Crisi del Mar Rosso, come impatta sul fotovoltaico?

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Nel Mar Rosso si concentra il 12% del commercio globale e il 40% del commercio dell’Asia con l’Europa, nonché il 30% del traffico globale di container. Gli attacchi Houthi alle navi nello stretto di Bab el-Mandeb stanno determinando una maggiore risposta militare statunitense e britannica nel punto di strozzamento critico per il commercio marittimo e questa instabilità rappresenta rischi significativi per le compagnie di navigazione, i flussi commerciali internazionali e le catene di approvvigionamento globali.

Questo è lo scenario descritto da Boston Consulting Group (BCG), storica società americana di consulenza strategica nata nel 1963 e presente nel nostro Paese da oltre trent’anni. Per capire come evolverà la situazione nei prossimi mesi, BCG ha fatto uno studio formulando 4 scenari in base all’andamento del conflitto in Palestina, che ha racchiuso in un white paper.

pv magazine Italia ha chiesto ad Andrea Siri, Principal di BCG quali sono le conseguenze nel mondo del fotovoltaico. “Anche se l’Italia sta facendo sforzi per produrre “in casa” i pannelli solari, il comparto presenta una supply chain altamente dipendente dal mercato asiatico, in particolare dalla Cina per quanto riguarda la fornitura di pannelli a costi competitivi. Questa dipendenza rende il settore più vulnerabile rispetto alle interruzioni nelle rotte commerciali globali”.

“Se prolungata, la crisi del Mar Rosso può comportare diversi rischi per l’approvvigionamento del fotovoltaico, tra cui l’aumento dei costi di trasporto, che può portare ad una riduzione della redditività degli investimenti nel fotovoltaico e, di conseguenza, incrementare i prezzi dell’energia elettrica per i consumatori; nonché ritardi nell’approvvigionamento, con conseguenze che possono arrivare all’esaurimento delle scorte disponibili in magazzino. Al contrario, se la crisi si rivela di breve periodo, il settore potrebbe non subire un impatto significativo, poiché attualmente osserviamo un eccesso di disponibilità dei pannelli solari dalla Cina, con una domanda europea sostenuta principalmente da obiettivi di decarbonizzazione”, ha aggiunto Siri.

Lo studio di BCG ha fatto emergere che la situazione ha portato ad una diminuzione dell’1,3% del commercio globale, influenzando gravemente i flussi commerciali internazionali e le catene di approvvigionamento e che tra gennaio e febbraio il 90% delle navi portacontainer della rotta Asia-Europa, principalmente di grandi dimensioni, sono state dirottate verso il Capo di Buona Speranza. Si tratta di un cambio che ha creato un aumento di circa il 30% di container su questa rotta commerciale. Un’altra conseguenza riguarda i tempi di transito, che oggi prevedono circa 10 giorni in più per le rotte Asia-Nord Europa e 15-20 giorni per le rotte che entrano nel Mediterraneo.

Gli effetti di questi impatti manifestano innanzitutto in esosi tassi di nolo, che a gennaio hanno raggiunto un picco di tre volte i livelli pre-crisi, adesso in discesa, ma non ancora arrivati ai livelli pre-bellici.

BCG ha delineato 4 scenari futuri:

  1. Risoluzione Rapida: scenario ottimista, che suggerisce una rapida conclusione delle ostilità e un impatto a lungo termine minimo sulle rotte di spedizione e sul commercio globale. Presuppone interventi diplomatici efficaci e la cessazione immediata degli attacchi, portando al ripristino del passaggio sicuro attraverso lo stretto di Bab el-Mandeb.
  1. Escalation Gestita: prevede un aumento controllato delle tensioni regionali ma con risposte internazionali e regionali efficaci che prevengono una crisi totale. Le compagnie di spedizione si adattano deviando le rotte e aumentando le misure di sicurezza, portando a costi di spedizione più elevati e tempi di consegna più lunghi ma evitando un arresto completo del commercio.
  1. Conflitto Prolungato: scenario in cui le ostilità persistenti portano a interruzioni a lungo termine nello stretto di Bab el-Mandeb, costringendo un cambiamento permanente nelle rotte di spedizione. Questo influisce significativamente sui tempi e sui costi di spedizione, ridisegnando i modelli di commercio globale, con impatti particolarmente negativi sui flussi commerciali Europa-Asia.
  1. Guerra Regionale: lo scenario più grave, prevede un conflitto regionale su larga scala, che influisce drasticamente non solo sul Mar Rosso ma anche sulla stabilità e sicurezza internazionale più in generale. Le implicazioni per il trasporto marittimo globale sono profonde, con un’estesa deviazione delle rotte attorno all’Africa, costi di spedizione alle stelle e gravi tensioni sulle catene di approvvigionamento globali.

Risposte strategiche per ogni scenario

Se la crisi continua oltre il primo trimestre di quest’anno, le compagnie di navigazione si troveranno di fronte a decisioni immediate. Devono bilanciare tariffe di trasporto più elevate con maggiori costi dovuti a rotte più lunghe, oltre alla possibilità che i clienti non vogliano sostenere gli stessi volumi di domanda.

Negli scenari 2 e 4, con previsioni di crisi che continua oltre marzo, il modello stima che le compagnie di navigazione saranno in grado di compensare solo metà dell’impatto del dirottamento sul Capo di Buona Speranza, dispiegando dal 25 al 30% in più di capacità (misurata in miglia TEU/settimana) e con tassi di nolo che potrebbero potenzialmente triplicare o addirittura quintuplicano rispetto ai livelli pre-crisi. Potrebbero riuscirci aggiungendo navi, mediante cascading o noleggio o aumentando la velocità delle proprie navi.

I proprietari dei carichi potrebbero accettare tempi di consegna più lunghi, tuttavia, più realisticamente sarebbero portati a ridurre la propria domanda o a trovare trasporti alternativi. In effetti, una crisi prolungata aumenterebbe le tariffe e danneggerebbe la redditività dei clienti, specialmente quelli con merci di alto valore e basso volume. Le compagnie dovranno quindi sviluppare un’offerta di prodotti più ampia per fornire opzioni alternative ai propri clienti. Esempi potrebbero essere rotte verso l’Europa tramite il Corridoio Economico India-Medio Oriente-Europa (IMEC) o Umm Qasr in Iraq.

Se la crisi dovesse protrarsi fino al 2025 (scenario 3), i proprietari dei carichi dovranno invece riorganizzare i flussi di produzione e modificare le proprie reti di produzione, così come la supply chain. Potrebbero aumentare anche i prezzi dove possibile per preservare i margini, anche se potrebbe comportare minori volumi.

Nello scenario 4, in cui l’intera regione diventa pericolosa per il trasporto marittimo, le opzioni IMEC e Umm Qasr sarebbero escluse e le compagnie dovrebbero diventare creative. Molti proprietari di carico potrebbero rassegnarsi alla rotta del Capo di Buona Speranza, ma altri cercheranno rotte più veloci ed economiche che potrebbero svilupparsi attraverso investimenti.

La crisi ha indotto una rivalutazione strategica all’interno dell’industria, sottolineando la necessità di una maggiore preparazione, flessibilità e diversificazione delle rotte e delle operazioni. Dall’analisi emerge quindi la necessità per le aziende di adattarsi a una “nuova normalità” di instabilità geopolitica, includendo l’aumento della flessibilità operativa, il potenziamento delle misure di sicurezza e l’impegno in sforzi diplomatici per salvaguardare le rotte commerciali marittime.

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