Bozza decreto Aree idonee e nucleare sostenibile: “The new Italian way”

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Il tempo passa, la nebbia si dirada, e sempre più timori e obiettivi di chi ci governa appaiono chiari e nitidi, nel mantra gattopardiano “Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi”. Possiamo altresì definirlo immobilismo all’italiana, politica di allungamento a tempo indeterminato della transizione energetica, amore per le fossili o la burocrazia, scegliete voi…

La bozza di decreto sulle aree idonee ignora le previsioni dello schema di direttiva rinnovabili RED III (non ancora formalmente approvata ma vicina all’approvazione), che prevede precise disposizioni in materia di mappatura delle aree necessarie per gli obiettivi 2030 e l’individuazione di quelle idonee allo sviluppo accelerato delle rinnovabili di cui tutta l’UE ha dannatamente bisogno, e non si comprende come l’area considerata nel DM per gli impianti, sia limitata al solo 5-10% della superficie totale in disponibilità.

Questo aspetto nello specifico costringerebbe i produttori di energia ad acquistare (o prendere in DDS) molto più terreno di quello destinato agli impianti, con aggravi di costi consistenti degli stessi, ed un conseguente aumento dell’LCOE. Dal punto di vista di impatto paesaggistico, le condizioni dettate dalla bozza di DM, aumentano la possibilità di avversità contro il fotovoltaico (causa maggiore impatto visivo), in quanto, sarebbero ammessi senza la limitazione del 10 % solo gli impianti fotovoltaici avanzati che hanno un’altezza minima dal suolo di 2,1 metri per le coltivazioni e 1,3 m per l’allevamento, e altezze delle strutture dell’ordine di 5,5 – 6,4 m nel punto più alto.

Se ipotizziamo poi che nel breve e/o medio periodo vi sia una (a mio avviso auspicata) revisione delle norme per materiali e impianti dovute all’effetto dei cambiamenti climatici e alla sempre più frequente presenza di eventi estremi, questo si configurerebbe come un grande aumento di capex per gli impianti, LCOE più elevati, e potenziale necessità di ulteriori contributi pubblici per sovvenzionare il settore, quando il PV a terra ha già ampiamente raggiunto la sua maturità tecnologica e potrebbe tranquillamente anche in Italia produrre energia tra o,05 e 0,08€/kWh.

La bozza di decreto poi non parla ancora in maniera strutturata e convinta di accumuli, che sono il vero abilitatore di una transizione fatta con fonti intermittenti come il solare e l’eolico, anche off-shore. Una via privilegiata di autorizzazione o il comunque rendere idonee aree nell’intorno dei 500m ad esempio dalle sottostazioni Terna (tipo Solar Belt, per intenderci), agevolerebbe sicuramente il settore, ridurrebbe i capex degli impianti BESS e agevolerebbe enormemente i tempi di trasformazione della rete elettrica italiana, nonché la sua stabilizzazione.

Come hanno commentato recentemente Italia Solare e GIS, una bozza di decreto del genere, è meglio che non esca se deve uscire così, e tutto rimanga come è ora. Proposte di modifica sono uscite dettagliatamente da Italia Solare, e si spera che la maggioranza delle stesse siano prese in considerazione, per il bene del settore, e del prezzo dell’energia che pagheranno anche in futuro tutti i cittadini italiani.

Vedete che una news del settore energetico italiano delle ultime settimane è anche quella del Nucleare Sostenibile. È stata lanciata infatti da qualche settimana una “piattaforma” annunciata da Pichetto Fratin che dovrebbe essere, nell’idea del Ministro, il soggetto di raccordo e coordinamento tra tutti i diversi attori nazionali che a vario titolo si occupano di energia nucleare, sicurezza e radioprotezione, rifiuti radioattivi, sotto tutti i profili. A parte il fatto che:

  • Gli italiani hanno già fatto due referendum nei quali hanno detto no a questa tecnologia
  • Non esistono ancora aree nelle quali si sia ipotizzato di installare centrali, ne ho notizia di Comuni che si siano offerti di ospitarli
  • Non esiste ancora il deposito nazionale per i rifiuti radioattivi attuali, che nessuna Regione vuole, e si fa fatica a pensare su chi desideri ulteriori scorie da gestire
  • I reattori SMR (small modular reactor), quelli di cui la nostra politica parla da tempo, non sono ancora commercialmente disponibili, e non esiste quindi neanche uno standard regolatorio che è tutto da definire
  • I tempi stimati di entrata in esercizio di queste centrali (presupponendo quindi che qualche Comune le voglia nel proprio territorio), non sarebbero inferiori ai 20-30anni, con rischio di obsolescenza dei progetti e delle tecnologie elevato, a causa dei trend di miglioramenti tecnologici di rinnovabili e accumuli
  • L’LCOE di queste centrali è sempre un parametro dubbio, e nel caso di centrali più piccole, i  fattori di scala avranno meno effetto e ci si aspetta quindi valori ancor più elevati
  • C’è un italico rischio, come nel caso del MOSE, o di altri grandi progetti di grande dimensione, che ci siano problematiche di legalità, legate alla centralizzazione dei progetti

Per tutte queste ragioni, considero personalmente il Nucleare a fissione una grande arma di distrazione di massa per il nostro Paese, considerando sia l’accettazione da parte della popolazione, che i tempi di autorizzazione, che i tempi di realizzazione e tutte le ulteriori incertezze del caso legate alla gestione delle scorie e non ultimi i costi di realizzazione, veramente un parametro ignoto.

Se invece parliamo di fusione e di necessaria ricerca congiunta, magari con altri Paesi, a mio avviso la cosa è assolutamente coerente con gli obiettivi di decarbonizzazione del pianeta, e anche l’Italia è importante che faccia la sua parte.

Però l’Italia è il Paese delle contraddizioni come sappiamo, e mentre esce una bozza di DM che sembra voglia imbrigliare lo slancio del fotovoltaico avuto nell’ultimo anno, con regole scritte male, che potrebbero danneggiare anche chi gli investimenti ha già iniziato a farli in buona fede, da un’altra parte è stato appena approvato il progetto definitivo della seconda tratta del Tyrrhenian Link tra Sicilia e Sardegna (un’opera maestosa da 970 km di lunghezza e 1.000 MW di potenza che Terna ultimerà entro il 2028).

Contemporaneamente, per il Consiglio di Stato (sentenza N 8029/2023), gli impianti agrovoltaici non possono essere assimilati a quelli fotovoltaici né dal punto di vista tecnico né sotto il profilo giuridico, ma mancano ancora le regole per far partire il mercato delle Comunità Energetiche.

Insomma, come sempre evoluzioni in corso, con progressi, regressi e pause normative e di politica energetica sempre all’ordine del giorno. La solita speranza è che non si facciano un passo avanti e due indietro, come in Italia ogni tanto accade.

Questo articolo fa parte di una serie di articoli curati da Mauro Moroni per pv magazine Italia. Gli articoli precedenti erano focalizzati sui principali trend del 2023, sul DL Semplificazioni, sulla diversificazione tecnologica per superare impasse materie prime, sulle “strategie di resistenza sporche delle fossili” e sul rapporto tra riscaldamento globale e mondo dell’energia.

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