Il blackout iberico non è colpa del solare, e questo è certo

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Lunedì 28 aprile 2025, ore 12:33. Spagna e Portogallo si spengono. Tutti. In un battito di ciglia. Treni, scuole, ospedali, aeroporti, pompe di benzina, server e stazioni di ricarica: blackout totale. Subito il panico, subito le ipotesi: sarà stato un attacco hacker? Un evento climatico estremo? Troppo sole in rete? Nessuna delle tre.

No, non è stato il sole. E no, non è stato il clima. È stata la vecchia rete elettrica, incapace di reggere il presente, figuriamoci il futuro.

Lo ha detto chiaro e tondo il gestore spagnolo REE: nessun attacco informatico, nessuna tempesta. Solo due “innocue” interruzioni della generazione nella zona sud-ovest della Spagna. Due cali separati da 1,5 secondi. Bastati a far collassare l’intero sistema. Perché? Perché quella rete, su cui hanno impiantato la rivoluzione energetica, è ancora figlia del Novecento.

Una rete da museo per un mix da rivoluzione

La rete iberica, al momento del disastro, era alimentata per oltre il 75% da fonti rinnovabili, in larga parte connesse tramite inverter “grid-following”. Tecnologie fantastiche, efficienti, economiche – ma senza inerzia. E l’inerzia, per chi gestisce la stabilità di una rete, è tutto. È il cuscino che assorbe gli shock. È il tempo che guadagni prima di andare a fondo. E quando non ce l’hai, sei appeso al nulla.

In quei secondi maledetti, la frequenza della rete è scesa, i sistemi di protezione hanno iniziato a sganciare generatori, l’interconnessione con la Francia ha fatto “click” e si è spenta. A quel punto, la rete iberica è diventata un’isola elettrica senza ancore. E come ogni isola non progettata per stare da sola, è affondata.

Dove erano i BESS? Non pervenuti.

Ma la vera domanda che ogni ingegnere o analista energetico si è posto è: dove erano i sistemi di accumulo? Dove erano le batterie capaci di reagire in millisecondi e smorzare i transitori prima che il castello crollasse? La risposta è cruda: in Spagna (e in Portogallo) i BESS – i sistemi di accumulo elettrochimico – sono ancora agli albori. Pochi progetti, poca potenza installata, assenza di un quadro regolatorio davvero abilitante (che ora però scommetto arriverà vigoroso e a breve!). E quindi, nessun contributo utile nel momento più critico.

Il confronto con sistemi virtuosi come la California o il Sud Australia è impietoso. In California, il gestore Caiso ha integrato oltre 7 GW di BESS (dato 2024) nel proprio mix, con regole di mercato che ne remunerano flessibilità e risposta rapida. Risultato? Nessun blackout diffuso nemmeno durante i picchi di domanda estivi, quando i consumi superano i 50 GW. L’energia viene spostata, bilanciata, compensata in tempo reale. Le batterie entrano in funzione prima ancora che il sistema vada fuori soglia. E se non bastano, c’è una gestione intelligente della domanda, ci sono segnali di prezzo dinamici e interconnessioni robuste.

Il Sud Australia, dopo il traumatico blackout del 2016, ha messo in campo un mix di tecnologia e coraggio politico: accumulatori di grande taglia (come la Hornsdale Power Reserve), inverter “grid-forming”, compensatori sincroni e perfino generatori diesel di emergenza intelligenti. Da allora, nessun blackout sistemico. E parliamo di una rete che lavora per oltre il 70% con rinnovabili.

L’Italia è davvero al sicuro?

In Italia, Terna ha rassicurato: il blackout iberico non ha avuto alcuna ricaduta sul nostro sistema. Merito di una rete ben interconnessa, di una pianificazione seria degli sviluppi necessari, e di piani di difesa sempre aggiornati. Ma basta questo? Secondo il professor Maurizio Delfanti del Politecnico di Milano, che basa le sue considerazioni anche sulle esperienze maturate nella analisi del blackout del 2003, eventi come quello iberico, pur rari, non possono essere esclusi. E anche in Italia la penetrazione delle FER cresce rapidamente, ponendo sfide nuove a una rete che ancora oggi si regge, in gran parte, sull’inerzia fornita da impianti convenzionali. In assenza di investimenti decisi in tecnologia di supporto – come inverter grid-forming, Fast Frequency Response, e BESS in generale – anche il nostro sistema potrebbe trovarsi in difficoltà.

Il solare non ha colpe. Semmai, è l’unico ad aver tenuto

I dati pubblicati da REE sono eloquenti: produzione fotovoltaica prima del blackout: 18,2 GW. Dopo: 8,2 GW. Significa che oltre 8 GW sono rimasti attivi, hanno resistito. Perché dotati di funzionalità di fault ride through. Perché progettati bene. Perché capaci di restare attivi anche quando la rete ondeggia. Nessun’altra fonte ha fatto meglio. Il nucleare? Spento tutto, per sicurezza. Il carbone? Fantasma. Il gas? Ha tentato, ma è arrivato tardi. E mentre le interconnessioni cadevano, il solare – il tanto bistrattato solare – restava lì, a fornire quello che poteva.

Chi oggi usa questo blackout per dire “vedete, le rinnovabili non funzionano” (e sono politici e consulenti che lavorano per le Oil & Gas… generalmente) non ha capito nulla. Non è l’eccesso di FER il problema. È l’assenza di infrastrutture moderne per gestirle. È come costruire autostrade elettriche con le regole del traffico dei carretti. Bisogna adeguarsi al futuro, non se ne esce.

Cosa serve per non trovarsi al buio

Il blackout iberico deve essere un campanello d’allarme, non una scusa per rallentare la transizione. Le contromisure sono note, e devono essere attuate ora:

  1. Inverter grid-forming: il solare può e deve essere parte attiva nella stabilità, se dotato delle tecnologie adeguate.
  2. Sistemi di accumulo distribuiti e centralizzati: non solo mega-batterie, ma anche BESS domestici e industriali, integrati con intelligenza.
  3. Compensatori sincroni nei nodi deboli: offrono inerzia e potenza di corto circuito, elementi chiave per la resilienza.
  4. Fast Frequency Response: servizi di rete per rispondere in millisecondi, remunerati e obbligatori.
  5. Trasparenza: pubblicare l’inerzia di sistema in tempo reale, come fa Fingrid in Finlandia, è un atto di responsabilità verso operatori e cittadini.

Italia: vigile sì, ma non immune

E in Italia? Siamo al sicuro? Per ora, sì. Terna ha confermato: nessuna anomalia, nessun effetto domino. Merito di una rete più interconnessa, di una cultura della prevenzione e di una strategia di sviluppo nata dal blackout del 2003. Ma non siamo invincibili.

L’Italia ha fatto passi avanti:

  • 50 GWh di nuova capacità di accumulo entro il 2030
  • Progetti come il Tyrrhenian Link per unire Campania, Sicilia e Sardegna
  • Integrazione dei BESS nel mercato dei servizi
  • Promozione dei sistemi di Fast Frequency Response
  • Inizio sperimentazioni con inverter grid-forming, che simulano la presenza di generazione sincrona

Ma la vera svolta sarà quando ogni impianto solare con accumulo sarà una piccola centrale di stabilizzazione. Quando i prosumer non saranno più solo produttori, ma attori della rete. Quando la domanda sarà flessibile e i consumi intelligenti. E quando il gestore di rete pubblicherà non solo i dati di carico, ma anche l’inerzia di sistema, in tempo reale, come già fa la Finlandia.

Il futuro non si rallenta. Si governa.

Ogni blackout è un messaggio. Quello iberico dice questo: la transizione è inevitabile, ma va gestita con intelligenza. Non possiamo tornare al passato. Non è più un’opzione. Il nucleare, osannato da alcuni come ancora di salvezza, si è disconnesso in meno di un secondo. Perché lo impone la sicurezza. E ci vogliono giorni per riavviarlo. La flessibilità non abita lì.

La flessibilità abita nel solare. Nell’eolico. Nell’idroelettrico intelligente. Nei BESS. Negli algoritmi. Negli edifici intelligenti. Nei cittadini coinvolti.

Chi oggi usa questo blackout per dire “fermiamo le rinnovabili” sbaglia bersaglio. Il problema non è il sole. È l’infrastruttura che deve essere preparata ad accoglierlo, perché il futuro è il solare, e il futuro non si ferma

Conclusione: se vuoi il solare, devi meritartelo

Il fotovoltaico è una benedizione per l’Europa. È abbondante, modulare, sicuro. Ci rende indipendenti dai fornitori di gas, e anche di uranio. Ma non basta spalmare il fotovoltaico sui tetti. Va integrato. Va rispettato con regole di rete, con sistemi di accumulo, con servizi avanzati. Altrimenti succede quello che è accaduto in Spagna: che il futuro bussa alla porta… e trova chi ancora tiene il citofono spento.

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