CEI pubblica seconda versione degli standard per agrivoltaico: basta criteri rigidi

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Dopo quasi un anno dalla prima pubblicazione della CEI PAS 82-93, il Comitato Elettrotecnico Italiano (CEI) ha rilasciato la seconda versione delle norme sull’agrivoltaico.

“La nuova versione, in contrasto con la prima, manifesta un’apertura importante verso il mondo agricolo, ammettendo l’impossibilità di fissare dei criteri geometrici rigidi riguardanti l’altezza minima da terra e la superficie non coltivabile (SN) sottostante i moduli senza considerare l’agricoltura stessa. Di fatti, la norma chiarisce che SN è variabile e dipende dalla tipologia e dall’altezza della coltura prevista,” Oltis Dallto, dottore forestale, ha commentato a pv magazine Italia.

Lo sviluppo ricalca quanto emerso in Germania: secondo la norma tedesca DIN SPEC 91424, quando si utilizzano inseguitori, la superficie considerata non coltivabile può variare a seconda del tipo di coltura.

Lo sottolinea Dallto, che evidenzia poi che la SN influisce nel calcolo del primo requisito fissato dalle Linee Guida per gli impianti agrivoltaici (requisito A.1 – Superficie minima per l’attività agricola), ovvero il limite minimo del 70% di area agricola sulla superficie totale.

“Ovviamente maggiore è la SN, minore è la superficie agricola e più difficile sarà raggiungere tale requisito. Ricordo che il non raggiungimento di uno solo dei requisiti comporta la mancata della definizione di “agrivoltaico” e di conseguenza la perdita del titolo autorizzativo dell’impianto stesso”, ha detto Dallto.

L’ingegnere nato in Albania e residente a Cagliari ricorda che la prima versione della CEI PAS non teneva conto dell’enorme quantità di coltivazioni possibili.

“Basti pensare che, per esempio, per le foraggere, che occupano più del 50% della superficie agricola nazionale (dati ISTAT), veniva fissata come superficie non coltivabile l’area sottostante i pannelli quando essi sono disposti in orizzontale e l’altezza minima è minore di 2.10. Questa imposizione era addirittura una condizione peggiorativa considerando che nelle linee guida i moduli vengono considerati in posizione di massima inclinazione tecnicamente possibile dimezzando, di fatti, la SN”.

Nel caso degli inseguitori solari, aspetto non ben chiarito nelle Linee Guida stesse, la seconda versione della CEI PAS include la posizione inclinata dei pannelli. Inoltre, si ammette la possibilità che una certa porzione di quest’area possa essere coltivata fino a un limite di 0,5 m dal palo, fissato per la sicurezza. Questo, sempre in funzione della coltura proposta, faciliterà il raggiungimento del requisito A.1.

Oltis Dallto

Immagine: Oltis Dallto

Dallto ha studiato ingegneria e economia ad Ancona, prima di studiare scienze forestali a Sassari.

“In precedenza, l’agronomo o il dottore forestale firmavano la relazione agronomica e di solito venivano incaricati solo per dimostrare la continuità delle attività agricole (Requisito B1 delle Linee guida). Adesso, queste figure dovranno lavorare a stretto contatto con i sviluppatori, già dalle prime fasi del progetto, assicurando anche la conformità con i requisiti costruttivi e spaziali. In sostanza, queste figure entrano a far parte, di diritto, nel team di engineering del sistema e non sono più figure marginali funzionali alla completezza documentale”.

Le nuove norme richiedono che gli esperti agronomi dimostrino la possibilità di coltivare sotto i moduli e la sicurezza di chi opera nell’impianto per l’intera vita utile del sistema. Devono essere specificate anche le scelte colturali, le fasi di lavorazione, le pratiche e gli eventuali mezzi meccanici utilizzati. Nel caso di colture erbacee, spiega Dallto, devono essere evidenziate anche le rotazioni colturali finalizzate al mantenimento della fertilità del suolo.

“In precedenza, il Piano colturale e il progetto dell’impianto agrivoltaico viaggiavano in parallelo, senza interferire l’uno con l’altro salvo che per la continuità delle attività agricole. Adesso, in base alle scelte che fa l’agronomo, dovranno essere progettate strutture idonee. Tali strutture devono permettere, a livello di altezza, che le colture si sviluppino senza interferenza – vedi franco minimo di 20cm imposto – e che la superficie che possono occupare sotto i pannelli possa essere coltivata in base al grado di tolleranza dell’ombra della coltura stessa”.

In poche parole, inizialmente è il professionista agrario che progetta e fissa il “layer basso” del sistema agrivoltaico mentre, successivamente, il progettista elettrico imposta il “layer superiore” dell’impianto di produzione di energia elettrica.

“Questi strati si possono, più o meno, sovrapporre, entro i limiti che l’agronomo o il dottore forestale fissa, e non viceversa come è successo fino adesso: si adattava l’agricoltura rispetto alle soluzioni progettuali. Ricordo che il layer basso ovvero lo strato agricolo del sistema è anch’esso variabile nel tempo a seconda del piano di rotazione delle colture. Tale variabilità deve essere considerata nella progettazione e nell’adattamento delle strutture contenenti i moduli che in ogni caso devono lasciare il giusto spazio alle colture. Questo mette l’agricoltura e i professionisti del mondo agricolo al centro dello sviluppo di tali sistemi, garantendo qualità e sostenibilità dei progetti sviluppati in questa ottica.”

Secondo Dallto, le autorità locali, che spesso non dispongono di personale qualificato dal punto di vista agricolo, devono assumere rapidamente persone qualificate in grado di valutare e approvare questa documentazione.

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