Brevetto per vetri fotovoltaici autopulenti, l’intervista ad ENEA

Share

“Il processo che abbiamo sviluppato permette di affrontare un problema fin qui insoluto grazie ad  un processo di rivestimento che modifica la bagnabilità degli specchi, cioè la capacità di entrare in contatto con l’acqua, preservandone le proprietà ottiche e possibilmente svolgendo una funzione protettiva rispetto ad erosione e corrosione”, ha spiegato a pv magazine Italia la referente del progetto Anna Castaldo, ricercatrice del Laboratorio ENEA di Energia e accumulo termico e autrice del brevetto insieme ai colleghi Emilia Gambale e Giuseppe Vitiello, del Centro Ricerche di Portici.

La genesi dell’invenzione parte dal fatto che gli impianti solari si trovano tipicamente in aree semiaride dove l’irraggiamento è molto alto e si sporcano con sabbia, polveri, pollini e deiezioni di volatili. Tutte condizioni che rendono il loro lavaggio indispensabile per un corretto ed efficiente funzionamento, con la conseguenza che il costo dell’energia elettrica prodotta includa le operazioni di pulizia e manutenzione facendo del consumo di acqua uno dei fattori per valutare la profittabilità degli impianti stessi.

“Per ovviare a questo problema abbiamo pensato di cambiare ‘pelle’ agli specchi solari avvalendoci di una tecnica semplicissima quale lo spray a bassa pressione di un materiale proveniente dal settore automobilistico e di una filiera ben consolidata come quella della verniciatura”, ha spiegato la dottoressa Castaldo.

L’intuizione è nata anche comparando gli specchi solari alle auto: esposte alle intemperie,  vengono lavate usualmente senza che questo ne determini un’usura. Da qui l’idea di selezionare alcuni componenti delle loro vernici, quelli con i requisiti ottici idonei, e adoperarli per rivestire gli specchi.

L’invenzione è applicabile in tutti quei settori, come fotovoltaico, anti-ghiaccio/brina e illuminazione per esterni, dove è richiesta una modulazione della bagnabilità abbinata a trasparenza e resistenza alle intemperie. Inoltre, il brevetto, che ha un indice di trasferimento tecnologico elevato su specchi nuovi, copre anche la possibilità del retrofitting, ossia l’applicazione su specchi solari già installati.

“Per valutare se un’applicazione è adoperabile su larga scala esiste un indice che valuta il livello di maturità tecnologica su una scala da 1 a 9, il TRL (Technology Readiness Level). Per l’applicazione prevalente agli specchi solari nuovi dichiariamo un TRL di 7-8, ciò significa ottime prospettive di applicabilità. C’è da considerare che l’ENEA adopera come criterio per valutare se brevettare o meno le nostre invenzioni proprio le prospettive concrete che si offrono alle aziende ed un alto TRL è certamente un quid pluris, perché significa che non saranno necessarie altre attività di ricerca per arrivare al mercato”, ha dettagliato la ricercatrice.
“Le prospettive per l’applicazione su larga scala sono di due tipi: ambiziose, vedendo applicati rivestimenti autopulenti sugli impianti solari a concentrazione di tutto il mondo, e nobili, contribuendo al risparmio dell’acqua che è una risorsa preziosissima”.
Anna Castaldo ha inoltre spiegato che la sporcizia influisce direttamente sulla resa complessiva di energia degli impianti solari a concentrazione,  determinando un calo di efficienza che può arrivare addirittura al 60% in un anno. “Questo significa che i gestori dei grandi impianti in giro per il mondo sostengono dei costi per ripristinare la riflettanza degli specchi, che si ripercuotono sui costi dell’energia elettrica prodotta. La prospettiva più ambiziosa è quella di limitare questi costi. Inoltre, giusto per rendere l’idea di un ordine di grandezza, per pulire gli specchi di un campo solare da 50 MW  occorrono 25.000.000 di litri di acqua distillata all’anno”.

I presenti contenuti sono tutelati da diritti d’autore e non possono essere riutilizzati. Se desideri collaborare con noi e riutilizzare alcuni dei nostri contenuti, contatta: editors@nullpv-magazine.com.