Meccanismi di degradazione nelle celle solari a colorante DSSC: fattori ambientali, dispositivi flessibili e moduli

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I meccanismi di degradazione nelle celle solari DSSC (Dye Sensitized Solar Cell) possono essere sia intrinseci che estrinseci, oltre il fatto che un dispositivo DSSC deve essere stabile a livello molecolare, di singola cella e di modulo. Alcuni fattori come l’acqua, l’ossigeno, la luce UV, la temperatura e la scarsa sigillatura del dispositivo, amplificano i meccanismi di degradazione.

L’acqua è responsabile dei seguenti problemi: desorbimento e degradazione del colorante, sostituzione del gruppo NCS con OH nel colorante, formazione di IO3 nell’elettrolita e precipitazione del platino sullo strato di titania (biossido di titanio). Diventa quindi cruciale controllare l’umidità dell’ambiente di fabbricazione e dei materiali utilizzati.

L’ossigeno ha invece impatto sull’ossidazione di elettrolita e colorante.

La luce UV influisce sulla stabilità del dispositivo in termini di ossidazione del colorante e dell’elettrolita, alterazione della molecola del colorante, formazione di stati trappola nella matrice di biossido di titanio, degradazione e bleaching dell’elettrolita.

In letteratura, l’elettrolita può essere formulato con ioduro di magnesio o di calcio per prevenire la degradazione UV. La luce UV in combinazione con la fotocatalisi del biossido di titanio e prima della colorazione del colorante, può essere utile per migliorare la connessione tra le particelle di biossido di titanio, pulire il substrato conduttivo e rimuovere sostanze organiche come processo termico per substrati flessibili. Durante il funzionamento del dispositivo, è necessario utilizzare un filtro UV per ridurre la rapida degradazione.

In presenza di temperature superiori a 50 °C possono esserci i seguenti impatti negativi sui dispositivi DSSC: a 80°C una grande quantità di colorante si dissolve nell’elettrolita o può desorbire dal biossido di titanio; perdita irreversibile di iodio/ioduro, ragion per cui complessi a base di cobalto e rame sono preferiti; fuoriuscita dell’elettrolita dalla cella; degradazione del contro-elettrodo. Alcuni autori hanno riportato che lo stress termico è “un problema intrinseco di stabilità” indipendentemente dall’assemblaggio del dispositivo, anche se i problemi di sigillatura hanno come conseguenza l’ulteriore l’amplificazione dei meccanismi di degradazione riportati (Figura 1).

Figura 1 (b) – Ottimizzazione in termini di materiali e strutturali di un modulo fotovoltaico DSSC. Sperimentazione condotta nel centro di ricerca e sviluppo Dyepower, Fonte Nuova (RM).

I dispositivi flessibili presentano meccanismi aggiuntivi di degradazione rispetto ai dispositivi realizzati su substrati vetrosi conduttivi. In questo caso, i substrati hanno per loro natura l’esigenza di essere trattati termicamente a bassa temperatura ed in questo caso gli inchiostri presentano instabilità meccanica a causa della scarsa adesione.

Inoltre, per evitare il deterioramento dello strato conduttivo di ITO (Indium Tin Oxide), liquidi ionici non volatili o elettroliti solidi senza ioduro di litio sono preferibili a soluzioni fortemente acide e alcaline. I substrati di PEN (Polietilene Naftalato) plastico sotto la luce UV diventano gialli a causa del nafitalene dicarbossilato presente nei substrati.

I substrati plastici porosi sono permeabili all’acqua, all’umidità e al gas, causando perdite di elettrolita e breve durata. È possibile depositare strati di barriera mediante ALD (Atomic Layer Deposition) e sputtering. L’ossido di silicio polietilene tereftalato è una barriera a basso costo con un’intrusione di acqua all’anno del 10%. Inoltre, l’utilizzo di barriere polimeriche ai vapori ed alla permeabilità (UHB – Ultra High Permeation) sono valide alternative per migliorare la durata. Esistono dei vetri ultra-sottili con spessori di 25-100 µm con cui è possibile coniugare la flessibilità della plastica e le caratteristiche di barriera ai gas del vetro. I substrati metallici sono influenzati dalla stabilità chimica rispetto all’elettrolita, ma l’utilizzo di metalli resistenti alla corrosione come il titanio, rivestiti o l’adozione di un elettrolita meno aggressivo sono soluzioni possibili al problema.

Esistono alcuni fattori di degradazione legati a moduli e pannelli collegati in serie, come per esempio la polarizzazione inversa e l’elettroforesi indotta dalla luce. Il primo meccanismo si verifica quando una cella è elettricamente non bilanciata in un modulo collegato in serie, diventando polarizzata inversamente rispetto alle altre celle. Questo accade quando la cella è oscurata o profondamente degradata. Il meccanismo dell’elettroforesi si verifica quando c’è trasporto di ioni nell’elettrolita tra celle adiacenti, causato da problemi di chiusura del dispositivo.

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