh per le CER.

Il D.Lgs. 199/2021 è poi intervenuto per ampliando la soglia massima di potenza degli impianti rinnovabili e stabilendo che gli impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili debbano avere una potenza complessiva non superiore a 1 MW. Per ora rimane invece un dubbio sui vecchi impianti. Un’interpretazione precedente suggeriva che possono aderire alla Comunità Energetica anche impianti da fonti rinnovabili già esistenti alla data di entrata in vigore del D.Lgs. 199/2021, ma questi vecchi impianti potevano rappresentare solo il 30% della potenza complessiva. Ora la situazione sembrerebbe cambiare. Il condizionale è però necessario, almeno per ora.

La costituzione di una CER richiede due membri fondatori, che siano produttori, prosumer o consumatori. I membri della CER possono utilizzare le reti di distribuzione esistenti per immettere e prelevare l’energia prodotta, ma è necessario che gli impianti di produzione e i punti di prelievo della Comunità siano connessi alla medesima cabina primaria di trasformazione elettrica.

A settembre 2023 il Gestore dei Servizi Energetici (GSE) ha pubblicato la mappa interattiva delle aree convenzionali sottese alle cabine primarie presenti sul territorio nazionale. Questo era previsto nel Testo Integrato sull’Autoconsumo Diffuso (TIAD), pubblicato a gennaio 2023.

L’applicazione del TIAD era prevista dal 1° marzo 2023 o in concomitanza con l’entrata in vigore del decreto del Ministero del’Ambiente e della Sicurezza (MASE) riferito agli strumenti di incentivazione economica. Quest’ultimo è stato firmato dal ministro Gilberto Pichetto Fratin a dicembre, approvato dalla Corte dei Conti a inizio anno. Il decreto CER è entrato in vigore il 25 gennaio 2024.

Il DM MASE sulle CER ha cambiato in parte i meccanismi per l’incentivazione. I meccanismi di incentivazione economica sono ora un contributo a fondo perduto e una tariffa incentivante. L’incentivo cambia in funzione dell’impianto ed è composto da una parte fissa 60 €/MWh e una parte variabile a seconda del prezzo zonale.

Contestualmente il governo ha detto che, entro i trenta giorni successivi dall’entrata in vigore del decreto, sarebbero state approvate dal Ministero, previa verifica da parte dell’ARERA e su proposta del Gestore dei Servizi Energetici (GSE), le regole operative che dovranno disciplinare le modalità e le tempistiche di riconoscimento degli incentivi. Questo è successo in tempo, come da dichiarazione del governo.

Il MASE ha approvato le Regole Operative relative al decreto CER che disciplinano le procedure per l’accesso alle tariffe incentivanti e ai contributi in conto capitale previsti dal PNRR, sciogliendo i tre grandi nodi per l’autoconsumo collettivo: la cumulabilità degli incentivi, la data di entrata in esercizio degli impianti e il soggetto beneficiario

Il GSE ha definito le condizioni per la cumulabilità degli incentivi: il contributo PNRR è cumulabile con 1. altri contributi in conto capitale diversi da quelli sostenuti da altri programmi e strumenti dell’Unione Europea “di intensità non superiore al 40%” (in tal caso il contributo PNRR richiedibile per kW è al massimo pari alla differenza tra il 40% del costo di investimento di riferimento massimo espresso in €/kW e i contributi in conto capitale per kW già ricevuti o assegnati); 2. i contributi erogati a copertura dei soli costi sostenuti per gli studi di prefattibilità e le spese necessarie per attività preliminari; 3. la tariffa incentivante decurtata.

Il contributo PNRR non è cumulabile con: 1. incentivi in conto esercizio diversi dalla tariffa incentivante; 2. detrazioni fiscali con aliquote ordinarie; 3. altri contributi in conto capitale sostenuti da altri programmi e strumenti dell’Unione Europea; 4. altre forme di sostegno pubbliche che costituiscono un regime di aiuto di Stato diverso dal conto capitale.

Il documento poi chiarisce l’altro grande nodo: le configurazioni possono prevedere anche impianti “esistenti”, ove per esistenti si intendono impianti entrati in esercizio fino al 15 dicembre 2021, diversi da quelli già facenti parte di CER e di sistemi di autoconsumo collettivo.

Nel caso di CER, la potenza degli impianti esistenti non può superare il 30% della potenza complessiva degli impianti appartenenti alla configurazione.

La potenza finanziabile è di 5 GW al 2027, con circa 2.2 miliardi da investire entro il 2026. Per i comuni con meno di 5 mila abitanti si aggiunge a questo un contributo a fondo perduto fino al 40% del costo nel quadro del PNRR, che può essere cumulato con la tariffa incentivante.

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